Antonio Ghirelli: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*Al di là delle pesanti, decisive responsabilità della sinistra nell'avvento del [[fascismo]] non si possono ignorare gli altri fattori che hanno contribuito a trasformare la [[marcia su Roma]] in una gita turistica [...] anche i politici di parte liberale, da [[Vittorio Emanuele Orlando|Orlando]] a [[Luigi Facta|Facta]], non hanno avuto la statura, l'energia, i programmi indispensabili per salvare le istituzioni democratiche [...] Al dunque, liberali e cattolici (liquidata dal [[Vaticano]] la segreteria di [[Luigi Sturzo|Sturzo]] nel Partito popolare) preferiranno fiancheggiare o tollerare [[Benito Mussolini|Mussolini]] anziché far causa comune con i socialisti contro la minaccia della dittatura. (Capitolo XIV,da ''La farneticazione rivoluzionaria'', cap. XIV, p. 134)
*Il segno più originale della presenza di [[Salvatore Di Giacomo]] nella «belle époque» partenopea, sta nella sua sdegnosa estraneità alle mode letterarie che imperversavano in quell'epoca: il classicismo professorale di [[Giosuè Carducci|Carducci]], il patetico decadentismo di [[Giovanni Pascoli|Pascoli]] e di [[Sergio Corazzini|Corazzini]], l'immaginifico barocchismo di [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]], che pure a [[Napoli]] era di casa. Chino sul foglio bianco come un grande artigiano, don Salvatore si isola dal frastuono delle gazzette e dei salotti, dedicandosi piuttosto a portare ad estrema perfezione uno strumento personale che non somiglia a nessun altro, il vernacolo, mediato sì dalla realtà popolare ma filtrato attraverso esperienze altamente sofisticate, che vanno dai lirici greci dell'epoca di [[Saffo]] all'opera buffa dell'epoca di [[Giovanni Paisiello|Paisiello]], passando per la narrativa del Cortese e del [[Giambattista Basile|Basile]]. La fusione che egli realizza tra la struttura colta del suo dialetto e la tradizione parlata attinge la perfezione nei versi delle ariette e delle canzoni nuove, dove la parola si libera «in un aere musicale» e appare «disposta a vivere per ritmi e metri in una trepidantissima aura di suggerimenti».<ref>Da ''Introduzione'' a Salvatore Di Giacomo, ''Tutte le poesie'', Newton ẟ Compton, 1997, p. 9. ISBN 88-8183-643-2</ref>
*[...] l'incapacità {{NDR|del [[Partito comunista italiano]]}} di fare i conti con le ragioni di fondo che hanno determinato il fallimento dell'esperienza russa e che indurranno i comunisti cinesi alla più drastica revisione ideologica, produrrà due conseguenze fatali per il destino della nostra [[sinistra in Italia|sinistra]]: l'isolamento dei socialisti nel faticoso negoziato dal 1955 al 1990 che caratterizzerà l'alleanza con la [[Democrazia cristiana]] e il graduale declino dello stesso Pci, fino all'inglorioso alibi del Partito democratico di sinistra e al successivo malcerto approdo nel cosiddetto Partito democratico, con una miriade di micropartiti comunisti a fargli concorrenza. (Capitolo XXII,Da ''Una svolta epocale'', cap. XXIII pp. 225-26)
*La fondazione del Partito comunista d'Italia arriva al culmine di un drammatico dopoguerra nel quale il sistema Italia è andato in pezzi. Le istituzioni del regno sabaudo, le forze politiche parlamentari, i gruppi sociali dominanti in campo industriale e finanziario non riescono ad assorbire le grandi trasformazioni sociali determinate dal consolidamento del capitalismo interno, dal crollo degli imperi centrali e dal trionfo della Rivoluzione d'ottobre. (Capitolo XV,da ''Livorno, funesta scissione'', cap. XV, p. 143)
*Lo stato pietoso degli alloggi nelle grandi città italiane provocò nel solo periodo tra il 1884 e il 1887 epidemie di [[colera]] che sterminarono 55 mila sventurati. Pochi anni prima, su 3600 minatori delle zolfare siciliane soltanto 203 erano stati riconosciuti abili al servizio militare. E, come si diceva, la situazione nelle campagne era addirittura catastrofica. Purtroppo il solo rimedio che i governi di allora opposero alla desolazione dei poveri fu l'emigrazione. (Capitolo V,da ''Il modello tedesco'', cap. V, p. 37)
 
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