Rinaldo Capello
pilota automobilistico italiano
Rinaldo Capello, detto Dindo (1964 – vivente), pilota automobilistico italiano.
Citazioni di Rinaldo Capello
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- [Sull'Audi R10 TDI] Innanzitutto il silenzio del propulsore. Questo V12 non dà i classici riferimenti del motore benzina, in accelerazione e in scalata. Senti solo il rumore dell'aria sul casco. Ed è incredibile come progressione. Grazie alla coppia, l'accelerazione in uscita dalle curve è impressionante. Questo, però, sollecita le gomme: nelle gare di durata bisogna fare 2-3 turni con lo stesso treno di pneumatici, invece noi dopo il secondo siamo quasi al limite. Va dosato bene l'acceleratore per evitare l'eccessivo pattinamento e il conseguente sovrasterzo.[1]
- [«Dindo, hai vinto molto nella tua carriera [...] e corso per i circuiti di tutta Europa dove sei acclamato e riconosciuto. In Italia invece magari ci si ricorda di un pilota solo perchè ha gareggiato in F1 anche senza vincere niente. Non ti da un pò fastidio?»] Un appassionato da noi si ricorda di Patrese o Alboreto, non sa che Liuzzi ha corso in F.1 o che faccia abbia Trulli (un pilota che ha sempre tenuto un profilo basso volutamente). Tutti conoscono Alesi, e non si sa quanti anni di F.1 abbia fatto Fisichella. In Italia manca la cultura del motorsport, qui per essere qualcuno devi correre e vincere con la Ferrari in F.1 o non sei nessuno. Ti dico questa cosa perché Gimmi Bruni su Ferrari GT vince tutto, ma al grande pubblico è sconosciuto. Un peccato ma è la dura realtà.[2]
- [«Ti mancano le corse?»] Per fortuna ho avuto una carriera molto lunga e vincente fino all'ultimo anno. Non ho rimpianti però, quando ho deciso di smettere ho messo una pietra sopra alle corse. Mi mancheranno per sempre le corse perché un pilota rimane un pilota per tutta la vita. Però quando vedo il livello di competitività tra i piloti e l'impegno che ci vuole per essere un driver [...] sono anche un po' contento di non correre più.[3]
- [«Negli ultimi anni di transizione si è spesso sottolineato come Toyota corresse da sola [nel campionato del mondo endurance], senza grossi costruttori rivali. Era un po' la situazione in cui si trovava Audi a inizio anni 2000 a Le Mans. Tu che hai vissuto quella situazione, cosa risponderesti a questi commenti?»] Noi siamo entrati nel 1999 da debuttanti e abbiamo fatto veramente tanta fatica. Eravamo lontani. Si arrivava da anni di rally, DTM e turismo. Categorie completamente diverse rispetto a una LMP1. Nella prima stagione abbiamo faticato e non dimentichiamo che nel primo anno nostro c'erano ancora tutti: BMW, Mercedes e Porsche. Poi è logico che nel 2000 abbiamo cambiato passo e questo secondo me ha accelerato l'uscita di alcune case costruttrici dal campionato, perché c'è stato un periodo in cui secondo me battere Audi era veramente complicato. Un po' come lo è oggi battere la Toyota, che ha un'esperienza grande e un pacchetto completo. [...] L'Audi, anche quando sono entrate Toyota e Porsche, è stata battuta solo perché il regolamento ha fatto in modo che non fosse così benvenuta un'altra vittoria di un motore diesel. Per cui la nostra tecnologia è stata cosi penalizzata che difficilmente si poteva pensare di vincere il campionato. Ti assicuro però che parlando con piloti nostri che hanno cambiato casacca, tutti mi hanno detto la stessa cosa: dal punto di vista telaistico e dell'aerodinamica, Audi era un passo avanti. Poi se ti penalizzano sulla capacità del serbatoio e sulla potenza, diventa difficile poter competere. Ma dal punto di vista del progetto sono sicuro che quello Audi fosse vincente fino ancora al 2016, quando c'erano già Toyota e Porsche.[4]
- [Sulla Peugeot 9X8] [...] questo è un progetto troppo difficile da far funzionare. A Le Mans ha dimostrato di non essere così male, ma solo per Le Mans. Non parlo in termini di risultato, perché [...] quello che mi ha colpito di Peugeot, rispetto alle gare precedenti, è stata la prestazione sul giro. In alcuni momenti della gara è stata anche l'auto più veloce in pista. Per Le Mans questo progetto poteva avere anche un suo perché; il risultato finale però non ripaga assolutamente dell'investimento. Probabilmente è talmente difficile da far funzionare che credo che abbiano già preso la decisione di cambiare filosofia [...][5]
Intervista di Francesco Ippolito, La Gazzetta dello Sport, 30 marzo 2006.
[Sul tuning]
- [...] fin da giovane mi divertivo a modificare l'assetto delle mie macchine per avere una guidabilità migliore. Quando hai 20 anni non ti importa molto del comfort di marcia ma guardi più alle prestazioni. Tuttavia non ho mai effettuato interventi sul motore per aumentare la potenza, anche perché a quel tempo non c'erano grandi possibilità di lavorare sull'elettronica come si fa oggi. Comunque mi sono sempre rivolto a professionisti del settore lasciando perdere il fai-da-te, e i risultati sono sempre stati ottimi.
- [«Come erano le elaborazioni negli Anni '80?»] Si faceva un errore che molti continuano a commettere oggi. Si cambiavano i cerchi di serie con altri più alti e si mettevano delle gomme più larghe lasciando inalterate le sospensioni. Se questa modifica esteticamente poteva far immaginare una macchina più performante, in realtà si peggioravano le cose, compromettendo anche la sicurezza del mezzo.
- [«Qual è l'auto stradale che le ha dato più soddisfazioni?»] La Renault 5 GT Turbo. Aveva potenza da vendere e con l'assetto totalmente modificato era un piacere guidarla su strada, anche se ogni buca era una vera frustata alla schiena.
- [«Al di là del divertimento, quali vantaggi si ottengono modificando l'assetto?»] Si perde molto della comodità tipica di una vettura stradale. L'auto diventa molto più rigida, ma anche molto più guidabile nelle curve, dove aumenta la precisione nelle traiettorie. Secondo me, un assetto preparato da un professionista può migliorare di molto anche la sicurezza.
- [«Cosa pensa dell'elaborazione estetica?»] Sono un po' contrario a modificare l'aspetto dell'auto con minigonne e alettoni, anche se alcuni interventi estetici sono realizzati con gusto e sono gradevoli. L'importante, secondo me, è non esagerare. D'altronde, in un mondo che sforna auto di serie tutte uguali, probabilmente c'è la voglia di avere un oggetto unico, personalizzato secondo i propri gusti senza spendere follie per una supercar.
Marco Zanello, connectingrod.it, 2010.
- Il primo a legarsi al mondo dei motori fu mio nonno che, in anni nei quali le macchine erano ancora un lusso che si potevano permettere in pochi, decise di acquistare un certo numero di camion per aprire un'azienda di trasporti. Durante la guerra gli venne portato via tutto e così, agli inizi degli anni '50, dovette ricominciare da capo aprendo, tra l'altro, anche un distributore di benzina Elf con annessa officina per rifornire e riparare i propri mezzi. [«Questo legame proseguì poi con tuo padre?»] Soltanto in parte! Mio padre studiò per diventare commercialista, ma mantenne un'indiscutibile passione per il mondo dei motori, principalmente per la Formula 1. Gli anziani del paese ricordano ancora quando, soltanto quattordicenne, prese il treno da solo per andare a vedere il Gran Premio d'Italia a Monza; erano altri tempi, nei quali certe cose erano ancora possibili! [...] Ne rimase sicuramente colpito, tant'è che, raggiunta la maggiore età, riuscì a farsi mandare al Gran Premio d'Italia invece del responsabile di zona dei distributori Elf; erano gli anni nei quali il marchio francese campeggiava sulle scocche delle vetture di Ken Tyrrell.
- [«Quale fu la tua prima esperienza alla guida?»] Il giorno del mio dodicesimo compleanno, mio padre mi portò alla pista di Nizza Monferrato dove, per la prima volta, ebbi modo di cimentarmi alla guida di un go-kart: dapprima ne guidai uno lento, di quelli a noleggio, poi mi dettero un 100cc, la cui accelerazione mi fece provare una sensazione indescrivibile. Fu in quel momento che capii quale sarebbe stato il mio futuro! Tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento, dal calcio al motocross, aveva perso d'interesse e, ogni domenica, chiedevo a mio padre di portarmi in pista per guidare. Ad essere onesti però quella non fu la prima esperienza su di un veicolo a quattro ruote: quando avevo otto anni trovai in un angolo dell'officina di mio nonno la Fiat 500 preparata da Giannini che mio padre aveva comprato appena presa la patente e, con l'aiuto di un meccanico, riuscii a farla partire. Per poterla guidare senza che i miei se ne accorgessero aspettavo che andassero a letto, scendevo in officina e la portavo nel campo da calcio del paese!
- [«Scorrendo le classifiche delle formule propedeutiche di quegli anni [...] si ha la sensazione che non premiassero necessariamente i piloti migliori»] È assolutamente vero! Il problema della Formula 3 [europea] di quegli anni è che vinceva sempre il pilota che correva per la squadra che poteva vantare gli agganci migliori e questo, a parer mio, ha contribuito al fallimento della categoria. Ricordo ancora che, nel viaggio verso Hockenheim per partecipare al F3 Eurochallenge, due responsabili dell'Alfa Romeo dissero meraviglie di un pilota francese: caso volle che la domenica dominasse la gara facendo registrare le più alte velocità di punta, nonostante viaggiasse con gli alettoni carichi. Anche più strano è il fatto che, dopo qualche fugace apparizione in F3000, di lui non si sia saputo più nulla.
- Arrivai al turismo a seguito di un'offerta fattami da Emilio Radaelli, responsabile dei programmi sportivi Volkswagen e Audi in Italia, ma devo riconoscere che inizialmente mi sembrò un ripiego: non mi rendevo ancora conto che la mia rinascita sarebbe partita proprio da lì. [...] [«Nel 1994 [...] arrivò la firma con l'Audi Sport Italia per correre il Superturismo italiano [...]»] [...] nel settembre '93 l'Audi era venuta a Monza per preparare il campionato mondiale turismo che si sarebbe corso proprio sul circuito brianzolo e, destino volle, che Frank Biela, pilota di punta della squadra, si infortunasse alla vigilia. Rimasti con il solo Stuck a provare, i responsabili chiesero a Radaelli se potesse mettere a disposizione i suoi due piloti. [...] Ufficialmente doveva finire tutto lì ma, inaspettatamente, pochi mesi dopo la Audi decise di iscrivere le proprie macchine al campionato italiano per l'anno successivo. Si decise inoltre che un'auto sarebbe stata iscritta dalla Audi Sport Italia che scelse proprio me come pilota; ovviamente il mio contratto prevedeva che dovessi fare da spalla ai piloti dell'Audi Motorsport, ma la cosa non mi preoccupava troppo. Quello che contava era che fossi entrato a far parte di un progetto ambizioso. [«Due anni a fare da secondo a Pirro e poi [...] la promozione a prima guida per la stagione 1996»] [...] il campionato iniziò davvero bene, con 6 successi nelle prime 8 gare. Poi la BMW, improvvisamente, raggiunse prestazioni velocistiche tanto impressionanti quanto incompatibili con le regole e Naspetti e Cecotto recuperarono in classifica, tanto che Emanuele divenne leader alla penultima gara. Alla vigilia dell'ultimo appuntamento, da disputarsi a Vallelunga, Radaelli dichiarò di voler far ricorso contro i cablaggi della BMW in quanto, probabilmente, era stato raggirato il regolamento, cosa della quale ebbi conferma anni dopo proprio da un meccanico della casa bavarese. La BMW portò in pista ben sette vetture, mentre l'Audi affiancò a me e al mio compagno Yvan Muller, Pirro e Peter, che peraltro rimasero fuori dalle prime posizioni in entrambe le gare. In prova riuscii a far registrare il secondo tempo e in gara 1 finii secondo davanti al mio rivale per il titolo. In gara 2 le cose andarono anche meglio, con Naspetti penalizzato con uno stop and go per aver urtato Yvan ed io che mi godetti gli ultimi giri di pista con la consapevolezza di essermi pienamente meritato il titolo, a dispetto di chi era andato oltre il lecito a livello regolamentare.
- [«Quali furono le tue impressioni all'esordio sulla pista della Sarthe?»] Direi che cambiò tutto molto rapidamente! Ricordo che quando entrai in pista per i primi giri, mi venne da chiedermi chi me l'aveva fatto fare di essere lì: arrivai in pieno rettilineo dell'Hunaudieres, vidi che il tachimetro digitale segnava 305 km/h e, improvvisamente, avvertii lo spostamento d'aria dovuto ad un Toyota che mi aveva appena superato. Una sensazione piuttosto sgradevole!
- [«Nel 2003 arriva finalmente la prima vittoria a Le Mans con la Bentley Speed 8 [...]»] Quell'anno la Audi decise di investire sul marchio Bentley ed io, insieme a Kristensen, fui scelto tra i piloti che dovevano portare la vettura al successo. La gara fu una vera passerella, anche se, prima della partenza, ero molto preoccupato perché l'assetto era totalmente cambiato rispetto alle qualifiche e il posteriore della macchina spanciava sui lunghi rettilinei; sulla griglia i meccanici furono costretti ad un lavoro extra per risolvere quel problema.
- [Sulla 24 Ore di Le Mans 2004] [...] dopo un problema ai freni che mi costrinse ad un fuoripista alla Dunlop, approfittammo dei guai altrui per passare al comando con un buon margine. L'unico rischio lo abbiamo corso al mio ultimo pit-stop, quando la macchina prese fuoco per un errore del meccanico addetto al rifornimento: quel giorno corsi un gravissimo rischio perché, dopo aver cercato di uscire dalla macchina, mi re-infilai nell'abitacolo per riprendere la gara ma, in quel frangente, non riuscii a bloccare una cintura, senza la quale corsi un intero turno di guida!
- [«Il 2007 è l'anno [...] della grande delusione di Le Mans»] Semplicemente indescrivibile! Ancora oggi, quando ci penso provo una sensazione che è un misto tra rabbia e incredulità: perdemmo una gara meritatissima a causa di un dado! E pensare che avevamo quattro giri di vantaggio, un qualcosa che a Le Mans, a metà gara, non si vedeva da anni. [«Un vero peccato perché fino a quel punto era andato tutto alla perfezione»] Per me resta la migliore cha abbia mai corso! In partenza, sotto una leggera pioggia, ero riuscito a portarmi in testa approfittando di un lungo di Bourdais alla Dunlop, dopodiché non avevamo più ceduto la prima posizione. Sia io che i miei compagni andavamo velocissimi senza compiere errori. Poi arrivò il pit-stop con il problema nella sostituzione alla ruota posteriore e, successivamente, la perdita della medesima a 200km/h alla curva Indianapolis. Li presi un bello spavento!
Intervista di Beatrice Frangione, motorsport.com, 27 luglio 2021.
- [«Essere pilota prima e essere imprenditore poi, come cambia l'approccio?»] Sono due cose completamente diverse, è molto più divertente fare il pilota, però secondo me tante cose che lo sport ti insegna possono essere trasferite anche a livello aziendale e quindi mi è venuta molto utile l'esperienza che mi sono fatto in tanti anni di corse, soprattutto a quel livello lì [...]
- [«Cosa pensi di una macchina alimentata a metano piuttosto che benzina nel Motorsport?»] Scegliere quale delle due sia migliore è difficile. È logico che qui parliamo di una energia alternativa a quella classica. [...] Ogni energia ha i suoi vantaggi, ha i suoi pro e i suoi contro, e però va premiata la voglia e l'idea di provare a creare qualcosa di diverso da quello che è lo standard.
- Io sono uno che spinge molto per il metano, è probabilmente una tecnologia che la gente non ha ancora capito pienamente. [...] Ed è qualcosa che quando provi, difficilmente torni indietro: ha dei costi di gestione bassissimi, fai percorrenze lunghissime con pochi euro, ed è l'auto che consiglio a tutti. Poi non è mai facile convincere il cliente perché c'è ancora la vecchia mentalità di ritenere il metano qualcosa di assolutamente anomalo, mentre ormai è una tecnologia molto vantaggiosa soprattutto a livello economico per l'utilizzatore.
- Ho avuto la fortuna di avere una carriera lunghissima: la mia prima gara l'ho fatta con l'Audi 80 e la mia ultima con la R18 e-tron. Quindi, ho veramente vissuto tutti i passaggi epocali, dal benzina, al benzina aspirato, al turbo benzina, al diesel, al quattro e al due ruote motrici, fino ad arrivare al diesel elettrico. Mi sento privilegiato e fortunato, perché è difficile trovare un pilota, al giorno d'oggi, che sia riuscito a vivere così tanti passaggi epocali. Per cui, non mi stupisce più nulla, a parte il fatto che sull'elettrico si sia andati così velocemente spediti verso la meta.
- Il TCR è la categoria che ho sposato immediatamente con la sua uscita, essendo nato come pilota [...] sulle vetture turismo sono legato in maniera sentimentale a questa categoria. Per me il fatto che il turismo dopo gli anni d'oro abbia avuto un calo dal punto di vista del seguito, mi ha fatto male. Perché l'ho sempre considerata una grande categoria, che può sposare le vetture di serie a quelle di competizione. Il TCR è la categoria del futuro, la vedo come la categoria che può rinverdire i fasti del SuperTurismo dei miei tempi. Sono pro TCR al mille per mille.
Alessandro Rigatto, veloce.it, 30 dicembre 2021.
- Ritengo di essere un uomo e un imprenditore fortunato per aver corso e oggi per poter lavorare con Audi; ho i quattro anelli nel cuore fin dalle prime gare nel Superturismo, dalla nascita del motto "Vorsprung durch Technik".
- La [Audi] RS e-tron GT mi ha colpito moltissimo in pista, perché vanta un handling eccezionale a dispetto del peso superiore alle 2 tonnellate. E resta molto confortevole nell'utilizzo stradale quotidiano.
- [«Occorre uno stile di guida specifico per guidare elettrico?»] No, semmai è importante saper adattare il proprio stile di guida per sfruttare al massimo le eccezionali qualità, soprattutto in termini di efficienza, delle nostra vetture elettriche. Le vetture a emissioni zero inducono a una guida molto rilassata, accompagnati dal silenzio con cui si muovono, e più rispettosa del Codice della Strada. Si impara a guidare in modo predittivo per ottenere il massimo dalla frenata rigenerativa, per sfruttare al massimo la funzione veleggio così da ottenere un sensibile incremento dell'autonomia. Poi si sa, quando si ha voglia di uno scatto bruciante le auto elettriche sono quasi imbattibili.
Dall'intervista di Andrea Levy all'AutoLook Week di Torino; citato in Alberto Amedeo Isidoro, veloce.it, 14 settembre 2022.
- [Sulla 24 Ore di Le Mans] All'inizio pensavo fosse una competizione per piloti molto esperti e a fine carriera ma non ho impiegato molto a rendermi conto che si trattava di una corsa davvero unica nel suo genere, praticamente una gara sprint che dura 24 ore e nella quale bisogna spingere al massimo dall'inizio alla fine.
- Quando annunciamo che nel 2006 avremmo corso con la R10 TDI in America si misero a ridere ma il tempo e la storia ci hanno dato ragione. Vincere la 24 Ore di Le Mans con una macchina alimentata a gasolio è una delle dimostrazioni che l'Audi è davvero una casa automobilistica all'avanguardia. Ma si potrebbero fare molti altri esempi, come l'introduzione delle quattro ruote motrici nei rally. O, ancora, le vittorie nel DTM nel 1990 e 1991: la V8, così grossa e pesante, era data da tutti per spacciata nel confronto con la Mercedes 190 e la BMW M3. E invece...
- Le gare rimarranno una palestra insostituibile per lo sviluppo di vetture di serie sempre più efficienti e sicure. Penso per esempio ai fari laser con cui sono equipaggiate le Audi di oggi. Li usammo per la prima volta a Le Mans nel 2012: il fascio di luce che emettevano era impressionante, con una portata fino a mille metri.
Intervista di Matteo Senatore e Carlo Platella, formulapassion.it, 11 maggio 2023.
- [«Come era nata l'idea di correre con un diesel a Le Mans e come si è sviluppata? È una tecnologia che raramente si è vista nel mondo delle corse...»] [...] Diciamo che i motoristi di Audi avevano capito tanto in anticipo che il diesel aveva un potenziale così alto che, se sfruttato nel modo giusto, nelle competizioni sarebbe stato un problema per tutti gli altri. La speranza dei nostri ingegneri motoristi era che i tecnici che stilavano i regolamenti di quel periodo non si accorgessero velocemente delle potenzialità del diesel. E in effetti è stato così. Già dai primi giri a Sebring, in Florida, sulla R10, si è capito che il potenziale era enorme. Per farti un esempio avevamo una coppia così devastante che il problema all'inizio era che, in accelerazione il pneumatico ruotava sul cerchio. Nelle gare Endurance la trasmissione è la parte più sollecitata e con una coppia del genere il rischio era che si potessero avere problemi al cambio e ai differenziali. Quindi anche dal punto di vista progettuale bisognava essere molto attenti. A livello di prestazioni si dava per scontato che ci sarebbero state, ma l'affidabilità poteva essere un problema. Vi assicuro che in tutta l'era TDI non c'è mai stato un problema. Né in gara né in prova. L'unica volta che abbiamo avuto un grosso problema è stato proprio a Le Mans quando per un errore del personale che divideva il materiale difettoso da buttare via da quello prestazionale che andava mandato in pista sono stati invertiti i due contenitori. Ce ne siamo accorti immediatamente alla seconda rottura di motore in due ore, perché fino ad allora non c'era mai stato niente di anomalo. Lì abbiamo immediatamente reagito. Quello è stato un errore umano. In tante gare non ci siamo mai ritirati per problemi al motore, perché il potenziale era talmente alto che probabilmente i nostri tecnici non lo hanno neanche mai sfruttato al massimo. Quando ci ha provato Peugeot per starci davanti, se vi ricordate, erano in quattro macchine, nettamente più veloci di noi, e tutte e quattro si sono ritirate in anticipo. I nostri tecnici avevano capito prima che oltre un certo limite non si poteva andare.
- [...] Audi è un costruttore che ha dimostrato, in tutte le categorie in cui ha deciso di entrare, di essere vincente. Lo abbiamo visto nei rally, nelle gare nel deserto, in quelle turismo...
- [Sulla 24 Ore di Le Mans 2008] [...] noi [Audi] sapevamo che loro [Peugeot], avendo intrapreso la via della vettura chiusa, avevano un grosso vantaggio dal punto di vista aerodinamico rispetto a noi. Noi avevamo creduto ancora nella politica della vettura aperta. Sapevamo che aerodinamicamente saremmo stati inferiori, ma potevano giocarci alcune carte che sapevamo che per loro, con una vettura chiusa, sarebbero state sfavorevoli. Il 2008 lo ha dimostrato: loro erano nettamente superiori a noi come prestazioni, ma il fatto di avere la macchina aperta in determinate condizioni, soprattutto sul bagnato, ha dato ragione a noi. Nonostante sembrava che non avessimo assolutamente chance di successo, quella è rimasta la vittoria più bella in assoluto. Si partiva in inferiorità prestazionale rispetto a Peugeot.
- [«[...] riguardo alle sfide con Peugeot, c'è qualche aneddoto legato alla pista o a qualche battaglia con altri piloti che ti è rimasto impresso?»] [...] con Sébastien Bourdais abbiamo avuto tantissime lotte, sempre vinte, anche con sorpassi al limite e azioni spettacolari. Ci siamo confrontati su tanti circuiti, europei, americani e anche cinesi, in Asia. Le lotte più belle le ho avute con lui e probabilmente ero anche diventato il suo incubo. Questo nonostante io avessi un'età decisamente più alta della sua e fossi già a fine carriera, mentre lui era ed è tutt'ora considerato un grande talento. [...] Inoltre, lui è proprio di Le Mans. Nel 2007 ricordo che fecero una grande pole position ma io lo passai subito alla prima curva. Gli feci una finta in partenza, sull'umido. Si partiva con le slick su pista bagnata [...]. Fintai di passarlo all'interno, sapendo che era viscido: lui per bloccarmi andò lungo e io incrociai la traiettoria. Da quel momento iniziò una cavalcata che per me e per la mia squadra forse è stata la più bella in assoluto della mia storia di Le Mans, ma che poi è stata anche quella con il finale più "tragico". Nel 2007 sarebbe stata per me la vittoria più bella, perché già dopo due giri avevo 10-11 secondi di vantaggio sul secondo. [...] nei primi giri davo tre-quattro secondi a tutti. Dal punto di vista del pilota era una grandissima soddisfazione: guardavo negli specchietti e già dopo due giri non vedevo più nessuno dietro. Lì ho capito che sarebbe stata una grande gara. Poi perdemmo una ruota quando avevamo oltre tre giri di vantaggio sul secondo. Quella è una cosa che ancora oggi non riesco a dimenticare: dal mio punto di vista sarebbe stata la vittoria più bella. La sentivo veramente mia. Dal primo giro è iniziato questo dominio assoluto, che poi è continuato con Tom (Kristensen) e con Allan (McNish). Ogni volta che si saliva in macchina si faceva veramente una grande differenza. Purtroppo poi è finita come è finita. Solo la vittoria del 2008 ha cancellato questa grande delusione, anche se una vittoria persa a Le Mans resta una vittoria persa, che non ci restituirà nessuno.
Intervista di Matteo Senatore e Carlo Platella, formulapassion.it, 18 maggio 2023.
- La F1 è un insieme di fattori che si amalgamano insieme. Non per caso, ma quasi. Ci sono stati anni in cui c'è stato un dominio assoluto di alcune case che avevano un vantaggio tecnico importante. Poi però questo all'improvviso è svanito. Teoricamente si può dire: "Se erano così bravi prima, perché ora non riescono più a fare una macchina decente?". Questo è il motivo per cui dicevo che a volte ci sono delle combinazioni che fanno sì che ci sia un pacchetto che funziona al 100%. [...] Ma non è una persona sola che può fare la differenza. Il pilota in questo momento, per il livello a cui siamo arrivati in F1, può fare un po' di differenza. Però se hai una macchina non competitiva, non c'è pilota che possa chiudere questo gap.
- Io credo che tra Porsche e Audi ci sia una rivalità che va oltre a quello che noi vediamo sul campo. Io l'ho vissuta in prima persona e nonostante si sia "parenti", perché siamo sotto l'ala della stessa mamma [Volkswagen], esiste una rivalità che è davvero pesante. Io l'ho vissuta quando alcuni manager di Porsche sono passati in Audi ed è stato veramente un grosso problema. Manager anche di altissimo livello che dopo pochi mesi hanno abbandonato la nave perché c'erano problemi di incompatibilità tra gli Audiani puri, quelli con i quattro anelli stampati in fronte e nel cuore, e i manager che erano arrivati da fuori.
- Pecco Bagnaia è un pilota simile a me, da buoni piemontesi non ci piace così tanto stare sotto i riflettori e fare grossi show. Ci piace portare a casa il risultato.
Note
modifica- ↑ Citato in Francesco Ippolito, Capello: «Il diesel? Va troppo forte», La Gazzetta dello Sport, 15 aprile 2006.
- ↑ Da Yuri Lo Latte, Audi Sport Italia, intervista a Dindo Capello, tre volte vincitore della 24H di Le Mans, audicafe.it, 13 giugno 2014.
- ↑ Dall'intervista di Matteo Valenti, Dindo Capello: «Audi mi ha regalato la R18. Me lo ricorderò per tutta la vita», automoto.it, 16 febbraio 2015.
- ↑ Dall'intervista di Matteo Senatore e Carlo Platella, Dindo Capello, prima parte – WEC mania: "Sulla velocità Ferrari non c'erano dubbi", formulapassion.it, 8 maggio 2023.
- ↑ Citato in Matteo Senatore, Peugeot 9X8 troppo estrema, rivoluzione in vista?, formulapassion.it, 23 giugno 2023.
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