Laṅkāvatārasūtra
sūtra appartenente alla tradizione del Buddhismo Mahāyāna
Laṅkāvatārasūtra ("Sūtra della discesa a Lanka"), sūtra appartenente alla tradizione del Buddhismo Mahāyāna.
Citazioni
modifica- Essi fanno distinzioni dove c'è solo vacuità. Persi nelle proiezioni, diventano prigionieri degli attori e delle azioni della loro stessa mente. (senza sezione[1]; p. 28)
- Mahāmati, quando tutte le false proiezioni che offuscano la vera coscienza cessano, cessano tutte le forme di coscienza sensoriale. Questo, Mahāmati, è quel che si intende per cessazione delle caratteristiche. [...] Mahāmati, i seguaci di altri sentieri sostengono che quando ha fine la percezione di un mondo esterno, cessa anche la continuità della coscienza. Ma se cessasse la continuità della coscienza, avrebbe termine quella continuità senza inizio. (sezione IV; p. 52)
- Qualsiasi prodotto della mente esiste in un mondo libero da proiezioni e privo di origine, durata e cessazione. (sezione VII; p. 55)
- Così gli ignoranti parlano dei tre sentieri e non del regno libero dalle proiezioni che non è altro che la mente. Mahāmati, così essi non conoscono il regno della mente percepito dai tathāgata del passato, del presente e del futuro. Sono invece attaccati alla percezione di un regno fuori dalla mente e continuano a far girare la ruota del saṃsāra. (sezione XVIII; p. 70)
- Gli esseri cambiano e scompaiono ogni momento, come un fiume, un seme, una candela, il vento o una nuvola. Irrequieti come le scimmie, attratti dalle impurità come le mosche, e insaziabili come un incendio alimentato dal vento, essi girano simili alla ruota di un mulino, vita dopo vita e in una forma corporea dopo l'altra, spinti dalla forza d'abitudine senza inizio, come figure generate da una sorta di trucco magico, da un incantesimo o da un congegno meccanico. Essere esperti nella conoscenza di queste apparenze vuol dire sapere che gli esseri sono privi di un sé. (sezione XXIV; p. 77)
- L'insegnamento sulla vacuità, sulla non nascita, sulla non dualità e sull'assenza di esistenza intrinseca permea tutti i sūtra esposti dai buddha. Ogni sūtra insegna queste verità, ma poiché i sūtra si adattano alle aspettative degli esseri, si differenziano nel modo di esprimere tali verità, che in realtà non sono racchiuse nelle parole. (sezione XXVII; p. 83)
- Nirvāṇa vuol dire testimoniare la trasformazione della forza d'abitudine dell'esistenza intrinseca della coscienza deposito, della volontà e della coscienza concettuale. Il nirvāṇa mio e degli altri buddha è il regno privo di esistenza intrinseca. (sezione XXXVIII; p. 99)
- Anche i saggi vedono le illusioni, ma non ne sono confusi. (sezione XLIII; p. 104)
- La meditazione, chi medita e l'oggetto della meditazione, | la rinuncia e lo scorgere la verità, | non sono altro che proiezioni, | chi sa questo ottiene la liberazione. (sezione XLIX; p. 115)
- Il desiderio è la madre, | l'ignoranza è il padre, | il buddha è la coscienza dei regni oggettivi, | le passioni sono gli arhat | e gli skandha sono il saṅgha; | chi è implacabile nel loro sterminio | chi commette queste cinque azioni avīci, | non entrerà nell'inferno Avīci. (sezione LVIII; p. 130)
- Le persone di questo mondo dipendono da due cose. Dipendono dall'esistenza e dalla non esistenza. E siccome cadono in preda all'esistenza e alla non esistenza, cercano di immaginare una via di fuga dove non ce n'è alcuna. [...] Quando le persone pensano che il desiderio, l'ira e l'illusione esistano, immaginano la non esistenza del desiderio, dell'ira e dell'illusione, e pensano che non percependone l'esistenza, Mahāmati, le caratteristiche della loro esistenza si plachino. Quindi credono che, poiché non percepiscono l'esistenza di desiderio, ira e illusione nei tathāgata, negli śrāvaka o nei pratyeka-buddha, questi esistano e poi non esistano. (sezione LXII; pp. 134-135)
- Il regno della conoscenza di buddha che si consegue non è né presente né assente, come la luna nell'acqua. (sezione LXVI; p. 143)
- Come l'immagine in uno specchio | appare ma non è lì, | nello specchio della proiezione | gli sciocchi rimirano il loro doppio. (sezione LXXIV; p. 161)
- Tutti i dharma mondani, metafisici e trascendenti non sono né permanenti né impermanenti. Chi non riesce a percepirli come mere percezioni della propria mente finirà per legarsi a concezioni erronee, dualistiche. (sezione LXXIX; p. 176)
- Dal paradiso di Brahmā giù fino alle radici degli alberi | che circondano il mondo con i loro rami | ciò che io insegno è: | tutto è nient'altro che mente. (sezione LXXIX; p. 177)
- Poiché i macellai vendono indiscriminatamente carne d'asino e di cammello, di volpe e di cane, di bestiame, di cavallo, d'uomo insieme a quella di altri animali, non dovete mangiare carne. (sezione XC; p. 201)
- E ancora, non dovete mangiare carne perché ciò impedisce ai praticanti di dare origine a pensieri di compassione. (sezione XC; p. 201)
- Non dovete mangiare carne perché chi uccide le creature viventi prende tanto gusto al sapore della carne che, quando vede un essere, pensa a questa. (sezione XC; p. 201)
- Non approverò mai il consumo di carne. (sezione XC; p. 202)
- Inoltre, Mahāmati, chi uccide lo fa per profitto. Uccidono le creature e le vendono al mercato, dove gli ignoranti che mangiano carne usano la rete del denaro per catturare la loro preda. (sezione XC; p. 202)
- Mahāmati, quando si tratta di carne o pesce, non si può parlare di "non chiederla, non cercarla, non pensare a essa". Per questo motivo, non dovete mangiare carne.
Mahāmati, in alcune occasioni ho proibito di mangiare cinque tipi di carne, e in altre dieci tipi. Oggi [...] dico: assolutamente niente carne. Mahāmati, il Tathāgata, l'Arhat, il Perfetto Illuminato non ha mai mangiato né tanto meno ha insegnato a mangiare pesce o carne. A causa dei miei atti di grande compassione nel passato, io guardo tutti gli esseri come se fossero miei figli. E perché dovrei approvare il mangiare la carne dei propri figli? (sezione XC; p. 202) - Gli esseri in un'età futura | potrebbero stupidamente dire della carne: | "È pura e non è sbagliato, | i buddha hanno detto che possiamo mangiarne". (sezione XC; p. 204)
- Chi mangia la carne coperta di sangue | terrorizza gli altri esseri; | quindi coloro che praticano | per compassione non dovrebbero mangiare carne. (sezione XC; p. 204)
Citazioni sul Laṅkāvatāra Sūtra
modifica- Ma l'evento che interessa tanto gli storici quanto gli agiografi accadde nel 534, o intorno a quella data, quando Bodhidharma scelse Hui-k'o come proprio successore e gli consegnò una copia del Laṅkāvatāra sūtra. Bodhidharma gli disse che tutto quello che doveva sapere era in quel libro, e da allora lo zen e il Laṅkā furono legati tra loro. (Red Pine)
Note
modifica- ↑ Per la maggior parte degli studiosi il sūtra nella stesura originale cominciava dalla sezione successiva, e tale è la numerazione nel testo a cura di Pine.
Bibliografia
modifica- Il Laṅkāvatāra Sūtra, traduzione e commento di Red Pine, traduzione dall'inglese di Livio Agresti, Ubaldini Editore, Roma, 2013. ISBN 978-88-340-1642-8
Voci correlate
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