Finale della UEFA Champions League 2002-2003
Citazioni sulla finale della UEFA Champions League 2002-2003.
- Certo, la crudeltà dell'epilogo (attenzione: la crudeltà, non l'ingiustizia) farà scorrere fiumi di rimpianti e di rimorsi. Tortura dei rigori a parte, e comunque anche nel batterli ci vuole occhio, gli sprazzi più gradevoli li aveva offerti proprio il Milan. Resta il risultato, resta, soprattutto, uno zero a zero sul quale già inglesi e spagnoli si stanno dando di gomito: ah, questi italiani, parlano parlano e poi vigliacchi se si ricordano di tirare in porta. (Roberto Beccantini)
- E il Milan ha raccolto il giusto di una serata particolare. Non è facile inventare calcio, o alimentare i sussulti dell'imprevedibile, per due squadre che si conoscono a memoria. Nessuna sorpresa può esserci in duelli antichi, in movimenti che fanno scattare contromisure automatiche. A testimonianza delle loro buone intenzioni, Juve e Milan hanno cercato subito di sfuggire a questa sorta di prigione tecnica e psicologica con un avvio furente, ben lontano da ogni atteggiamento di studio. Non c'era nulla da studiare in effetti. La lezione la conoscevano tutti alla perfezione. Occorreva creare un diversivo rapido, prima che l'avversario si assestasse. Nella parte iniziale dell'incontro, il Milan è stato nettamente migliore della Juve: più disposizione al gioco, miglior controllo degli spazi e soprattutto più qualità. [...] Nella ripresa il «di più» del Milan si è smorzato. Devastata da acciacchi e correttivi, la grande sfida è scesa sul piano della pura lotta. Fantasia zero. Occasioni da gol, pochissime e mai limpide. La Juve è cresciuta in capacità di controllo, ma all'attacco non s'è vista salvo la bella traversa di Conte. La serata avara non poteva che avere quell'approdo. E l'avarizia è continuata persino nella sfida dei rigori. Solo la metà ne sono andati a segno. Ricorderemo con orgoglio questa finale italiana, ma che non si parli per carità di sfida del secolo. Il Milan sollevi felice la sua coppa. La storia dà gloria ai vincitori, non entra mai nei particolari. (Candido Cannavò)
- Il re di coppe respinge la regina degli scudetti dopo una partita chiusa sullo 0-0 ma non brutta. Semmai tosta, dominata dalle difese. Oggettivamente il Milan fa di più per conquistarla, specie nel primo tempo. Un premio a chi ha giocato quest’anno il calcio più nuovo e creativo. (Giorgio Tosatti)
- La Juve ha avuto il solito carattere, ma meno gioco. Il Milan lo stesso carattere, ma più gioco. La vittoria ai rigori è, a rigor di logica, ineccepibile. (Gianni Mura)
- La vittoria in Champions è anche un premio ad una certa strategia societaria. Il Milan ha scelto la strada della grandeur (o comunque della ricchezza sportiva) e la Juve quello della ricchezza economica. [...] Se la Juve vende Vieri, Henry, Zidane e Inzaghi e poi si ritrova a giocare la gara più importante degli ultimi sette anni con Zalayeta e Birindelli, le colpe non possono soltanto attribuirsi alla sfortuna che le ha impedito a Manchester di schierare lo squalificato Nedved. Lippi ha anche sbagliato formazione con un Montero a sinistra chiaramente a disagio e un Tudor centrale, ruolo che contro Inzaghi non è in grado di ricoprire. Ma c'è anche qualcosa sulla preparazione atletica che ha lasciato perplessi: mai la Juve negli ultimi due anni era stata messa sotto sul piano dinamico come lo è stata a Manchester nel primo tempo. Ma il Milan ha giocato alla grande, a pieno ritmo nei primi quarantacinque minuti e nel finale, in dieci, è stato trascinato da Paolo Maldini, forse il più grande calciatore italiano dell'ultimo ventennio. Seedorf alla sua terza Champions con tre squadre diverse, Sheva finalmente primo in una grande manifestazione e Ancelotti praticamente perfetto gli artefici di un successo invidiato da tutti. (Franco Rossi)
- Questa è la nostra arte nella sua accezione più completa ed emozionante, il football che viaggia sulle note musicali della tensione, il soccer dipinto lungo tutto il diametro del mondo come un murale di entusiasmo. Questo, ieri sera, è stato il calcio italiano. (Paolo Condò)
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