Stefano De Fiores

presbitero italiano (1933-2012)

Padre Stefano De Fiores S.M.M. (1933 – 2012), presbitero cattolico, mariologo e docente italiano.

Citazioni di Stefano De Fiores

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  • Dalla storia della mariologia risulta che Maria è una donna protagonista e una "sintesi di valori", tanto che il sociologo A. Greeley la definisce: "Il simbolo più popolare del Cristianesimo" e la teologa Elizabeth Johnson: "La figura femminile più celebrata nella tradizione cristiana". Ella appartiene alla cultura ebraico-mediterranea, ma anche a tutte le altre che l'hanno adottata e proclamata beata, secondo la profezia del "Magnificat".[1]
  • Contemplare la croce è entrare nelle profondità del mistero del sommo amore di Cristo per il Padre e per tutti gli esseri umani. Il discorso sulla croce è quanto mai serio e impegnativo, e saturo d’interpellanze da non disperdere. [...] La croce è un simbolo che risale all'antichità più remota: a Creta se ne è trovata una scolpita in marmo 15 secoli avanti Cristo. Prima di essere un supplizio, la croce è il simbolo più totalizzante in assoluto: ha forza "centrifuga e centripeta", rimanda e unisce l'est e l'ovest, il nord e il sud. S'iscrive nel cerchio, genera il quadrato e il rettangolo. La croce latina che sviluppa l'asse verticale inferiore, richiama le dimensioni dell'uomo e diventa infine simbolo di Cristo crocifisso, anzi s'identifica con lui fino a poter essere adorata (con culto "relazionale" non assoluto).[1]

VII Seduta seduta pubblica delle Pontificie Accademie, 29 novembre 2002, Roma

  • Essere imago Trinitatis non implica analogie a sfondo sessuale, ma piuttosto assume la comunione trinitaria come modello utopico e paradigma regolativo della struttura ternaria delle relazioni che si stabiliscono all'interno della famiglia umana: la reciprocità dei Due (Io­-Tu) si apre al Terzo trascendente (Noi), lo Spirito dell'Amore, che custodisce la distinzione e la suggella nella comunione.
  • [...] la creazione della coppia umana a immagine (ºélem) e somiglianza (demût) del Creatore (Gen 1,26) la rende persone dotate d'intelligenza e libertà, ma anche relazionali l'uno all'altra. Per K. Barth l'uomo è immagine di Dio perché può entrare in relazione con Dio stesso e con il proprio simile. Egli è costituito come Io in relazione al Tu, proprio come avviene in Dio, che il Nuovo Testamento presenterà non come solitario ma come comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo.
  • La cultura greca risolve il rapporto "uno-molti" con la preminenza dell'"uno" che come trascendentale s'identifica con l'essere.
  • L'uomo post-moderno, consumista e dal pensiero debole, è l'uomo economico che vale quanto produce.
  • Nell'età moderna le cose peggiorano con il cogito ergo sum cartesiano in cui non compare la relazione all'altro; anzi Fichte identifica l'essere con l'io al punto da chiamare non-io, quindi non-essere, tutto il resto.
  • [...] Severino Boezio tra il 512-513 lega la persona alla categoria di sostanza: "Rationalis naturae individua substantia". La scolastica lo segue anche se non manca di affermare con s. Tommaso che "le cose stesse si trovano in un mutuo orientamento e relazione reciproca", giudicando però aristotelicamente la relazione come l'accidente infimo e più debole quanto all'essere.
  • Uomo e donna sono immagine di Dio in quanto esseri personali, dotati cioè di autonomia (capacità di essere-in-sé) e di relazione (capacità di aprirsi all'altro da sé), di autopossesso o potere d'introspezione e di autodonazione o relazionalità oblativa: grazie al carattere perso­nale dell'essere umano ambedue – l'uomo e la donna – sono simili a Dio.

Maria nella teologia contemporanea

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  • Il progetto originario offuscato in Eva dopo il peccato torna a risplendere in modo definitivo in Maria «nuova Eva», che si trova all'inizio della nuova Alleanza come segno del superamento della contrapposizione tra uomo e donna.
  • In genere prevalgono i giudizi positivi che salutano nella MD il primo documento della Chiesa cattolica dedicato ex professo alla questione femminile: «Nell'ambito del cattolicesimo potremmo dire che la MD sta al mondo femminile, come la Rerum novarum di leone XIII (15. 5. 1891) sta al mondo operaio» [citando da Andrea Serra].
  • L'autorivelazione di Dio all'umanità consiste nella «imperscrutabile unità della Trinità... contenuta nelle sue linee fondamentali nell'annunciazione di Nazareth» ma essa implica anche la rivelazione della finalità ultima dell'esistenza umana, cioè «l'elevazione soprannaturale all'unione con Dio» che trova la massima espressione creaturale in Maria Theotokos (MD 3-4).
  • [...] la donna assume con Maria una posizione centrale nel disegno salvifico di Dio.
  • La Lettera apostolica Mulieris dignitatem è legata, oltre che al Sinodo sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa (1987), all'Anno mariano, come è detto espressamente all'inizio e alla fine del documento (nn. 2 e 31). L'impulso derivante dall'Anno mariano spinge ad inoltrarsi oltre l'evento transitorio per scoprire la «eterna verità sull'uomo, uomo e donna» e «l'eccezionale legame tra questa donna [Maria] e l'intera famiglia umana» (RM 2).
  • La MD può quindi indicare nella donna di Nazareth la manifestazione della straordinaria dignità della donna. Ciò avviene ad un duplice piano: uno condivisibile con l'uomo, l'altro specifico per la donna.
  • Non si può tracciare l'identità della donna senza riferirsi a quanto Dio rivela in Maria Theotokos come all'indispensabile orizzonte di comprensione.
  • Una femminista cattolica [Maria Cristina Bartolomei] afferma che la MD «costituisce una grande e solenne riconciliazione del cristianesimo con il femminile dell'umano, per antica tradizione oggetto invece di tabuizzazione, condanna, svalutazione».
  1. a b Citato in Stefano De Fiores: ritratto di un mariologo illustre, Famedisud.it, 14 ottobre 2013.

Bibliografia

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  • Stefano De Fiores, Maria nella teologia contemporanea, editore Madre della Chiesa, Roma, 2011. ISBN 9788879170048

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