Susanna Egri
ballerina e coreografa ungherese naturalizzata italiana
Susanna Egri, nata Susanna Egri Erbstein (1926 – vivente), ballerina e coreografa ungherese naturalizzata italiana.
Intervista di Massimo Congiu, ilmanifesto.it, 18 dicembre 2018.
- [Nel 2019 saranno passati settant’anni dalla sciagura di Superga in cui perì l'intera squadra del Grande Torino guidato da suo padre. Lei come descriverebbe Erno Egri Erbstein?] Era una persona luminosa, capace di mettere a suo agio chiunque l'avvicinasse e di dare la sensazione di essere una persona speciale. E lo era veramente, ma era anche di una semplicità e di un’umanità di un'immediatezza assolute. Niente a che vedere con la figura dell'intellettuale che si pone come un'icona, tutt'altro. Mio padre era davvero una persona alla mano che faceva in modo che tutti si sentissero bene con lui. Comprensivo su tutto, ma provvisto, allo stesso tempo, di un'etica incrollabile. Io e mia sorella siamo cresciute con dei principi etici, non confessionali. Io, per esempio, non sapevo che lui fosse di origine ebraica, l'ho appreso con mio enorme sbigottimento quando sono state promulgate le leggi razziali. Perché lì, tutt'a un tratto, è emerso che contava l'origine della persona, non ciò che questa professava nella vita.
- [Suo padre ha lasciato il ricordo di un uomo che riscuoteva fiducia e stima dentro e fuori i campi da calcio.] I giocatori lo adoravano, pendevano dalle sue labbra, sono rimaste leggendarie le concioni che faceva nello spogliatoio prima della partita. Stavano tutti incantati ad ascoltarlo, i suoi interventi preparavano, spronavano i giocatori. Trovava sempre le parole giuste, lei sa quanto sia importante la parola. Lo sapeva anche lui che era sostanzialmente un giocatore. Mio padre ha sempre preso la vita come un gioco, un gioco molto serio, naturalmente. Nel suo approccio alle cose c'era sempre una componente ludica che io ho ereditato: anche la danza è un gioco, l'arte è un gioco.
- [Lei che ha dedicato la vita alla danza ed è diventata una ballerina affermata a livello internazionale, che rapporto ha avuto col calcio?] Il calcio mi piaceva tantissimo, già dai tempi di Lucca non avrei mai rinunciato a una partita e spesso seguivo la squadra anche in trasferta con mia madre. Seguivamo anche il Grande Torino e l'ultima volta che ho visto mio padre è stata a Milano, prima della partenza della squadra per Lisbona.
- [Ha quindi un ricordo personale anche dei ragazzi del Grande Torino…] Certamente. Quella sera [la sera precedente la sciagura], a Milano, siamo andati a cena tutti insieme dopo la partita. Mazzola era al tavolo con noi e aveva un po' di influenza; diceva di non voler comunque rinunciare all'incontro di Lisbona tanto più che era stato lui a organizzare l'amichevole col Benfica di Ferreira. Ricordo di averli salutati tutti al momento del nostro rientro con un nostro conoscente, grande tifoso, che ci aveva portate in macchina a Milano e che ci avrebbe riaccompagnate a Torino. Dopo cena mio padre ci ha accompagnate all'auto che era parcheggiata fuori dall'Hotel Touring. Lo vedo ancora che ci saluta mentre entriamo in macchina; è l’ultima immagine che ho di lui. Così, per mesi, mi sono rifiutata di credere che fosse morto.
- [Cosa ricorda di quel 4 maggio 1949?] Quel giorno stavo partendo per Parigi e mio padre sarebbe dovuto tornare nel pomeriggio con la squadra a bordo di un volo charter, ma non si sapeva se l'aereo sarebbe atterrato a Milano o a Torino. Ricordo che era una giornata orrenda, era maggio ma pioveva ed era buio già di pomeriggio. Io ho aspettato un po', ho aspettato finché ho potuto ma a un certo punto ho deciso di prendere il treno e ricordo di aver chiesto alla mamma di scusarmi col babbo e di dirgli dell'invito che avevo ricevuto a Parigi come ballerina. In treno c'erano due signore che, parlando fra di loro, dicevano che l'aereo del Torino era precipitato e che erano tutti morti. Ho chiesto, bianca in volto, e mi hanno detto che non sapevano niente di preciso. Sono stata raggiunta alla stazione da un'amica di famiglia che mi ha informata facendomi scendere dal treno che era già partito. Sono dovuta tornare a casa per dire alla mamma cos'era successo. Sono poi andata a Superga e lì è stato veramente il vuoto. A lungo non ho voluto credere che mio padre non ci fosse più.
Citazioni su Susanna Egri
modifica- Figlia mia carissima, io ti scrivo in italiano perché voglio che tu non dimentichi di aver avuto un'educazione italiana, latina, toscana. Non puoi immaginare quale tormento e preoccupazione sia per me vederti costretta a cessare i tuoi studi, nei quali hai riportato tanti onori. Se in tutte queste dolorose vicende e contro qualsiasi avversità rimani con la testa alta, forte d'animo e di spirito, se il tuo sguardo non si stacca dall'ideale, se la tua volontà non cede dinanzi agli ostacoli, se i tuoi desideri rimangono sempre cristallini, non attratti dal lusso, dai divertimenti, dal facile vivere, tu sarai quella che io sogno tu debba divenire: un essere superiore, una poetessa, una scrittrice, una scienziata. (Ernő Erbstein)
Voci correlate
modifica- Ernő Erbstein, padre
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