Grande Inter
periodo storico della società calcistica italiana del Football Club Internazionale Milano
Citazioni sulla Grande Inter.
Citazioni
modifica- C'erano dei fuoriclasse assoluti come Suarez, Corso, Mazzola. C'era un presidente che ci voleva bene. C'era Italo Allodi, eccezionale dirigente. Ma per me l'uomo decisivo è stato Helenio Herrera, un innovatore, colui che ha dato spessore al ruolo di allenatore, anche perché prima nelle squadre comandavano i giocatori più esperti. (Tarcisio Burgnich)
- È nel periodo 1962-1967 che l'Inter di Moratti e di Herrera diventa un fenomeno nazionalpopolare, osando sfidare il prestigio della Juventus, da sempre considerata la «fidanzata d'Italia». Merito dei risultati, certo. Ma non solo dei risultati. C'è un filo che lega i trionfi nerazzurri alle vicende del Belpaese. I successi di Mazzola e di Facchetti, di Suarez e di Corso, si sovrappongono ai progressi di un popolo che sta accarezzando l'idea del benessere diffuso, delle vacanze al mare, del frigorifero per tutti, della motorizzazione di massa. Gli anni Sessanta [...] sono il periodo di una speranza collettiva che rasenta l'entusiasmo. Certo non mancano le tremende contraddizioni, che presto avvieranno dolorosamente la lunga notte della Repubblica: ma quando Herrera comincia a trovare sul campo la conferma felice dei suoi proclami, gli italiani sono voluttuosamente prigionieri del Boom. (Leo Turrini)
- È stato un ciclo irripetibile, sapevamo di essere i primi del mondo. (Luis Suárez)
- Era una squadra costruita apposta per sviluppare un certo tipo di gioco. Eravamo così ben assortiti, con Facchetti e Corso che si trovavano a meraviglia. Per noi che giocavamo insieme era bello stare insieme in campo, ci aiutavamo a vicenda per arrivare ad ottenere un risultato. (Giuliano Sarti)
- Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l'allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. (Ferruccio Mazzola)
- L'Inter di Helenio Herrera era per me una squadra di marziani. (Antonio Juliano)
- L'Inter era una squadra leggendaria. C'erano giocatori come Facchetti e Mazzola, e in panchina c'era un totem come Herrera, con cui avevo parlato più volte e che mi convinse a lasciare il Bayern Monaco. [La differenza tra noi e loro] Era gigantesca. Noi giocavamo al "Grünwalder Straße Stadion", che aveva una capienza di circa 12.000 spettatori, loro invece a San Siro. L'atmosfera di quello stadio mi affascinava. Volevo giocarci ad ogni costo. (Franz Beckenbauer)
- In campo ci aiutavamo senza gelosie. Fuori non so. Penso che Suarez e Corso non si amassero molto, perché Mariolino poteva sbagliare venti passaggi di fila e restava l'idolo dei tifosi, ma se Luisito ne sbagliava uno lo fischiavano. Pensi che quando Jair è arrivato, giovanissimo, pativa la nostalgia, non gli piaceva il clima, il cibo, la città. Allora Facchetti se l'è preso in casa non so quanto tempo, Jair s'è ambientato ed è diventato una colonna nel gioco dell'Inter. Oggi quanti farebbero come Giacinto? (Aristide Guarneri)
- Noi, allora, siamo stati ai vertici per 5-6 anni perché c'era il gruppo compatto. Si vince solamente se tutta la squadra lavora per un obiettivo. (Tarcisio Burgnich)
- Non dimenticherò mai la luce negli occhi del nostro presidente [Angelo Moratti] dopo il nostro trionfo di Vienna. Fossi stato un pittore e avessi dovuto dipingere la 'felicità', l'avrei riprodotta con quegli occhi. (Luis Suárez)
- L'Inter di quel periodo era un gruppo compatto, valido e coeso, con tanti campioni a disposizione. Il presidente, Angelo Moratti, fu molto bravo ad amalgamare la nostra compagine. Abbiamo vinto tutto e non poteva che andare così, eravamo fortissimi. (Mario Corso)
- [«Pensa che dal dibattimento [sul doping all'Inter negli anni 1960] uscirà un'immagine diversa dell'Inter vincente di quegli anni?»] Non lo so, non mi interessa. Se avessi voluto davvero fare del male all'Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere... (Ferruccio Mazzola)
- Quando Keith Botsford, il mio collega americano, ed io stavamo investigando quello che abbiamo chiamato The Years of the Golden Fix, è emerso che le vittorie europee dell'Inter degli anni 1960 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti: Deszo Szolti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi, il serpentino. (Brian Glanville)
- [Dopo la sconfitta per 1-0 dell'Inter a Mantova nell'ultima giornata del campionato 1966-1967] Siamo stati grandi quando si vinceva, cerchiamo di essere grandi anche ora che abbiamo perduto. Forse siamo rimasti troppo tempo sulla cresta dell'onda. E tutti a spingere per buttarci giù. Ora saranno tutti soddisfatti. (Angelo Moratti)
- Credo che abbia fatto delle cose che non stanno né in cielo né in terra.
- La mia Inter aveva qualcosa che nessun'altra squadra aveva: noi eravamo sia solidi che tecnici, una combinazione che ha reso quell'Inter una delle migliori squadre di sempre.
- [Alla domanda «La grande Inter non è mai stata una squadra di amici: è vero?»] No. Il problema erano i ritiri; siccome eravamo sempre insieme, quando Herrera, che era un cerbero, ci lasciava liberi, ognuno tornava a casa. Ma in campo eravamo uniti, un gruppo di ferro. Una volta contro il Borussia Dortmund, per difendere Jair, cercai di picchiare due tedeschi che erano il doppio di me.
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