Paul Hoffman (divulgatore)
scrittore, divulgatore scientifico e conduttore televisivo statunitense
Paul Hoffman (1956 – vivente), scrittore, biografo, divulgatore scientifico, giornalista e conduttore televisivo statunitense.
L'uomo che amava solo i numeri
modifica- [Paul Erdős] Il suo motto non era «una donna in ogni porto», ma «una dimostrazione in ogni nazione». Fece matematica in più di venticinque paesi diversi, sviluppando importanti dimostrazioni in posti fuori del mondo, e pubblicandole a volte su riviste altrettanto oscure. (p. 8)
- Erdős fece per la prima volta matematica all'età di tre anni, ma negli ultimi venticinque della sua vita, dopo la morte della madre, le dedicava diciannove ore al giorno, tenendosi in piedi con dieci-venti milligrammi di benzedrina o Ritalin per volta, caffè forte e compresse di caffeina. «Un matematico» amava dire «è una macchina per trasformare caffè in teoremi.» Quando gli amici lo esortavano a prendersela un po' più calma, la sua risposta era sempre la stessa: «Ci sarà tempo per riposare sotto terra». (p. 8)
- Un metro e sessantacinque circa di altezza, cinquantanove chili di peso, Erdős aveva l'aspetto avvizzito e cadaverico di un tossicodipendente, ma i suoi amici sostengono che era gracile e macilento già ben prima di iniziare a prendere anfetamine. Aveva i capelli bianchi, e lunghi baffi a cavatappi gli spuntavano da angoli diseguali del volto. Di solito indossava una giacca grigia a righine, pantaloni scuri, una camicia o una giacca da pigiama rossa o senape, e dei sandali o delle curiose scarpe di cuoio ungheresi a forellini, fatte apposta per i suoi piedi piatti e i suoi tendini deboli. Tutto il guardaroba gli stava in un'unica valigetta, e rimaneva ancora spazio per una mastodontica radio. Aveva così pochi vestiti che chi l'ospitava era costretto a lavargli calze e mutande più volte alla settimana. (pp. 9-10)
- Graham e Erdős si direbbero una coppia improbabile: se Graham è uno dei più grandi matematici del mondo, non ha, come l'amico, rinunciato al corpo per la mente. Anzi, continua a spingere tutti e due all'estremo. Alto quasi un metro e novanta, capelli biondi , occhi azzurri e lineamenti cesellati, a sessantadue anni ne dimostra almeno dieci anni di meno. Sa far giochi di destrezza con sei palle ed è stato presidente dell'associazione internazionale dei giocolieri. È anche un campione del telone elastico e, al college, passava per un acrobata da circo. (p. 18)
- Se Erdős poteva star seduto per ore, Graham è sempre in movimento. Nel bel mezzo della soluzione di un problema matematico, scatta e si mette dritto sulle mani, a piedi in aria, o afferra quello che gli capita sotto tiro e inizia a farci giochi di destrezza, o sale sulla specie di trampoli supermolleggiati che tiene in ufficio e si mette a saltare su e giù. (p. 18)
- Per quanto fosse un genio, Gödel non era il prototipo della salute mentale. Ossessionato da spettri e demoni e da immaginari disturbi cardiaci, passò da una clinica all'altra, da adulto, per le depressioni e le gravi crisi d'ansia di cui soffriva. Era sempre stato schizzinoso nel mangiare, ma con l'avanzare dell'età iniziò a nutrirsi sempre meno, rifiutando di accettare cibo da chiunque tranne che da sua moglie Adele: temeva che si cercasse segretamente di avvelenarlo. A sessantaquattro anni giunse a pesare trentanove chili. Verso la metà del 1977, quando Adele fu ricoverata in ospedale per un grave intervento chirurgico, smise di mangiare del tutto, fino a morirne, nel gennaio dell'anno successivo, all'età di settantun anni. (p. 108)
- [Sophie Germain] I genitori [...] non la incoraggiarono, anzi condividendo l'opinione della classe media del tempo che le ragazze non dovessero occuparsi di numeri, le nascondevano i libri di matematica. Ma la Germain li trovava e, nel cuore della notte, lontana da sguardi di disapprovazione, vi si immergeva. Quando i genitori se ne accorsero, passarono a misure estreme. Per renderle più difficile, una volta che era andata a letto, uscire da sotto le coperte, le sottraevano i vestiti e portavano via dalla sua stanza ogni fonte di luce e di calore. Lei però, con una riserva segreta di candele li sconfisse di nuovo, e allora si rassegnarono a tollerare la sua passione per la matematica e finirono addirittura per sostenerla. (p. 174)
- I numeri di Smith [...] nacquero da un numero telefonico. Nel 1982 Albert Wilansky della Lehigh University notò (e solo lui sa come) che il numero telefonico di suo cognato, H. Smith, aveva la peculiare proprietà che la somma delle sue cifre era eguale alla somma delle cifre dei suoi fattori primi. Chiaro? Il numero di telefono di Smith, 4937775, poteva essere espresso come prodotto di fattori primi: 4.937.775 = 3 x 5 x 5 x 65.837; e la somma delle sue cifre originarie (4 + 9 + 3 + 7 + 7 + 7 + 5) era 42 come la somma delle cifre dei suoi fattori primi (3 + 5 + 5 + 6 + 5 + 8 + 3 + 7). (p. 189)
- Nei suoi momenti di maggiore lucidità, Cantor si era chiesto se esistesse un infinito più grande dei numeri naturali ma più piccolo dei reali. Era convinto che un insieme infinito del genere non ci fosse, ma non riuscì a dimostrare questa congettura, chiamata Ipotesi del continuo. Al secondo Congresso internazionale dei matematici, tenutosi a Parigi nel 1900, Hilbert, nel discorso forse più famoso della storia della matematica, pose ventitré problemi che asserì, esigevano a tutti i costi una soluzione nel nuovo secolo. Al primo posto nella lista c'era la dimostrazione dell'Ipotesi del continuo. Molto dopo la morte di Cantor, anche Gödel cercò di dimostrarla ma, come gli altri, invano. Nel 1963 l'ex assistente di Gödel, il ventinovenne Paul Cohen, lasciò senza parole la comunità matematica con la dimostrazione che l'Ipotesi del continuo non avrebbe mai potuto essere dimostrata con gli assiomi matematici d'uso comune. Dimostrò che si poteva darla per vera o falsa, a piacere, senza contraddire altri risultati riguardanti gli insiemi infiniti. (p. 207)
Bibliografia
modifica- Paul Hoffman, L'uomo che amava solo i numeri (The Man Who Loved Only Numbers), traduzione di Massimo Parizzi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1999. ISBN 88-04-45843-7
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