Generazione Y
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Citazioni sulla generazione Y, millennial generation, generation next o net generation.
Citazioni
modifica- A dire il vero, non sono convinta che i millennial siano più immaturi. Internet ha permesso una certa apertura, che le generazioni precedenti non avevano. Ci piace ridere di noi stessi, con massicce dosi di humor autocritico, perciò ritengo che l'impressione che emerge sia che i millennial si rifiutano di crescere. In verità, penso che proviamo molto duramente a fare i grandi, ma ridendoci su quando va male. (Sarah Andersen)
- Alcuni hanno suggerito come etichetta alternativa quella di Generazione Z, ma il nome funzionerebbe solo se la fascia di età precedente si chiamasse Generazione Y; ora che il termine Millennial si è affermato, praticamente nessuno usa più la vecchia denominazione, che pure era stata proposta. Quindi Generazione Z è un nome che nasce già cadavere, tanto più che ai giovani non piace essere chiamati con un appellativo che ricorda chi è venuto prima di loro: è per questo che i membri della Generazione X (quella successiva ai Baby boomer) non hanno voluto chiamarsi «Baby buster» e i Millennial non si sono mai affezionati a Generazione Y. Generazione Z sarebbe un ulteriore derivato, e le etichette generazionali che resistono al tempo sono sempre le più originali. (Jean Twenge)
- Ho scoperto di essere un millennial solo di recente. Il che è piuttosto da boomer. (Daniele Fabbri)
- In un mondo globalizzato, che non dà lavoro né assicura benessere, ai Millenials non resta che fare affidamento sull'effimero del proprio marchio. La loro identità raramente arriva in superficie, vive nei capillari di social media, reality e talent. Da Andy Warhol e "Saremo in futuro tutti famosi per 15 minuti"[1] siamo passati al ragazzino che vuole essere famoso per 15 amici. (Roberto D'Agostino)
- Le persone sono abituate a parlare dei millennial come se fossimo degli adolescenti. Ma ora siamo tutti sulla trentina. Stiamo crescendo dei figli, ci sposiamo e abbiamo famiglie, e abbiamo mutui e dobbiamo pagare per i nostri prestiti universitari. È importante che il Congresso sia in contatto con questa realtà. Le persone tendono a interpretare la mia posizione come un attacco alle generazioni più anziane. Ma non si tratta di questo. È un problema di rappresentanza. Non abbiamo abbastanza rappresentazione intergenerazionale. Siamo governati in larga parte da una generazione sola. Questo non vuol dire che questa generazione dovrebbe essere senza potere, ma che anche gli altri dovrebbero essere qui. (Alexandria Ocasio-Cortez)
- Più che una generazione, sono una specie in mutazione. Con il cambiamento epocale scritto nel nome. Li chiamiamo millennials, con una definizione che evoca le incognite delle grandi svolte, l'inquietudine del numero mille.
- Nata nei primi anni Novanta come millennial generation, in origine l'espressione designava coloro che sarebbero diventati adulti con l'avvento del Duemila. Gli inventori, William Strauss e Neil Howe, avevano bisogno di un'etichetta semplice per classificare nella loro teoria delle culture generazionali i bambini nati fra il 1982 e il 2004. Ragazzi che hanno la stessa età, e lo stesso dna, di internet. Tanto è vero che li hanno identificati anche come generazione internet e, in seguito, come nativi digitali. Perché a disegnarne il profilo collettivo e a definirne il destino storico è la rete. Che ne ha fatto i protagonisti di un testacoda generazionale senza precedenti. Perché per la prima volta i figli della galassia virtuale hanno invertito i flussi di trasmissione della cultura e dei valori. Perché sono fatti a immagine e somiglianza del web, ne compartecipano l'orizzontalità, la simultaneità e l'assenza di autorità. E perché si sono fatti maestri di se stessi. Ma anche nostri.
- La naturalità con cui i nativi stanno di casa nella tecnologia, li ha sparati molto più avanti dei loro genitori e insegnanti. [...] Addirittura oggi l'iniziazione funziona alla rovescia, nel senso che sono i nativi digitali a iniziare i loro genitori, portati dalle onde del web come migranti in cerca di approdi. Richiedenti asilo in un mondo nuovo e pieno di promesse, di cui i ragazzini custodiscono gelosamente le chiavi. Sono loro a decidere se e quando aprire cancelli e cancelletti a mamme, papà e insegnanti. È una lotta impari fra grandi che si arrampicano faticosamente, e volenterosamente, sulle scale impervie dell'alfabetizzazione tecnologica e la facilità irridente di pischelli che sembrano nati imparati e surfeggiano leggeri sulle onde del web.
- Non è vero che "non abbiamo avuto voglia di fare niente" come tanti dicono. Abbiamo preso in pieno crisi finanziarie, cambiamenti scolastici e universitari e il passaggio alla moneta unica, che ha avuto un impatto innegabile sull’economia. Siamo cresciuti tra le riforme del lavoro Treu e Biagi, che portavano flessibilità. Ai tempi era un aiuto, poi è diventata un modo per risparmiare sul costo del lavoro. Gli stage, i co.co.co., i contratti a progetto hanno avuto un impatto devastante sui nostri percorsi. Siamo stati sfortunati. È come se fossimo rimasti a mezz'aria. Poi c’è chi approfitta del reddito di cittadinanza, ma non ci si può concentrare solo su questi casi.
- Non ci siamo appropriati del dibattito pubblico che ci riguardava. Negli ultimi anni lo scontento si è trasferito dalle piazze alla rete, questo in parte ha contribuito a una defezione dalle manifestazioni pubbliche. Anche la cosiddetta "fuga dei cervelli" può essere considerata una forma di ribellione. Tanti però si sono arresi a un Paese che non è per giovani e non vuole cambiare. Non è stato utile nemmeno il voto di protesta, confluito nel Movimento 5 Stelle. L'idea di aprire il Parlamento "come una scatoletta di tonno" e mandare a casa "i vecchi" non ha funzionato. Il cambiamento passa dalle riforme, per cui ci vogliono esperienza, competenza e visione politica.
- Per far funzionare la macchina dello Stato serve la collaborazione tra generazioni, non lo scontro. Essere giovani non rende automaticamente più capaci, ma, allo stesso tempo, chi raggiunge posizioni apicali prima dei 40 anni non va sminuito, perché ha fatto almeno 15 anni di gavetta. Il nodo è permettere a tutti di poter avere riconoscimenti importanti nelle aziende già a partire dai 30 anni. Poi c'è chi ha meno ambizioni e sta bene nel suo perimetro, ma chi vuole crescere ha il diritto di poterlo fare.
Note
modifica- ↑ Cfr. Andy Warhol: «Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti.»
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