David Mamet

drammaturgo, sceneggiatore e regista statunitense
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David Alan Mamet (1947 – vivente), commediografo, sceneggiatore e regista statunitense.

David Mamet nel 2007

Bambi contro Godzilla

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  • Fare un film è un processo di una semplicità spaventosa. Ci vogliono una cinepresa, della pellicola e un'idea (optional). (p. 22)
  • L'industria del cinema, allo stesso modo, non è altro che imbonimento da fiera: trovate un'attrazione, presentatela nel modo più allettante possibile, fateci dei soldi e riprovateci. (p. 22)
  • Il Libro dei Proverbi ci dice che la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo. Così è anche per chi lavora nel mondo dello spettacolo, e per il regista in particolare. Come potrebbe infatti una simile occupazione, che richiede un generalista incallito, attrarre qualcuno che sia riuscito o abbia i numeri per riuscire in un campo specifico?
    Proprio come il generale Grant fallì in tutto, tranne che nel preservare l'Unione, il regista è probabilmente qualcuno che per nascita, formazione o predisposizione è dotato e/o spinto a fare ordine nel caos e viceversa. (p. 34)
  • Come si può imparare a raccontare una storia per immagini, assegnare a vari artigiani e reparti i loro compiti, gestire e dirigere diverse centinaia di artisti, tecnici e amministratori e indurli a soddisfare le esigenze di una tabella di marcia massacrante nonostante il brutto tempo, la natura umana, il caso e via dicendo?
    È un lavoro che attira chi gode delle sfide, del caos, dell'incertezza e dell'interazione umana; chi ama improvvisare; chi preferirebbe morire piuttosto che tornare tra i comuni mortali, e così via; insomma, un mezzo criminale. (p. 34)
  • L'America si è fatta da sola.
    Che una società che si è fatta da sola possa governarsi senza una supervisione religiosa o ereditaria, seguendo soltanto i dettami della ragione, è un'ottima cosa. La comunità dei cittadini, tuttavia, tende continuamente a ricreare per se stessa quell'autorità di governo irrazionale e repressiva (cioè efficace) conferita altrimenti alla tradizione, ai papi e ai re. (p. 45)
  • Film brutti e costosi, filmetti estivi e blockbuster sono diventati la risata registrata della nostra nazione in fase sperimentale. Come ci accade con il Dipartimento della Difesa, siamo rassicurati dalla loro presenza più che dal loro contenuto o funzionamento. In quanto esempi di spreco, si rivolgono al nostro bisogno non d'intrattenimento ma di sicurezza. (p. 47)
  • La destra capisce (consciamente o inconsciamente) che una popolazione opportunamente spaventata vuole sicurezza e che a fornirgliela (sia pure solo per l'immediato) non è la difesa ma le spese per la difesa.
    Questa dipendenza si conferma e si perpetua da sola con estrema facilità, perché se il paese non risulta in pericolo dopo la spesa, questa, dimostratasi efficace, deve logicamente continuare. Se invece il paese risulta ancora in pericolo dopo un aumento di spesa, la cura non può che essere spendere ancora di più. (p. 48)
  • È proprio necessario che ogni conglomerato umano diventi corrotto? Oltre un certo punto sembra proprio di sì: il punto oltre il quale ciascuna persona del gruppo non conosce più tutte le altre per nome. (p. 58)
  • Molti divi del cinema, registi e produttori si comportano, letteralmente, come bambini di due anni: esseri che s'immaginano di avere un grande potere e ignorano ogni responsabilità, infuriandosi per la minima inadempienza da parte dei loro simili come per una trottola rotta che non vuole saperne di girare. (p. 58)
  • I film sono potenzialmente grandi opere d'arte. Come qualsiasi attività intrapresa dall'uomo, come voi e me sono stati inevitabilmente esposti e, nella maggioranza dei casi, hanno ceduto al potere dell'autocorruzione, dell'ipocrita sicurezza di essere nel giusto, all'abuso di potere. [...] possiedono un potenziale di bellezza e, quindi, di trasformazione umana: non sotto forma di predica, ammaestramento o indottrinamento, tutte cose che sono fuori luogo al cinema e possono suscitare, nel migliore dei casi, una falsa sensazione di irreprensibilità. I film hanno il potere di parlare all'animo umano, di liberarci dal peso della repressione.
    Cos'è che reprimiamo? La consapevolezza della nostra mancanza di valore.
    (p. 60)
  • La verità purifica, ma fa male; tranne nel dramma, dove, commedia o tragedia che sia, la verità redime attraverso l'arte. (p. 60)
  • È lo stile americano nella sua espressione più alta, vale a dire la più efficace: chiunque, se s'impegna, lavora sodo ed è sordo alle lusinghe della coscienza, del buonsenso o del buongusto, potrebbe, per puro caso o per la sua dedizione, ascendere a quella vetta da cui avrà licenza di opprimere chi è arrivato dopo di lui. (pp. 63-64)
  • Il pubblico non soffre, non stupisce, non si meraviglia né gioisce più di quanto non abbia fatto l'autore. Ipotizzare che uno scrittore possa, grazie alla sua padronanza del mestiere, sfuggire o evitare lo sforzo creativo è un errore pari a confondere lo studio della teologia con la preghiera. (p. 73)
  • Le regole della drammaturgia sono poche, la loro applicazione è difficile, il loro prodotto insolito, originale e sorprendente, vale a dire: drammatico. (p. 74)
  • Raccontare una storia è come fare sesso. Viene naturale a tutti. Alcuni lo sanno fare meglio di altri.
    S'impara con l'esperienza ma, fondamentalmente, è un istinto umano universale. (p. 103)
  • La partecipazione al dramma, come alla caccia, al sesso, alla guerra e, curiosamente, a un film, ci fa regredire all'essenza irriducibile della nostra umanità. (p. 115)
  • Nel corso degli anni, vari giornalisti e altre persone rispettabili mi hanno chiesto: «Dove prende le sue idee?», al che di solito rispondo: «Le penso». Mi permetto di scherzarci su perché la verità è ben più orribile: (1) non lo so proprio; (2) ne ho pochissime. (p. 119)
  • Da dove vengono le nostre idee?
    Forse le migliori, quelle vere, non sono un premio per il talento o per la fortuna, bensì per l'umiltà. (p. 120)
  • Il cinema è una vera arte umana, anche se sviluppatasi in ritardo. In quanto tale, la sua pratica e la sua contemplazione ci mettono in contatto, al tempo stesso, con quanto c'è in noi di più e di meno umano. La nostra capacità di concepire sia il processo che il prodotto è accompagnata, e ispirata, dalla gioia puramente animale di immergerci in un mistero. (p. 130)
  • La creazione e distribuzione di film puramente commerciali favorisce un rapporto di sfruttamento reciproco. [...] Lo sfruttamento commerciale di massa del pubblico rende produttore e spettatore complici nell'adorazione della ricchezza, con il produttore che cerca di rapinare lo spettatore e lo spettatore che si sottomette in cambio dell'eccitazione a buon mercato che prova nel godere delle attenzioni del produttore. (pp. 135-136)
  • Il film perfetto è il film muto, proprio come la sequenza perfetta è quella muta. Nel racconto cinematografico, il dialogo è inferiore all'immagine. (p. 167)
  • I film possiedono una capacità illimitata di intrattenere. Non hanno però alcun potere di insegnare. Il pubblico presta attenzione al solo scopo di divertirsi e nega (consciamente o inconsciamente) la propria attenzione a qualsiasi altro scopo. (p. 171)
  • Non sopporto il modo di recitare di Laurence Olivier. È rigido, impacciato, musone, falsamente modesto e ingeneroso. [...] Io ho fame e lui mi serve un menù illustrato. (p. 180)
  • [Tony Curtis in A qualcuno piace caldo] È un'interpretazione che si vorrebbe poter stringere al petto. È il non plus ultra della recitazione comica: personale, affettuosa, partecipe e perfettamente sincera. (p. 181)
  • Secondo me, Flynn era un grande attore. È facile lasciarsi incantare dal suo aspetto impeccabile, ma film dopo film, scena dopo scena, era sempre semplice, sincero, generoso. (p. 185)

Bibliografia

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  • David Mamet, Bambi contro Godzilla. Teoria e pratica dell'industria cinematografica, Minimum fax, Roma, 2008. ISBN 9788875211745

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