Remo Wolf (1912-2009), è stato un incisore e pittore italiano

Citazioni di Remo Wolf modifica

  • Domanda: "Molta xilografia e poca pittura. Perché?". Risposta: "L'insegnamento mi lasciava poco tempo a disposizione e quel poco era per di più privo di luce naturale. Se si considera che a dipingere procedo molto lentamente e che la pittura necessita di luce solare, mentre la xilografia si può praticare con l'illuminazione artificiale, si capisce come la scelta della xilografia sia stata in un certo qual modo obbligata. C'è, infine, un aspetto non proprio trascurabile. La pittura consente infiniti pentimenti, la xilografia no perché ad un certo punto l'alternativa è tra ultimare il lavoro e buttare il legno, alternativa che ben si concilia con il mio carattere.[1]
  • Mi accorgo che invecchiando sono peggiorato. Ora vorrei che il mio lavoro avesse anche qualche riconoscimento: prima l'unico mio desiderio era di arrivare a fare un lavoro buono. Buono nel senso che significasse qualche cosa, che fosse frutto di emozione e che avesse le carte in regola con la tecnica. Oggi questo non mi basta più e il desiderio di qualche riconoscimento su quello che ho fatto mi sembra porti ad uno scadimento del lavoro. Questo non è bene. Devo tornare a considerare i riconoscimenti come cosa inutile e a cercare solo una buona resa del lavoro, a riunire e mettere in esso quello che sono le ansie o i pensieri o i sentimenti che muovono a fare. È in fondo togliersi di dosso un'ambizione per fare solo un buon lavoro. O, forse, anche questa è un'ambizione? Ora nevica e copre lentamente le cose. Lo stesso deve succedere con il lavoro. Il tempo ricopre con la polvere gli oggetti. Solo quelli validi resistono ed escono dalla polvere. (Ottobre 1981). [2]

Citazioni su Remo Wolf modifica

  • È un incisore in legno, tormentato da un suo mondo interiore letterario, filosofico e religioso. I suoi soggetti sono disparati e contrastanti, tendenti ad una sconfinata e libera fantasia. La sua abilità specifica risulta nei bagliori improvvisi, nelle ombre illogiche e a sorpresa, nelle assurde prospettive taglientemente dimostrative, che rivelano figure e scene mistiche, letterarie, bibliche, satiriche e fiabesche. Ha un pizzo che sembra un bulino. Ha un naso che sembra un raschiatoio. Ha l'occhio basso indagatore penetrante, quasi poliziesco. Fuma impenitentemente la pipa; quindi vede la realtà attraverso le pieghe del suo sogno fumante [...]. (Fortunato Depero)
  • Il pennello come una sgorbia. La pittura è per Remo Wolf la prosecuzione della xilografia. Elemento unificante per le due pratiche creative è il legno: matrici in pero per l'inchiostro, fogli di compensato per i colori ad olio. Artista per così dire "muscolare", Wolf, anche in pittura, avverte il richiamo del legno. È una materia che, non avendo "la pancia molliccia" come la tela, resiste alla manipolazione dell'uomo: ed è questa, la premessa, il necessario antefatto per una pittura "virile", una pittura si direbbe quasi affine alla scultura: e, a ben guardare, le figure wolfiane si offrono sovente con contorni netti e masse che sembrano sbozzate con lo scalpello. [...] Sfogliamo Il calzolaio di Messina, plaquette tirata in pochi esemplari da Franco Sciardelli nel 1989. Il racconto è firmato da Sciascia (sarà, questa, la sua ultima opera), le xilografie da Wolf. Nell'esemplare custodito dal Maestro leggiamo una dedica autografa: "A Remo Wolf, che ha così quel che ha donato, con animo grato e con cordiali saluti. Leonardo Sciascia." Da aggiungere che Sciascia, raffinato cultore e collezionista di stampe, apprezza Wolf fin dal 1957, quando, nella collana che dirige per Salvatore Sciascia, editore di Caltanissetta, ospita la monografia del Maestro scritta da Giorgio Trentin. (Lillo Gullo)
  • Il primo olio su tavola dipinto da Remo Wolf dopo il suo ritorno in Trentino è un San Sebastiano del 1946. È un quadro singolare, tutto da commentare. Il paesaggio dello sfondo, di prati rotti da ombre portate, di montagne, è inconfondibilmente trentino. Il cielo percorso da lacerti di nuvole vertiginose è di un blu elettrico. In primo piano c'è un masso porfirico, rosso come il mantello lacerato del protomartire legato ad un tronco morto. Ma quello che è sorprendente – per quanto ne sappiamo un caso unico nella storia della pittura – è che le dieci frecce scagliate contro il giovane Sebastiano sono tutte finite sul tronco, nessuna ha colto il bersaglio. Come interpretare questa "spiazzante" raffigurazione? Certo ci gioca la vena ironica, beffarda, che conosciamo in Wolf, una delle componenti peculiari soprattutto delle sue incisioni. Ma – a nostro avviso – c'è una ragione più precisa, più puntuale. Questo quadro, da cui parte tutta la pittura wolfiana del dopoguerra, vale a dire della sua maturità che lo porterà a fama internazionale, deve essere interpretato come un'icona "per grazia ricevuta", una sorta di ex voto: dopo dieci anni di armi, guerra e prigionia, il protagonista è giunto salvo a casa, senza nemmeno una ferita. C'è un martire in meno e un artista in più. Viene in mente il verso brechtiano: "Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi...". (Renzo Francescotti)

Note modifica

  1. Dall'intervista di Lillo Gullo, Incidere la realtà. La storia, i segreti e le preferenze di Remo Wolf, artista, Alto Adige, 4 novembre 1990.
  2. Da Remo Wolf. Dipinti e incisioni, catalogo e mostra a cura di Roberto Festi, p. 168, Palazzo Trentini. Mostre. Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, Trento, 24 ottobre 2014 – 9 gennaio 2015.

Bibliografia modifica

  • Remo Wolf, a cura di Danilo Eccher, Galleria Civica di Arte Contemporanea Trento, Trento, 21 settembre - 3 novembre 1991.
  • Remo Wolf, a cura di Giovanna Nicoletti, Comune di Arco. Assessorato alla Cultura, Palazzo dei Panni, Atelier Segantini, Arco, 7 agosto - 18 dicembre 2005.
  • Remo Wolf. Il paesaggio trentino, a cura di Renzo Francescotti, Palazzo Trentini. Mostre. Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, Trento, 10 giugno - 20 luglio 2002.
  • Remo Wolf incisore, collana quaderni di Galleria, a cura di Leonardo Sciascia, Edizioni Salvatore Sciascia, Caltanissetta-Roma, 1957.