Léopold Sédar Senghor: differenze tra le versioni

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Inserisco citazione, wikilinks. Nel testo: «In Africa Nera, osserva Léopold Senghor, ecc.»
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==Citazioni di Léopold Sédar Senghor==
*E poiché debbo spiegare le mie poesie, confesserò che quasi tutti gli esseri e le cose che evocano appartengono alla mia terra: qualche villaggio sperduto, i boschi, i ''bolong'' e i campi. Mi basta nominarli per rivivere il Regno dell'infanzia – e il lettore con me, spero – "attraverso le foreste di simboli". Vi ho vissuto un tempo, con i pastori e i contadini. [...] Ho dunque vissuto in quel regno, visto coi miei occhi, sentito con le mie orecchie gli esseri favolosi al di là delle cose: i ''Kouss'' nei tamarindi, i Coccodrilli, guardiani delle fonti, i Lamantini, che cantavano nei fiumi, i Morti del villaggio e gli Antenati, che mi parlavano, mi iniziavano alle alterne verità della notte e del giorno.<ref>Dalla postfazione a ''Ethiopiques''; citato in Chevrier, p. 94.</ref>
*Io so che i Latini e soprattutto i Greci hanno scoperto le «idee generali»: prima e meglio di altri, le hanno messe in piena luce grazie ad un'arte nella quale l'economia dei mezzi concorreva alla loro efficacia. Io so che, per i popoli negro-africani, non esiste scuola migliore, perché, se l'[[educazione]] è sviluppo delle qualità native, essa è anche correzione dei difetti ereditari e acquisizione delle virtù contrarie.<ref>Dal saggio ''Vue sur l'Afrique noire, ou assimiler, non être assimilés'', 1945, in seguito ristampato in ''Liberté I. Negritude et humanisme'', Parigi, 1964, p. 67. Citato in Italo Lana e Armando Fellin, ''Civiltà letteraria di Roma antica'', vol. I, p. 16; in [[Italo Lana]] e [[Armando Fellin]], ''Civiltà letteraria di Roma antica'', Casa Editrice G. D'Anna, Messina-Firenze, 1973, vol. I, p. 13.</ref>
*''Non so che tempo fosse, sempre confondo l'[[infanzia]] e l'[[Giardino dell'Eden|Eden]] | come mescolo la [[Vita e morte|Morte]] e la [[Vita e morte|Vita]] – le unisce un ponte di dolcezza.''<ref>Da ''D'autres chants, Ethiopiques''; citato in Chevrier, p. 89.</ref>
 
==''Poesie dell'Africa''==
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*La vera [[cultura]] è mettere radici e sradicarsi. Mettere radici nel più profondo della terra natia. Nella sua eredità spirituale. Ma è anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia e al sole, ai fecondi apporti delle civiltà straniere... (''La negritudine'', p. 63)
 
===Citato in ''La letteratura negra di espressione francese''===
*''Non so che tempo fosse, sempre confondo l'[[infanzia]] e l'[[Giardino dell'Eden|Eden]] | come mescolo la [[Vita e morte|Morte]] e la [[Vita e morte|Vita]] – le unisce un ponte di dolcezza.''<ref>Da (da ''D'autres chants, Ethiopiques''; citato in Chevrier, p. 89.</ref>)
*E poiché debbo spiegare le mie poesie, confesserò che quasi tutti gli esseri e le cose che evocano appartengono alla mia terra: qualche villaggio sperduto, i boschi, i ''bolong'' e i campi. Mi basta nominarli per rivivere il Regno dell'infanzia – e il lettore con me, spero – "attraverso le foreste di simboli". Vi ho vissuto un tempo, con i pastori e i contadini. [...] Ho dunque vissuto in quel regno, visto coi miei occhi, sentito con le mie orecchie gli esseri favolosi al di là delle cose: i ''Kouss'' nei tamarindi, i Coccodrilli, guardiani delle fonti, i Lamantini, che cantavano nei fiumi, i Morti del villaggio e gli Antenati, che mi parlavano, mi iniziavano alle alterne verità della notte e del giorno.<ref>Dalla (dalla postfazione a ''Ethiopiques''; citato in Chevrier, p. 94.</ref>)
*In [[Africa]] Nera non ci sono frontiere, neppure tra la vita e la morte. Il reale acquista il suo spessore, diventa realtà spezzando il rigido involucro della ragione logica, soltanto allargandosi alle dimensioni estensibili del reale. (p. 97)
*''Noi siamo gli uomini della [[danza]], i cui piedi | riprendono vigore colpendo il suolo duro.'' (da ''Prière aux masques, Chants d'ombre''; Chevrier, p. 142)
==Note==
<references />