Antonio Juliano

dirigente sportivo e calciatore italiano (1942-2023)

Antonio Juliano (1942 – 2023), calciatore e dirigente sportivo italiano.

Antonio Juliano (1970)

Citazioni di Antonio Juliano

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [...] forse non ero neppure un cattivo giocatore: oggi si parlerebbe di playmaker. Avevo un discreto talento nel dettare i ritmi della squadra: ero un buon costruttore di gioco, tutti i compagni mi davano la palla e tutti sapevano che avrebbero ricevuto qualcosa di "migliore". Un po' come si fa, nella vita, con gli amici di cui ci si fida e a cui ci si confida, sapendo di poter contare sul loro appoggio e sul loro consiglio.[1]
  • Nella stagione '77-'78, all'ultima giornata affrontammo i rossoneri al San Paolo. Con un pareggio, ci saremmo qualificati entrambi per la Coppa Uefa. Per questo incontrai Rivera e Albertosi, prima del match. Decidemmo per il pareggio e, dopo aver spiegato tutto ai miei compagni, facemmo finire la partita 1-1. A un certo punto perdevamo [rete di Bigon al 74', ndr] e gli altri mi dicevano: "Ma come? Ci hai detto che avremmo pareggiato...". Allora io andai da Albertosi e gli ricordai che avevamo fatto un patto e che non capivo perché non lo stessero rispettando. E lui replicò: "Capitano, ma che devo fare se io mi sposto a destra e i tuoi mi tirano la palla addosso?" Questo mi disse... [«Poi arriva la svolta»] Angolo al 90', Vinazzani che è uno che di gol di testa in carriera non ne ha mai fatti, va in mischia e firma il pareggio. E tutti eravamo felici: più di tutti i tifosi.[2]

Dall'intervista di Pino Taormina, Il Mattino, dicembre 2012; ripubblicato in ilmattino.it, 13 dicembre 2023.

  • [«Dal 1966 della squadra azzurra era diventato il capitano. Quanto ha pesato quella fascia?»] Moltissimo. Io sono napoletano ed era un orgoglio per me giocare con la squadra della mia città e del mio cuore. Ronzon andò via e Pesaola scelse me. Avevo 23 anni. Ai miei tempi contava molto più questo che gli ingaggi.
  • [Su Eraldo Monzeglio] Lui non mi sopportava. O meglio non sopportava quelli giovani, diceva che dovevano aspettare di diventare grandi: prima del mio esordio contro l'Inter mi diede due biglietti gratuiti per lo stadio da regalare ai miei familiari. Pensai di essermeli conquistati a vita: macché, sette giorni dopo si rifiutò di darmeli. Mi disse che non ne avevo diritto perché ero un ragazzino. Ecco questo era Monzeglio.
  • L'Inter di Helenio Herrera era per me una squadra di marziani.
  • [...] i ragazzini come me erano costretti sempre a giocare da ala, perché si ironizzava sul fatto che fosse il posto più vicino agli spogliatoi.
  • [«Il leader del calcio meridionale faticava a giocare con l'Italia?»] Io ero, come al solito, penalizzato dal giocare nel Napoli: allora il club di appartenenza contava eccome. Prendete Zoff, che era il mio compagno di stanza: Dino aveva esordito in Nazionale come portiere del Napoli: ma, in quanto portiere del Napoli, aveva poi perduto la maglia e il titolare era Albertosi; salvo ritrovarla definitivamente come portiere della Juventus.
  • [«[...] ci svela il segreto del suo compleanno?»] Sono nato il 26 dicembre del '42. Ai tempi della guerra si preferiva dichiarare in ritardo: essendo classe '43, mia mamma pensava che sarei partito più tardi per il militare, quando magari c'era la pace.

Dall'intervista di Massimiliano Castellani, Avvenire, 1º marzo 2013; ripubblicato in avvenire.it, 13 dicembre 2023.

  • Quando vincevamo, da capitano del Napoli avevo introdotto la regola che una parte dei premi partita andassero alle "basse forze", ai magazzinieri, ai massaggiatori, insomma a tutti quelli che a differenza di noi calciatori vivevano con stipendi da operai...
  • Quando giocavo io, la parola camorra non era contemplata. Le combine mai fatte, qualche accordo tacito per partite a fine campionato quello sì. [...] ho detto la verità. E io quella la dico sempre...
  • Il Napoli nella sua storia ha avuto il torto di stare sempre un passo indietro [...] e quindi ha pagato, come tutte le altre squadre, certi arbitraggi che ci sono stati, ci sono e ci saranno ancora, perché è nel dna italiano cadere in tentazione quando si presenta la possibilità.
  • Vorrei che i giocatori del Napoli scendessero in campo con lo spirito che avevamo noi negli anni '70, quando potevamo anche retrocedere in B, ma la gente c'avrebbe perdonato tutto se solo avessimo battuto la Juve.

Citazioni non datate

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  • Ho girato il mondo, sono stato in tutta Europa e nelle Americhe. Ho sentito parlare male di Napoli e dei napoletani. Ci sfottevano, tiravano in ballo l'immondizia, il colera. Io soffrivo e m'incazzavo, piangevo per la rabbia. Ma poi reagivo. Ho sempre reagito, senza la retorica e il vittimismo. Non so se sono napoletano verace. Sono solo Antonio.[3]

Da un articolo di Mimmo Carratelli, ilnapolista.it, 2013; ripubblicato il 13 dicembre 2023.

  • Giocare a pallone riempiva il cuore e dava la speranza di sottrarsi a un futuro mediocre. [...] Eravamo tre figli, io e due sorelle. Non ricordo che ci mancasse qualcosa. Il perché l'ho capito dopo. Non ricordo di avere visto mai mio padre e mia madre andare al cinema. La casa, i figli, il lavoro, questa era la loro vita. A me pagavano pure la scuola privata.
  • Mio padre ha vissuto 82 anni. È stato un uomo saggio e un educatore esemplare. Devo tutto a lui. Vorrei vivere quanto ha vissuto lui, non un giorno di più, perché io non sono stato migliore di mio padre.
  • Io gioco per il venti per cento di quelli che vengono allo stadio, quelli che vanno al di là delle apparenze.
  • [Sulla finale della Coppa Italia 1975-1976] All'Olimpico di Roma battemmo [...] il Verona allenato da Valcareggi. Vincemmo nell'ultimo quarto d'ora dopo avere dominato. Sugli spalti fu un trionfo di bandiere azzurre. Ricordo l'Autostrada del Sole al ritorno. Noi sul pullman della società e centinaia di auto di tifosi che ci scortavano. L'ingresso in via Marina, dove c'era una gran folla di tifosi che ci aspettava, fu un autentico trionfo.
  • Ma tu lo sai perché mi hanno sempre chiamato Totonno? Totonno sta per Salvatore, non per Antonio.

Citazioni su Antonio Juliano

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  • Oh capitano, mio capitano! Mio esempio, mio orgoglio, mio vanto. E pensare che prima di conoscerti, quando giocavo contro di te, mi stavi proprio sul cazzo! Ti ritenevo arrogante, presuntuoso, superbo. E soltanto io so come e quanto mi sbagliavo. Ora, alla tua grande professionalità così diversa dalla mia potrei anche sputare sopra, ma per la tua grande disponibilità verso i più deboli ti nomino mio capitano per sempre. Me li ricordo bene quei due vecchietti che avevano il compito di magazzinieri e quell'altro che alle nove di ogni mattina ci accoglieva sorridente allo stadio con il caffè bollente e aromatico preparato con la sua Moka. La "bassa forza" li chiamavi tu, "gli ultimi" li chiamo io. E non erano numeri e nemmeno parti d'arredo degli spogliatoi del San Paolo, erano persone che tu con orgoglio hai sempre voluto rendere visibili a tutti noi. (Ezio Vendrame)

  Citazioni in ordine temporale.

  • Un ragazzo che, prima di diventare uno dei grandi centrocampisti dell'epoca che annoverò Rivera, Bulgarelli, De Sisti, fu un micidiale calciatore di strada che infrangeva a ripetizione l'edicola votiva della Madonna dell'Arco in via Ottaviano a San Giovanni a Teduccio, dove viveva, centrata dal pallone che scagliava.
  • Totonno Juliano è cresciuto nel rispetto delle regole e degli affetti che sono stati il patrimonio umano e civile delle famiglie napoletane del ceto umile nel dopoguerra. Legami solidi e concreti che, in quegli anni difficili, hanno prodotto una generazione di napoletani esemplari. Alla base del successo di calciatore di Juliano c'è questo retroterra che ne illumina, e ne ha esaltato, il carattere e la fortuna. Anche nel mondo fatuo e stralunato del calcio, Juliano è rimasto fedele alle sue origini solide diventando prima di tutto un campione di serietà e dedizione.
  • In campo giocava un calcio concreto, senza egoismi e teatralità, senza le mattane dei funamboli perché aveva altre grandi virtù, una soprattutto, aveva l'innata dote del condottiero: solida presenza in campo, esempio di passione e impegno. [...] Perché sentiva il dovere, lui napoletano fra assi stranieri e giocatori di varie provenienze, di rappresentare Napoli nel modo migliore [...]: serio e irriducibile difensore della maglia azzurra, "capitano" nel vero senso della parola, e perciò anche paladino, nello spogliatoio, dei diritti e delle attese dei compagni di gioco, ma anche di [...] magazzinieri, calzolai, inservienti, tutto il mondo dello spogliatoio [...]. Insomma, un leader. Un fratello maggiore di tutti, ma un fratello che pretendeva impegno e rispetto come e quanto ne dava lui.
  • Un campione che non ha mai amato le lusinghe, non è mai ricorso a furbizie, non si è mai piegato ai compromessi. E perciò anche un personaggio difficile nell'allegro mondo del calcio tanto da essere scambiato [...] per una persona superba. Forse, c'era in lui anche una innata timidezza, sostanzialmente avaro di sorrisi e di interviste, detestando le "comunelle" e i vantaggi di una disponibilità servile.
  • Era un uomo di poche parole, ma le diceva sempre giuste.
  • Un capitano vero. E in questa parola c'è tutto ciò che di meglio si può dire su Antonio.
  • Uno che mi piaceva moltissimo era Antonio Juliano, Totonno. Un tipo tosto, persona autentica, con un temperamento da condottiero. Giocava un calcio concreto, senza concedere spazio alla teatralità. Un "napoletano atipico", lo hanno definito, perché era il contrario dello stereotipo partenopeo.
  1. Da un'intervista a Il Roma; citato in Antonio Juliano: «Vai Italia, puoi farcela!», iamnaples.it, 27 giugno 2012.
  2. Da un intervento al convegno "Il calcio tra le regole"; citato in Juliano confessa un vecchio «biscotto»: «Combinai Napoli-Milan del 1978», corrieredelmezzogiorno.corriere.it, 21 novembre 2012.
  3. Citato in Davide Zingone, Totonno Juliano. Nunn' 'e penzà!, sportmemory.it, 5 gennaio 2024.

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