Offensiva azera nel Nagorno Karabakh del 2023
Citazioni sull'offensiva azera nel Nagorno Karabakh del 2023.
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modifica- È chiaro a tutti che la Russia ha tradito la popolazione armena. [...] La Russia voleva avere soldati dislocati sul terreno per garantire l'accordo di pace e sicurezza. Ma l'operazione militare è stata lanciata senza alcune reazione da parte delle forze di pace russe presenti sul territorio. L'Unione Europea, invece, non ha alcuna presenza militare sul territorio. (Charles Michel)
- Il mondo ci ha abbandonato, ci hanno voltato le spalle tutti: Russia, Armenia, Occidente. (Samvel Šahramanyan)
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- Il loro obiettivo è quello di invadere tutta l’Armenia, un pezzo alla volta. Dal 2020 a oggi hanno già rosicchiato molti chilometri quadrati di terra armena e stiamo parlando di un paese piccolo. Ecco perché ora bisogna pensare velocemente a come difendere l’Armenia.
- Il regime di Baku offrirà rassicurazioni, certo, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. Magari garantiranno l’integrità fisica degli armeni, ma come li tratteranno? Come si comporteranno con i giovani coscritti, i ventenni che hanno combattuto contro il loro esercito se già adesso rapiscono le persone accusate di aver combattuto nella guerra degli anni Novanta? Ripristineranno poi elettricità e gas a tutti i villaggi armeni? Ci sono tanti modi per strangolare un popolo e quando l’attenzione mediatica e internazionale scemerà, gli daranno il colpo di grazia.
- È evidente che l’Ue non farà mai per l’Armenia ciò che ha fatto per l’Ucraina, anche se la situazione è analoga e anche se l’Armenia è una democrazia molto superiore a quella ucraina.
- Spero che i 120 mila armeni dell’Artsakh trovino una casa in Armenia e che l’Armenia riesca a difendersi: può farlo ma deve trovare una via d’uscita. Se perde ancora territori, senza fare niente, anche l’Armenia farà la fine del Nagorno-Karabakh.
- Con una mossa largamente prevedibile, che solo la volontaria cecità dell’intero Occidente può chiamare sorprendente, qualche giorno fa è stato scatenato l’attacco definitivo, con l’impiego di una potenza bellica tale da travolgere ogni resistenza. Sono bastate 24 ore: il governo autonomo dell’Artsakh si è piegato e sta «trattando» la resa.
- Mentre i cosiddetti negoziati sono in corso, la gente dell’Artsakh ha gettato la spugna e ha cominciato a scappare. Nella piccola capitale Stepanakert, una cittadina linda e piacevole al centro di una conca verdeggiante, arrivano con tutti i mezzi e con le loro povere cose i contadini dei villaggi. Hanno distrutto quello che potevano, ma sanno - per triste esperienza - che le loro chiese saranno dissacrate e vandalizzate, le loro tombe aperte e le ossa dei loro cari sparse al vento, come è già successo nei territori perduti dopo la guerra del 2020. Sanno che l’intento preciso dei conquistatori è quello di fare terra bruciata di migliaia di anni di civiltà armena in quei luoghi e di riscrivere la storia, come è puntualmente e totalmente avvenuto nell’altro territorio - armeno da millenni - che era stato attribuito da Stalin alla sovranità azera, il Nakhicevan. E questo è propriamente genocidio, come da definizione dell’Onu del dicembre 1948: dopo l’eliminazione fisica, estirpare anche ogni traccia della cultura del popolo annientato.
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- Noi siamo evidentemente distratti in Europa e in Occidente da avvenimenti a noi più vicini, come la guerra in Ucraina, ma nel Nagorno Karabakh da anni c'è una sequela di eventi politicamente e militarmente gravissimi.
- L'escalation di questi giorni è probabilmente il tentativo da parte dell'Azerbaijan di sfruttare la sua posizione di grandissimo vantaggio economico e militare per imporre la propria visione dei fatti. Ma questo significa in sostanza che la popolazione armena del Nagorno Karabakh, che giuridicamente fa parte dell'Azerbaijan ma che aveva e dovrebbe avere all'interno del Paese uno statuto di autonomia, non lo avrà e verrà sostanzialmente posta nella quasi certa prospettiva di abbandonare per sempre le proprie case, la propria storia e il proprio patrimonio culturale. Io credo che non ci sia sufficiente consapevolezza dalle nostre parti della gravità della situazione.
- L'Armenia e in particolare gli armeni del Nagorno Karabakh non hanno nessuna possibilità di resistere all'aggressione dell'Azerbaijan, quindi quello che va detto molto chiaramente è che c'è un intera regione, il Nagorno Karabakh per l'appunto, storicamente e culturalmente armeno, che rischia di essere completamente privato della sua popolazione e c'è un altro Paese, la Repubblica d'Armenia che, a sua volta schiacciata tra Azerbaigian e Turchia, è in una situazione oggettivamente gravissima.
- Se l'Occidente volesse – e potrebbe farlo – sanzionare l'Azerbaijan dal punto di vista economico avrebbe una leva importante per fermare l'aggressione che sta compiendo ai danni degli armeni. Certo, ci sarebbe bisogno di un impegno forte ma nel momento in cui l'Europa e l'Occidente sono tanto impegnati a difendere l'Ucraina aggredita dalla Russia, fa un po' specie vedere che ci sia così poca attenzione nei confronti degli armeni e dell'Armenia che è assai più piccola e assai più minacciata di quanto lo sia la stessa Ucraina.
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- All’esercito azero sono bastate 24 ore per ottenere la resa dell’enclave armena del Nagorno Karabakh. I combattimenti, che hanno provocato un centinaio di morti, si sono conclusi il 20 settembre, quando i leader dell’enclave hanno accettato le condizioni di Baku. È la fine della repubblica autoproclamata d’Artsakh, nome con cui gli indipendentisti chiamano il Nagorno Karabakh.
- Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan sapeva che aiutando gli armeni dell’enclave avrebbe corso il rischio che l’Azerbaigian, la cui forza militare è nettamente superiore rispetto a quella armena, allargasse il fronte della guerra, estendendolo al resto dell’Armenia. In quel caso, evidentemente, Pashinyan sarebbe andato incontro a una sconfitta ancora più drammatica. Dunque ha scelto di sacrificare il Nagorno Karabakh per salvare l’Armenia.
- La Russia, per calcolo o per impossibilità, a causa del suo impegno in Ucraina, è rimasta a osservare. La scelta è un segno di debolezza di Mosca in questa regione del Caucaso, in cui si stanno affermando altre potenze, prima tra tutte la Turchia, molto attiva a sostegno di Baku.
- È una tragedia post-sovietica, ma anche il riflesso dell’inquietante deriva del mondo attuale. La storia racconterà la dissoluzione dell’autoproclamata repubblica di Artsakh, il Nagorno Karabakh, annunciata il 28 settembre dai suoi leader sconfitti. Ma ricorderà soprattutto una nuova pulizia etnica di massa, pratica medievale che va avanti di guerra in guerra.
- Nemmeno un singolo armeno vorrà restare sotto il dominio azero. Così la pulizia etnica sarà compiuta, segnando una tragica regressione che niente e nessuno, nel contesto attuale, può fermare.
- Siamo davanti alla fine di questa vicenda? Purtroppo è lecito temere che non sia così. La mappa della regione presenta altre aree calde. L’Azerbaigian controlla anche un’enclave popolata da azeri, il Naxçıvan, nel sud dell’Armenia, vicino al confine con la Turchia. Il governo di Baku pretende l’apertura di un corridoio per collegare i due territori, che dovrebbe passare sul suolo armeno e costeggiare l’Iran. Se gli azeri cercheranno di sfruttare la loro superiorità militare per ottenere questo passaggio, il rischio evidente è quello di una nuova guerra.
- Donne, uomini, anziani [armeni] che tirano fuori i vecchi fucili usati nella guerra del 1994, l'unica cosa che li separa da un nuovo sfollamento di massa, come quello che abbiamo visto in diretta mondiale nei giorni scorsi dall'Artsakh, come gli armeni chiamano il Nagorno Karabakh. Fra i caduti, molti di 40 e 50 anni, riservisti e volontari, anche professori universitari. Una guerra di popolo, come quella ucraina. E quando la guerra è di popolo, le scene della disfatta sono tremende.
- L'anziana [armena] che dice addio al villaggio, l'uomo che bacia la casa, un altro che salva i peluche dei figli prima di dare fuoco a tutto, un preside che brucia la propria scuola, chi porta via le tombe, i ragazzi che formano un cerchio e intonano canti antichi mentre dicono addio alle chiese... L'armeno è il "popolo fedele".
- Nessuno oggi si è mosso per gli armeni. E in Armenia il dopoguerra sembra sempre un anteguerra. È come se il genocidio del 1915 non fosse avvenuto e la lunga via della croce di questo popolo continuasse per sempre. Questa isola democratica e cristiana nel Caucaso è rimasta sola: abbandonata dai russi cinici e affaccendati altrove, lontana dai radar dell'America, inservibile all'Europa nel grande gioco energetico, la piccola "Gerusalemme del Caucaso" attende come in un supplizio cinese un altro giro della storia.
- [...] ora che è caduto il Nagorno Karabakh, trema Yerevan. [...] A sentire il capo dello stato turco parlare degli armeni come dei "resti della spada", si dubita che [gli azeri] abbiano finito. Sentendo il suo vassallo azero Ilham Aliyev affermare il suo desiderio di "cacciarli via come cani" dall'Artsakh o anche dal sud dell'attuale Armenia (Syunik), viene da dubitare che il genocidio sia una pagina di storia e basta. A vedere anche la sua politica di distruzione delle tracce della civiltà armena nei territori conquistati durante la "guerra dei 44 giorni" (settembre-novembre 2020), viene da dubitare: i turchi non fecero la stessa cosa tra il 1915 e il 1922, distruggendo 1.036 chiese e monasteri e 691 istituzioni religiose?
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