Pierino Fanna

calciatore italiano

Pierino Fanna (1958 – vivente), ex calciatore italiano.

Citazioni di Pierino Fanna

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Sono interista da sempre. Dopo lo scudetto col Verona ho deciso di rimettermi in gioco. Mi cercava la squadra del cuore. [«E come andò?»] Non erano anni facili, c'era Castagner che poi fu esonerato, arrivò Corso e poi il Trap. Con lui non c'è mai stato feeling dai tempi della Juve, precedenti l'esperienza di Verona. Lui a destra preferiva metterci un mediano. In 5 anni a Torino avrò giocato nella mia posizione solo una decina di partite. E il problema si ripropose all'Inter [...]. Ho sempre rispettato le scelte del Trap, ma non le ho mai capite.[1]
  • [Sull'arrivo al Verona] [...] in principio mi chiesi dove fossi capitato. [...] L'ufficio della sede in cui arrivai, sotto al Bentegodi, era piccolo, angusto. Incontrai i dirigenti, parlammo del contratto di fronte a un frighetto con dentro una bottiglia d'acqua, con i bicchieri di plastica. Venivo dalla Juventus e tutto mi parve disorganizzato. Né andò meglio poco dopo. [...] Iniziammo ad allenarci in città. Al mattino, corsa ed esercizi sulle Torricelle, al pomeriggio all'antistadio. Noi nuovi [...] eravamo alloggiati in una mansarda, all'ultimo piano di un palazzo vicino al Bentegodi. Uscivamo per cena e al ritorno non sto a dire... [...] Il clima era torrido. Andavamo a mangiare ai Torcolotti, il ristorante che c'era dietro Piazza Nogara, in centro storico. Si beveva qualche birra, rientravamo e la temperatura erano infuocata. Non chiudevamo occhio.[2]
  • [Sull'Associazione Calcio Hellas Verona 1982-1983] Venivamo da due sconfitte con Inter e Roma, in partite in cui avremmo meritato di più. Giravano voci su un possibile esonero di Bagnoli se avessimo perso ancora. Vincemmo 2-1 [con la Juventus], segnai il primo gol. Da lì partì una serie di diciassette gare senza sconfitte: fummo primi in classifica, chiudemmo quarti con la finale di Coppa Italia e ci qualificammo alla Coppa Uefa. L'anno più bello. [«Persino meglio di quello dello scudetto?»] Questo non si può dire, ma la squadra [...] era spensierata, vivace, sempre all'attacco. Ogni cosa era un sogno. Tre anni dopo eravamo pronti per realizzare qualcosa di inimmaginabile, a essere campioni d'Italia. E tutto partì davvero in quella magica estate del 1982.[2]
  • Nel mio calcio si partiva dall'allenatore nella costruzione di una squadra. Oggi è tutto molto diverso.[3]

Fanna il diplomato

Intervista di Alfio Tofanelli, Guerin Sportivo n. 26 (140), 29 giugno – 5 luglio 1977, pp. 41-44.

  • Quando Mazzola era all'apice della carriera, mi entusiasmava. Quello scatto rabbioso, la volontà nel cercare il gol, nel tentare i dribbling impossibili. Magnifico. Sì, devo confessarlo. Mi sono molto ispirato a lui.
  • Mi piace molto il passaggio smarcante, il tocco in rifinitura [...]. Però resto anche un innamorato del gol. [...] non è tanto per il gol in se stesso. E perché quando vai a rete hai la netta impressione di aver concluso il tuo lavoro. Hai dato concretezza ad una tua idea.
  • Ho ammirato la Juventus di quest'anno [...] perché, nonostante una precisa disciplina tattica di base, la squadra ha potuto far sbizzarrire i suoi solisti di gran classe, diciamo Causio, Bettega o lo stesso Tardelli.
  • Per giungere lontano nel calcio bisogna rimanere sempre umili e sapersi assoggettare a tutti i sacrifici. Non lo dico per fare il saputello o per adoperare frasi fatte. Da quando sono arrivato [...] a Bergamo, venendo dal paese, e avevo tredici anni, l'ho capito a mie spese. [...] E tutto per questa mia voglia di dare calci ad una palla. Era una mia idea fissa e un giorno ho preso la grande decisione. Noi friulani siamo gente chiusa, ma testardi. E così me ne sono andato di casa. Ho sofferto molto perché sono attaccatissimo alla mia terra e alla famiglia, però ho trovato la decisione di andarmene ugualmente. [...] se fossi tornato indietro, oppure se lo facessi ora, il tutto sognificherebbe che faccio le cose superficialmente. E non è assolutamente così.
  • Quando nacqui, e mio padre vide che ero un maschio corse a comprare il regalo obbligatorio per mia madre: comprò un pallone.

Intervista di Gianni Mura, la Repubblica, 28 maggio 1985.

  • Clodig è una frazione di Grimacco, a un passo dalla frontiera jugoslava. Cento abitanti, in maggioranza si parla sloveno, anche mia mamma è slovena. Mio padre [...] era Friulano di Moimacco, tra Cividale e Udine. Lì siamo andati a vivere quando avevo dodici anni. A Clodig c'era un solo spiazzo dove giocare a pallone, una cinquantina di metri tutti in discesa. Prima si dovevano mettere nel pollaio le galline e i conigli, don Azelio non veniva a prenderci per le orecchie perchè c'era da andare a dottrina o a rosario. Organizzavo i derby con le frazioni della zona. Col Grimacco, si andava a giocare sul monte San Martino, tre ore di camminata nei boschi all'andata, tre ore al ritorno. Ho sempre avuto un pallone fra i piedi, non so perchè, forse perchè non c'era niente altro.
  • Sono entrato nelle giovanili dell'Udinese con il numero 10, ma in verità ho sempre fatto l'ala e calciato indifferentemente con i due piedi. [...] A quattordici anni [...] mi chiede l'Atalanta, che stava in serie A, e l'Udinese in C. Stranamente, l'Udinese mi lasciò andare [...]. Mia madre era un po' preoccupata, io ero l'unico maschio, con tre sorelle [...]. State tranquilli, disse l'Atalanta ai miei, Pietro lo mettiamo in collegio dai preti, starà benone. Beh, veramente mica tanto. Ho passato due anni difficili, in una grande città come Bergamo, io abituato a stare per i prati tutto il giorno, senza rendere conto a nessuno. [...] c'erano dei giorni, quando lavavo maglie, calzini e mutande nell'acqua fredda, che mi chiedevo se era giusto o sbagliato, e come sarebbe andata a finire. [...] se adesso mi sento un bergamasco d'adozione è per via di quegli anni lì, duri ma utili.
  • [Sull'esperienza nella Juventus] È stato un sogno e tanti bocconi amari. Il periodo critico nella vita di un calciatore è fra i quindici e i diciotto anni. Puoi andare alla Juve o all'Acquapozzillo, ti giochi la carriera. Io ero alla Juve, ma in confronto stavo meglio in collegio dai preti, ero meno solo. Ho trovato molta concorrenza, Causio e Bettega, Virdis e Marocchino, mi sentivo sempre sotto esame. Da fuori, è facile giudicare, dire che Fanna non ha morale. [...] che morale può avere se non gioca quasi mai, o solo spezzoni? Se a Bergamo ho tanta gente da ringraziare, a Torino solo Cabrini, che mi ha tenuto un po' di compagnia. A un certo punto sono andato da Boniperti e ho detto: dimezzatemi l'ingaggio, i premi, però fatemi giocare. La società aveva altri programmi, arrivavano gli stranieri, ho chiesto io di essere ceduto [...], importante era giocare da titolare.
  • [Sull'Associazione Calcio Hellas Verona 1984-1985] Abbiamo dimostrato che non serve il risultato clamoroso ma la continuità di risultato. Abbiamo giocato bene e a lungo in sedici, facendo a meno per dei mesi di Sacchetti, di Ferroni, di Elkjaer. Se dovessi dire chi è stato il miglior giocatore del campionato direi Volpati. Non perchè è del Verona, ma per come gioca dappertutto e per lo spirito con cui gioca. Certo, ha trentaquattro anni e non è mai stato in nessuna Nazionale, ma per noi è stato più utile di Platini, di Maradona.
  • Come mi considero? Un buon professionista. L'avvocato Agnelli pare abbia detto che mi perdo negli ultimi sedici metri. Beh, grazie, non è la mia zona, segnassi quindici gol all'anno non sarei Fanna. Preferisco farli segnare, anche da giovane ho sempre avuto un gioco altruistico. Rispetto alle ultime grandi ali, Causio e Conti, penso di essere meno giocoliere e più veloce nello spunto profondo, l'unica cosa che mi interessa è saltare l'uomo.

Un calcio al passato

Intervista di Carlo Felice Chiesa, Guerin Sportivo nº 25 (699), 22-28 giugno 1988, pp. 60-64.

  • In carriera non mi era mai capitato di rimanere all'asciutto. A Bergamo conquistammo la promozione in A, con la Juve tre scudetti, col Verona un titolo che è rimasto storico: proprio con l'Inter, la squadra per cui ho sempre avuto un debole fin da bambino, è dovuto succedere di fallire ogni traguardo. Un peccato, un dispiacere che farò fatica ad inghiottire.
  • [Sul Football Club Internazionale Milano 1987-1988] È stato un campionato tutto all'insegna della sofferenza e della poca tranquillità. Una stagione che si è lacerata subito e che non siamo mai riusciti a ricucire veramente. Forse ci ha nuociuto soprattutto l'incompatibilità di gioco tra Matteoli e Scifo: il centrocampo è la zona più delicata, le sue disgiunzioni fatalmente si ripercuotono su tutti gli altri reparti. E quando le cose non girano, quando anche le trame più elementari non riescono, allora subentra l'apprensione e tutto diventa più difficile.
  • [...] magari qualcuno dirà che sono un giocatore da provincia e non da grande squadra. Figuriamoci: tra l'altro posso dire per esperienza che caso mai è proprio in provincia che è più difficile confermarsi: perché l'ambiente è più tranquillo, è vero, ma nel contempo si corre il rischio che diventi... soporifero. Nella grande città sei sempre sulla corda, in tensione, con obiettivi di primo piano che non puoi permetterti di fallire.
  • Potrà sembrare banale, ma io ho sempre vissuto il calcio con entusiasmo, per divertirmi e divertire: non appena mi sono mancate le condizioni per continuare a vivere il pallone come voglio io ho deciso di cambiare aria.
  • [...] fin da bambino, quando giocare a pallone era soprattutto divertirsi a sognare, dicevo a me stesso che se fossi riuscito a diventare calciatore avrei avuto soprattutto un'ambizione da coltivare: arrivare a vestire la maglia dell'Inter, per ripetere i successi che i miei idoli, Mazzola in testa, conquistavano in quei tempi. Andandomene da Milano, lascio... la bocca amara a quel bambino. Pazienza.

Intervista di Luca Tronchetti, iltirreno.it, 25 aprile 2021.

  • Allo stadio non vado più da tempo e da qualche anno guardo un quarto d'ora di partita e poi cambio canale. Il calcio non più piace più: il Var che spezza di continuo le partite, le tattiche esasperate, la scarsa tecnica individuale sono lontane anni luce da quello che era il mio mondo.
  • Sono nato in un paesino di 100 anime: Clodig, dietro a Caporetto, nella valle del Natisone. [...] Campi di calcio non ce n'erano. C'era la natura: boschi, prati, ruscelli, animali. Sono nato libero con un pallone tra i piedi. [...] E ho imparato la tecnica di base riuscendo, tra sbucciature alle ginocchia e bernoccoli in testa, a controllare la sfera di cuoio, quella pesante marrone con i lacci cuciti a mano, nelle discese delle stradine bianche del borgo. [...] la mia infanzia è una palla che rotola e che mi portavo a letto, le nuotate nei fiumi gelidi, le corse a perdifiato nella natura.
  • [«All'età di quattordici anni ecco l'Atalanta»] Ricordo le raccomandazioni di mio babbo e i pianti della mamma. Andavo a Bergamo che per me era come andare a New York. Oggi a 14 anni si presentano sul campo con creste, orecchini e scarpette fosforescenti. Per me il massimo di quel periodo è stato quando il capitano della formazione orobica, Giampiero Marchetti, che aveva giocato nella Juve e in azzurro, mi lanciò gli scarpini dicendomi "ragazzino, sformami le scarpe". Come se mi avessero regalato una Ferrari.
  • [Su Osvaldo Bagnoli] [...] con lui si giocava a vincere. Con Liedholm è stato il tecnico più innovativo degli anni Ottanta. Voleva che con tre passaggi andassimo in porta e s'incazzava quando i difensori non salivano.
  • Ricordo il Capodanno del 1984 quando una decina di noi passammo San Silvestro assieme alle nostre compagne in un ristorante del Cavalese. A mezzanotte feci alzare i calici per un brindisi che divenne il mantra dello scudetto: "O quest'anno o mai più".

Citazioni su Pierino Fanna

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  1. Dall'intervista di Luca Taidelli, Fanna: "Atalanta come una famiglia, Inter nel cuore. Dea più intensa, ma Dzeko e Lautaro...", gazzetta.it, 23 settembre 2021.
  2. a b Dall'intervista di Matteo Fontana, Piero Fanna, quando Bagnoli inventò l'Hellas: «Spensierati e sempre all'attacco, ogni cosa era un sogno», corrieredelveneto.corriere.it, 6 agosto 2022.
  3. Dall'intervista di Alessio Faccincani, Fanna: «Bocchetti si è ritrovato in un campo di patate bollenti, l'Hellas deve ripartire dal gruppo», larena.it, 9 novembre 2022.

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