Giovanni Stefano Menochio: differenze tra le versioni

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*Il modo di [[Molitura|macinare]] degli antichi, e di cavare la farina dal grano, era al principio il romperlo pistando ne' mortari: al quale poi succedettero le mole, che girare à mano, ò da giumenti, più speditamente, e meglio facevano l'effetto. Le mole à mano erano per ordinario girate da' schiavi, ò dalle schiave, & era ministerio molto faticoso, e vile, che però come di tale se ne fà mentione nel c. II dell'Esodo, mentre si dice: ''Morietur omne primogenitum à primogenito Pharaonis usque ad primogenitum ancille, quaesi ad molam''. Così Sansone fatto prigioniero, e trattato da schiavo da' [[Filistei]], fù condannato alla mola. Homero nel lib. 7. dell'Odissea dice, che Alcinoo Rè de' Feaci haveva nella sua famiglia cinquanta schiave, alcune delle quali attendevano alla macina. (da ''Centuria Seconda'', p. 296)
*E noto assai, e celebre il fatto di [[Sansone]], che fatto prigione da' [[Filistei]], privato del lume degli occhi, in varie maniere maltrattato, e schernito, alla fine dalla rovina del Tempio di Dagon da lui procurata con scuottere le colonne, insieme con gl'inimici del suo pupolo rimane oppresso. Habbiamo quest'historia nel cap. 16. del libro de' Giudici, dove si racconta che essendo per tradimento di Dalida fatto prigione, e tenuto per qualche tempo in carcere, occupato in girare la mola da mano, con la quale si macinava il formento, finalmente un giorno solenne, nel quale havevano fatto sacrifici al loro idolo Dagon, e poi convito, venne loro voglia di far condurre alla presenza de' convitati il loro prigione, e pigliarsi piacere di vederlo in quello stato, e fargli anco degli insulti per vendetta de' danni, che da lui havevano ricevuti. Sansone colà condotto, accostandosi a due colonne principali, che sostenevano l'edificio, di tal maniera le scosse, che rovinò il Tempio con morte di molti, frà quali fù anco l'istesso Sansone autore di quella rovina. (da ''Centuria Terza'', p. 307)
*Teodoreto nell'historia de' Santi Padri al cap. 26. parlando di S. Simeone Stilita, che, come habbiamo detto altrove, habitava sopra d'una colonna, e concorreva molta gente da diverse parti per vederlo, conciosiache la sua vita era un continuo miracolo, e racconta quest'autore, che fù, chi osservò, e numerò quante volte dentro lo spatio d'un'hora s'inginocchiò ad adorare la maestà di Dio, con toccare il suolo di quel poco piano, sopra del quale stava sempre in piedi, e furono milleducento, e quarantaquattro, e più ancora, perche si stancò chi numerava, non istancandosi chi faceva quelle profondissime riverenze. (da ''Centuria Terza'', p. 322)
 
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