Gian Paolo Montali

allenatore di pallavolo e dirigente sportivo italiano

Gian Paolo Montali (1960 – vivente), allenatore di pallavolo e dirigente sportivo italiano.

Citazioni di Gian Paolo Montali

modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • [...] il tecnico finisce per diventare il tramite tra personalità e subconscio dei giocatori.[1]
  • Per essere un Buon Manager nel mondo dell'auto non bisogna saper fare un motore, come per essere un buon fantino non bisogna essere stato un cavallo. Mi sono avvicinato al calcio con molta umiltà, ma solo perchè a chiedermelo è stata la Juve. Mi erano già capitate altre offerte dal calcio, ma non erano il Top. Invece alla Juve ho detto si, primo per imparare e secondo perchè sono sempre e solo stato abituato a fare una cosa: vincere, la stessa che, da sempre, ha fatto la Juve.[2]
  • [Nel 2009, «metterete la terza stella sulla maglia?»] Bella domanda. Non credo ce la lasceranno mettere. Ma quella non ce la può togliere nessuno perchè sarà attaccata al cuore che sta sotto la maglia...[2]
  • [...] la Juve si identificherà sempre in un Agnelli [...][3]
  • Trovo [...] spiacevole che una volta presa la decisione non la si difenda anche dopo e che per difendere se stessi si giochi a scaricare sugli altri. A me piace fare il dirigente per assumere su di me responsabilità anche per scelte non mie. Trovo poco elegante fare il contrario.[3]
  • Il golf è uno sport, ha valori importanti, regole – si gioca senza arbitro – e non costa più di altri. Richiede tecnica, destrezza, capacità di concentrazione e rigore.[4]
  • [«Lo sport le ha insegnato qualcosa d'importante [...]?»] Il volley mi ha insegnato che non esiste la parola "tua"; lavorando nel calcio ho scoperto che i campioni, anche quelli strapagati, hanno lo stesso entusiasmo, lo stesso amore per il gioco di tutti gli altri sportivi; il golf mi ha insegnato che non puoi mai rilassarti, che l’errore è sempre in agguato. E visto che giocando si sbaglia spesso, mi ha insegnato a rispondere all'errore.[4]

eurosport.it, 5 febbraio 2003.

  • Io sono l'icona dell'ambizione.
  • Lavoro esclusivamente per un obiettivo: vincere.
  • Allenare è istruire, preparare, addestrare.
  • Il mio sogno era rimanere per una vita nella stessa società. [...] Ma ho bisogno di nuovi stimoli, continuamente. Lavorare in un gruppo è frustrante, non semplice. Bisogna mettere da parte il talento individuale per il bene della squadra. I giocatori si ritrovano un capo che non hanno scelto loro, ognuno ha esigenze diverse, la forza sta nel dare loro ruoli precisi. I giocatori sono gratificati dall'essere capiti come persone.
  • [«[...] la squadra giovanile di Falconara si presenta alla finale di campionato senza aver perso un solo set. Sembra imbattibile, inaffrontabile. È sponsorizzata da un'azienda del settore alimentare»] La settimana della finale mi fanno un assist incredibile. Per celebrare la vittoria in semifinale, il loro sponsor acquista degli spazi sui giornali, mette la foto della squadra e titola: li abbiamo preparati, cucinati e mangiati. Mi sembra una mancanza di rispetto verso gli avversari e voglio trasmettere questo messaggio ai miei giocatori. E loro lo raccolgono. Andiamo in campo e vinciamo. In tre set, 15-5, 15-4, 15-0.
  • Sono duro, coerente, il mio compito è trovare il modo di far diventare utile il punto debole di un giocatore per la squadra: qualcuno farà bene quello che l'altro non sa fare.
  • Il coach lavora per migliorare il giocatore e per fargli avere efficacia sul mercato. Il giocatore deve sapere che, se anche non vede il suo futuro in quella stessa squadra, il suo valore personale e quello del collettivo viaggiano sullo stesso piano.
  • Ciò che rende la vittoria nobile è poterla condividere con gli altri. Più della vittoria, sono importanti il viaggio e i viaggiatori.
  • Conta solo quello che facciamo sul campo. Ho visto squadre vincere giocando contro la società, contro l'allenatore, il presidente. E ho visto squadre vincere giocando contro la stampa, come l'Italia di Bearzot nell'82. Ma non ho mai visto vincere quando i giocatori sono contro fra loro, in campo.

Intervista di Luca Curino, La Gazzetta dello Sport, 27 novembre 2008.

  • L'unica possibilità di successo per un gruppo di persone dal carattere e dalle qualità diverse è fare gioco di squadra. E il segreto, per chi lo guida, più che nella conoscenza tecnica sta nella capacità di comunicare motivazioni.
  • [Su Giorgio Chiellini] [...] è la personificazione del coraggio, con cui trascina gli altri, da vero leader.
  • [Su Alessandro Del Piero] I veri campioni uniscono [...] il talento e lo spirito di sacrificio, l'altruismo. È per questo che piace alla gente, non solo perché fa tanti gol.

Dall'intervsta di Gian Luca Pasini a iVolley Magazine nº 68, 10 luglio 2013; citato in dal15al25.gazzetta.it, 25 luglio 2013.

  • Nella vita, almeno dal mio punto di vista, si va avanti per grandi passioni. A un certo punto il fuoco del volley si era un po' sopito. E se ne era acceso un altro: entravo nel calcio in maniera molto timorosa, perché è un ambiente difficile, in cui non è facile essere accettati. E dove ho trovato un'ansia pazzesca di restare tagliati fuori, chi non lavora per qualche settimana, ha l'impressione di essere finito. Che non avrà un'altra possibilità...
  • Almeno nei primi anni di volley il rapporto con i giovani è stato determinante. E forse da lì, da quei primi scudetti giovanili, si è accesa la scintilla per lasciare definitivamente gli studi e per fare l'allenatore.
  • [«Ma la pallavolo di oggi piace a Montali?»] Onestamente? Non voglio dare giudizi, ma mi sembra che si sia parecchio inaridita, rispetto a qualche anno fa. Mancano le idee, mi pare che si giochi sempre in difesa di quello che si era. E i pochi soldi mi sembrano solo un alibi: dipende dalle persone, dagli uomini. Quelli fanno la differenza. Fra le poche cose davvero stimolanti degli ultimi anni ci sono alcuni giovani [...]. Ma se alcuni di questi fino a poche settimane fa giocavano in A-2, qualcosa non va nel sistema...

Dall'intervento al Festival dello Sport di Trento, 8 ottobre 2021; citato in gazzetta.it.

  • I miei amici mi chiamano Gastone, perché sono fortunato. E di solito mi chiamano a lavorare nelle situazione che non stanno andando bene, per cambiare le cose.
  • Ero uno studente di medicina. Avevo appena smesso di giocare a pallavolo in serie B, dove onestamente facevo più la riserva che il titolare. Un infortunio al ginocchio mi aveva convinto che non era più il caso di insistere. Poi mi chiamò il presidente e mi offrì questa possibilità [fare l'allenatore]. Sono onesto, non ci pensavo per niente. Quello che mi convinse fu l'offerta di uno stipendio...
  • [«[...] un argento all’Olimpiade 2004»] Occasione persa? Sì, per me sì, perché sono uomo di sport e se non si vince vuol dire che è comunque mancato qualcosa. Però vi racconto questo: a casa mia, in campagna, c'è una parete con due vecchi chiodi di ferro. Ci sono appese le oltre trenta medaglie d'oro che ho vinto in carriera. Più una sola d'argento... Quella di Atene. E per un motivo o per l'altro è sempre in mostra sopra le altre. È difficile da capire, ma chi ha vinto un argento olimpico fa parte di una specie di club speciale...
  • [Sullo Juventus Stadium] A Torino stavamo decidendo se costruire o no il nuovo stadio. Ho convinto tutti dicendo che secondo me un nuovo impianto, oltre alle ricadute economiche, avrebbe garantito anche dieci/dodici punti a campionato. E infatti è successo.

Citazioni non datate

modifica

viaggi24.publimediagroup.it.

  • L'errore più comune è confondere il lusso con la ricchezza. Sono convinto che il vero lusso sia nella possibilità di scegliere. Nel corso della mia vita, personale e professionale, ho avuto la fortuna di muovermi in contesti eccezionali, spesso anche di confrontarmi con uomini abituati ad esperienze straordinarie. Ma il vero lusso non ha nulla a che vedere con lo sfarzo. Il lusso è uno stato d'animo, qualcosa di molto intimo che ci mette in connessione con il mondo che ci circonda e ci consente di vivere esperienze uniche.
  • [Sul golf] È uno sport che ci spinge a scegliere chi vogliamo essere. Nobile, ma non da ricchi.
  • [...] i miei allenamenti erano sempre più impegnativi e duri del match che ci saremmo trovati a disputare. Paradossalmente, in questo modo, per i miei giocatori la gara era quasi il momento meno impegnativo.
  • [«Un insegnamento per chi vuole essere un vincente?»] Mai lasciare nulla al caso, mai cercare scorciatoie. Non un concetto facile da far passare nell'era dei social e in una società che vuole tutto e subito. [...] È importante comprendere che dietro ogni vittoria c'è un enorme sacrificio. Il successo, il lusso e la soddisfazione personale sono possibili solo se si è performanti nel proprio lavoro.
  • [...] le scarpe sono un dettaglio al quale guardare con attenzione, dicono di un uomo più di quanto si possa leggere nel suo curriculum. [«Ci spieghi meglio»] Spesso vedo uomini, apparentemente distinti, che indossano scarpe improponibili. Da una scarpa puoi capire molto della personalità del tuo interlocutore: se è attento ai dettagli, se è una persona attiva, se è uno che si mette in gioco. Per me le caratteristiche di una scarpa sono tre: lo stile, naturalmente, ma anche una pianta larga e una suola resistente. Sono uno che sta poco seduto, che ama calpestare il terreno di gioco della vita.
  1. Dall'intervista di Giorgio Barberis, A Parma ha vinto tutto, ora è disoccupato, La Stampa, 3 novembre 1990, p. 23.
  2. a b Dall'intervista Montali: "La terza stella? Non ce la lasceranno mettere", ju29ro.com, 12 marzo 2009.
  3. a b Da un'intervista a Tuttosport; citato in Montali accusa Blanc: Volle accentrare tutto su di sé per poi scaricare le colpe su altri, ju29ro.com, 13 novembre 2010.
  4. a b Dall'intervista di Domenico Calcagno, Gian Paolo Montali, «Ho un sogno: trasformare l’Italia in un Paese di giocatori di golf», corriere.it, 5 giugno 2016.
  5. Citato in Moreno Pisto, Agostini: «Sono stato grande», moto.it, 22 giugno 2018.

Altri progetti

modifica