Aldo Ferrari

storico e filologo italiano, esperto di Russia, Caucaso e armenistica (1961-)

Aldo Ferrari (1961 – vivente), docente, storico e politologo italiano.

Citazioni di Aldo Ferrari

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  • [Sulla ribellione del Gruppo Wagner] Gli avvenimenti delle ultime ore in Russia sono da un lato sorprendenti e gravissimi, dall’altro sono il frutto di circostanze senza precedenti: mai prima d’ora, e in un paese fortemente autoritario come la Russia di oggi, era capitato che una milizia privata arrivasse ad assumere un tale potere da permettersi di rivaleggiare con lo stato maggiore della Difesa. Lo scontro aperto mostra come Vladimir Putin, che finora sembrava controllare le frizioni tra il capo della Wagner e i suoi generali, in realtà non abbia la situazione in mano. Tutto dipenderà da cosa accade nelle prossime 48 ore e da come reagiranno le unità dell’esercito di fronte alla sfida aperta da Prigozhin. Anche se quello lanciato dal capo della Wagner sembra più l’azzardo di un giocatore spregiudicato che il piano di uno stratega.[1]

Da La Russia e l'Occidente. Visioni, riflessioni e codici ispirati a Vittorio Strada, Marsilio Editori, Venezia, 2020, pp. 307-318. ISBN 9788829706518

  • Trubeckoj e gli altri principali eurasisti, tra i quali Roman Jakobson, Georgij Florovskij, Dmitrij Svjatopolsk-Mirskij, Georgij Vernadskij e Pëtr Savickij, partivano [...] dal presupposto che la Russia non faccia parte né dell’Europa né dell’Asia, ma costituisca una distinta area geografica e storico-culturale che dovrebbe affermare la propria specificità rifiutando l’inserimento nello spazio culturale europeo e occidentale.
  • Il discorso neo-eurasista ha conosciuto una forte diffusione nel mondo post-sovietico, rappresentando l’espressione culturalmente più radicale dell’orientamento anti-occidentale della Russia. Inoltre, l’obbiettivo di riunire i territori che facevano parte dell’impero russo e dell’Unione Sovietica è alla base di ogni progetto neo-eurasista.
  • Il progetto della Grande Eurasia affonda quindi le sue radici nella visione eurasista, che costituisce l’espressione più radicale della «ideologia russa». Al tempo stesso, però, questo progetto costituisce una reazione al crescente contrasto della Russia con l’Occidente maturato negli anni del potere di Putin e si pone come una risposta alla straordinaria crescita politica ed economica dell’Estremo Oriente. Mosca sembra trovarsi molto a suo agio – tanto pragmaticamente quanto ideologicamente – in uno scenario internazionale che tende sempre più a configurarsi come un gioco tra grandi potenze che perseguono i propri interessi nazionali in maniera in larga misura indipendente tanto dalle istituzioni multilaterali esistenti quanto dai valori liberali dell’Occidente. Nel «nuovo ordine post-occidentale» che sta attivamente contribuendo a costruire, la Russia rischia però di trovarsi nuovamente in una posizione subalterna, nei confronti della Cina invece che degli Stati Uniti. E questo essenzialmente a causa di un insufficiente dinamismo economico e sociale che limita fortemente le sue aspirazioni. Senza un sostanziale sviluppo interno, nell’ambito della Grande Eurasia il ruolo della Russia sarà limitato essenzialmente alla forza militare e all’esportazione di materie prime, quindi inevitabilmente inferiore a quello della Cina. Davvero troppo poco per un paese dalle potenzialità così grandi, che dovrebbe e potrebbe valorizzare la sua straordinaria posizione eurasiatica molto meglio di quanto stia avvenendo.

Da I default russi sono figli di scelte politiche (sbagliate). Parla lo storico Ferrari

Intervista di Mariarosaria Marchesano, Il Foglio Quotidiano, 19 marzo 2022, p. XVI

  • Durante i decenni seguiti alla rivoluzione comunista il paese [Russia] ha disperso le sue competenze e non ha allenato la capacità al lavoro e alla produzione preferendo vivere di rendita grazie all’immensa ricchezza di risorse naturali, esattamente l’opposto di quello che ha fatto la Cina, che dall’esperienza post sovietica ha tratto una grande lezione.
  • Il default [della Russia] del 1998 ha cause opposte perché è il frutto del collasso dell’economia post sovietica e dell’apertura mal gestita alla concorrenza internazionale di un sistema autarchico e fragile. [...] Ma vi contribuì in modo decisivo il ribasso del prezzo del petrolio durato per tutti gli anni Novanta.
  • Il sogno di un marxismo universale portò i rivoluzionari a rifiutare una via d’uscita al problema dell’enorme debito pubblico contratto dalla Russia zarista, soprattutto con Francia e Inghilterra. L’idea era di abbattere il sistema capitalista, non di scendervi a patti.

Intervista di Matteo Innocenti sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Sapere.it, 24 febbraio 2022

  • Se fino a ieri l’azione russa per quanto brutale poteva avere un senso, quello di oggi è qualcosa di assolutamente diverso: una vera e propria invasione, non provocata militarmente, che provocherà e sta già provocato vittime, isolerà la Russia in modo ancor più profondo dall’Occidente e dall’Ucraina. Attaccare un Paese del quale si afferma che è vicino e fraterno, è un’azione del tutto controproducente non solo agli occhi della comunità internazionale, ma anche degli ucraini.
  • Nella narrativa russa, che ha alcuni aspetti di realtà, in Ucraina ci sono formazioni di estrema destra che si rifanno a gruppi che nella Seconda Guerra Mondiale collaborarono con i nazisti, contro i sovietici. Gruppi che si rifanno a quell’ideologia sono presenti in Ucraina e hanno avuto un ruolo importante negli eventi che hanno portato alla caduta del presidente Viktor Janukovyč nel 2014.Tuttavia, parlare di "Ucraina da denazificare" è un’arma retorica di scarso significato storico, culturale e politico.
  • Dal punto di vista etnico il Donbass, che si trova nella parte orientale del Paese e confina con la Russia, è una zona nettamente russofona, ma molti abitanti sono e si considerano ucraini.
  • Riconoscendo le due repubbliche separatiste, la Russia ha violato il diritto internazionale e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Azione molto forte, parallela a quella compiuta nel 2008 in Georgia, con il riconoscimento delle repubbliche di Abcasia e Ossezia del Sud. Questo assicura alle regioni una sicurezza militare forte e chiara, rispetto agli Stati di appartenenza. [...] Sono Stati de facto, ma non de iure, e questo rende praticamente impossibile tante cose, come viaggiare. Gli abitanti delle due repubbliche dipendono dalla Russia, ma sono residenti in Ucraina
  • Il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche è andato a toccare il punto cruciale degli Accordi di Minsk 2, ovvero l’obbligo di Kiev di progettare una forma di ampia autonomia che invece il nuovo governo non ha mai voluto realizzare. È questo il principale rimprovero mosso all’Ucraina dalla Russia, che ha deciso di risolvere in altro modo: le repubbliche di Donetsk e Luhansk sono, per quanto importanti economicamente e demograficamente, il cuneo che Mosca inserisce nel corpo vivo dell’Ucraina per renderne difficile se non impossibile l’ingresso nella Nato.

Intervista di Gabriella Mazzeo, Fanpage.it, 5 maggio 2022

  • Militarmente l'Ucraina non può sconfiggere la Russia, non ne ha le forze. Ha comunque mantenuto una prestazione sul campo nettamente migliore di quello che l'Occidente si aspettava, ma sta perdendo molti territori nel Sud, dalla Crimea al Donbass, anche se l'avanzata russa è lenta. L'Ucraina da questo punto di vista non sta vincendo la guerra, ma ci sono molti modi di interpretare una vittoria. La Russia da una parte ha portato a casa conquiste militari, dall'altra ha dovuto ridimensionare le sue mire nonostante l'ampio vantaggio dal punto di vista dei mezzi bellici a disposizione. In quest'ottica Mosca non sta affatto vincendo. Il successo dell'Ucraina sta nel riuscire a impedire una netta vittoria russa, trattando così da un punto di vista di relativa forza. Questo può ottenerlo con l'appoggio dell'Occidente.
  • Se la Russia riuscisse a conquistare il Donbass potrebbe volere la firma di un accordo con Kiev. In Occidente però ci sono Paesi che non vogliono un raggiungimento di un compromesso: gli Stati Uniti puntano a indebolire la Russia e Putin. Per questo potrebbero spingere Kiev a non accettare nulla che non sia il ritiro delle truppe russe da tutti i territori acquisiti finora. Questo allontana la fine del conflitto.
  • Il potere personale di Putin si basa ampiamente sul prestigio politico e militare in patria. Finora la popolazione russa ha valutato in maniera positiva l'operato di Putin: economicamente, soprattutto nei primi 10 anni, Mosca ha visto grandi miglioramenti. Dal punto di vista internazionale, invece, è sempre riuscita a cavarsela perché Putin, anche nelle operazioni più rischiose, si è mosso con grande abilità. Non ha commesso errori gravissimi neppure in circostanza come quelle dell'annessione della Crimea, passata in sordina. Se non riuscisse a sconfiggere l'Ucraina, il suo prestigio sarebbe compromesso. La possibilità di una sua caduta in quel caso non sarebbe remota.
  • La Russia attualmente non regge il passo né degli Usa né della Cina dal punto di vista economico. La sconfitta renderebbe Mosca isolata e ancora più dipendente da Pechino. Di conseguenza i loro rapporti ne uscirebbero molto più forti.

Intervista di Fausto Biloslavo sulla ribellione del Gruppo Wagner, Ilgiornale.it, 26 giugno 2023

  • La possibilità che scoppi una guerra civile in un paese come la Russia, bicontinentale e con un arsenale nucleare, è incredibile e terribile. Evidentemente c'è stata una desistenza delle forze regolari alla marcia della Wagner. E a Rostov una collaborazione dei vertici militari
  • Non credo a Putin regista occulto dell'operazione. Esce indebolito da questa storia. L'immagine di sicurezza, che ha sempre emanato, è incrinata.
  • Prigozhin è molto popolare, ma esiste la possibilità che venga eliminato. I vertici militari vogliono liberarsi di questa spina nel fianco. La domanda è quanto Putin controlli veramente i collaboratori. Più che rivoluzionaria è una situazione da tardo impero. Simile a una guerra fra bande che si contendono il controllo dello Stato, con la guida indebolita.
  • Se Prigozhin non fosse tornato indietro, una guerra civile russa avrebbe avuto riflessi devastanti.

Intervista di Ida Artiaco sull'offensiva azera nel Nagorno Karabakh del 2023, Fanpage.it, 20 settembre 2023

  • Noi siamo evidentemente distratti in Europa e in Occidente da avvenimenti a noi più vicini, come la guerra in Ucraina, ma nel Nagorno Karabakh da anni c'è una sequela di eventi politicamente e militarmente gravissimi.
  • L'escalation di questi giorni è probabilmente il tentativo da parte dell'Azerbaijan di sfruttare la sua posizione di grandissimo vantaggio economico e militare per imporre la propria visione dei fatti. Ma questo significa in sostanza che la popolazione armena del Nagorno Karabakh, che giuridicamente fa parte dell'Azerbaijan ma che aveva e dovrebbe avere all'interno del Paese uno statuto di autonomia, non lo avrà e verrà sostanzialmente posta nella quasi certa prospettiva di abbandonare per sempre le proprie case, la propria storia e il proprio patrimonio culturale. Io credo che non ci sia sufficiente consapevolezza dalle nostre parti della gravità della situazione.
  • L'Armenia e in particolare gli armeni del Nagorno Karabakh non hanno nessuna possibilità di resistere all'aggressione dell'Azerbaijan, quindi quello che va detto molto chiaramente è che c'è un intera regione, il Nagorno Karabakh per l'appunto, storicamente e culturalmente armeno, che rischia di essere completamente privato della sua popolazione e c'è un altro Paese, la Repubblica d'Armenia che, a sua volta schiacciata tra Azerbaigian e Turchia, è in una situazione oggettivamente gravissima.
  • Se l'Occidente volesse – e potrebbe farlo – sanzionare l'Azerbaijan dal punto di vista economico avrebbe una leva importante per fermare l'aggressione che sta compiendo ai danni degli armeni. Certo, ci sarebbe bisogno di un impegno forte ma nel momento in cui l'Europa e l'Occidente sono tanto impegnati a difendere l'Ucraina aggredita dalla Russia, fa un po' specie vedere che ci sia così poca attenzione nei confronti degli armeni e dell'Armenia che è assai più piccola e assai più minacciata di quanto lo sia la stessa Ucraina.

Intervista di Eleonora Panseri sugli attentati in Daghestan del 2024, Fanpage.it, 25 giugno 2024

  • Gli attentati, che sono stati più d'uno, hanno colpito obiettivi chiaramente riconducibili sia alla Chiesa russa ortodossa che all'ebraismo, quindi presumibilmente la matrice dovrebbe essere islamico-radicale. Al di là di dietrologie molto difficili da sostenere, questa dovrebbe essere l'interpretazione più corretta e più semplice.
  • La Russia ha seri problemi con il terrorismo di matrice radicale islamica da decenni, a partire per lo meno dai primi anni 2000. In particolare, nel Caucaso che è l'epicentro di questi attentati. Prima era la Cecenia, poi, dopo la "pacificazione", è diventato il Daghestan, ma anche altre piccole repubbliche del Caucaso settentrionale, prevalentemente musulmane.
  • Ricordiamo anche l'apporto importante della Russia nel sostegno al governo siriano contro Isis e Daesh. Possiamo dire che i radicali islamici hanno quindi molte ragioni per voler colpire la Federazione, anche a prescindere da ciò che sta accadendo in Medio Oriente.
  • [«Secondo lei, qual è la difficoltà che ha il governo russo a gestire le cellule terroristiche?»]
    Da un lato, ci può essere l'estrema vastità del territorio russo e l'impegno che la Russia negli ultimi due anni sta rivolgendo verso l'Ucraina. Questo ovviamente complica l'azione e le attività investigative. Dobbiamo ricordarci però che attentati devastanti avvengono in tutto il mondo perché contrastare il terrorismo non è così facile. [...] Pensiamo anche che in Russia vivono decine di milioni di musulmani che non sono identificati come tali perché sono cittadini russi e possono circolare in maniera libera all'interno della Federazione. E, se vogliamo, questo può accrescere ancora di più le difficoltà di prevenzione e repressione di questi episodi.

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  1. Citato in Russia: La rivolta di Prigozhin, Ispionline.it, 24 giugno 2023.