Giovanni Paisiello
compositore napoletano
Giovanni Paisiello o Paesiello (1740 – 1816), compositore italiano.
- [Dopo aver assistito all'esibizione di una «fanciulla prodigio»] Si vede che ha ricevuto un'educazione religiosa superiore a quella musicale, visto che suona in modo assolutamente ossequiente al Vangelo: la sua mano sinistra ignora del tutto ciò che fa la sua mano destra.[1]

Giovanni Paisiello, riratto da Élisabeth Vigée-Le Brun, 1791
Citazioni su Giovanni PaisielloModifica
- E se a Cimarosa non fu dato essere il riformatore della musica italiana, egli, prepotente ingegno, con Piccinni, Guglielmi e Paisiello costituì quel glorioso gruppo di sommi artisti che tanto decoro fruttò all'Italia e precorse l'epoca prossima di Rossini. (Francesco Florimo)
- Facciamo tutti sinceri voti per la sua felicità, e vivamente desideriamo che il cielo la conservi lungamente alla Italia. (Carlo Botta)
- La S. V. era in cielo quando compose quella divina musica [Nina], e noi pure siamo stati in cielo nel sentirla, di maniera che, terminata l'azione, tutti rimanemmo muti e tristi, privati di quei bellissimi accenti e di quella cara armonia d'oro. (Carlo Botta)
- Quando Mozart, discorrendo della musica di Paisiello, ne rilevò il carattere di piacevolezza, e di piacevolezza sensuale, non erano ancora state scritte la Molinara e la Nina. Se le parole di Mozart avessero preteso di contenere un giudizio sintetico, parrebbero imprecise anche limitandole alla produzione del '84, poiché più d'un accento patetico aveva già mostrato la sensibilità drammatica non-tragica di Paisiello. Poi bisogna intendersi bene sul significato di «piacevolezza» e di «sensuale». Dopo l'84 gli accenti patetici diventano sempre più intensi, ed il loro calore tende ad una espressione sempre più lirica. Troppi[2] elementi, in ogni modo, mancavano al Paisiello perché la sua visione artistica avesse potuto concretarsi con piena intensità drammatica; superata la piacevolezza edonistica del Socrate immaginario, fallite le opere tragiche, nel mezzo si addimostrò la sua virtù; ed il comico, il non-tragico, di qua dal tragico, ebbe in lui un fervido e commosso cantore. (Andrea Della Corte)
NoteModifica
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