José Raúl Capablanca

scacchista cubano (1888-1942)

José Raúl Capablanca y Graupera (1888 – 1942), scacchista cubano.

José Raúl Capablanca (prima del 1920)

Citazioni su José Raúl Capablanca

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  • All'età di quattro anni vide il padre, giocatore estremamente modesto, giocare contro un importante colonnello spagnolo e fu subito attratto da quelle strane figure che percorrevano in lungo e largo la scacchiera sulla base di regole per lui misteriose. [...]. L'indomani José Raoul tornò ad osservare in silenzio il gioco del padre. Il terzo giorno, però, sussultò vedendolo portare il Cavallo dalla casa bianca ad una dello stesso colore. L'avversario, invece, che non doveva certo essere un esperto, non se ne accorse e il padre vinse. A quel punto il piccolo cominciò a ridere e a chiamarlo imbroglione, tanto che fu lì lì per per essere cacciato dalla stanza, ma quando indicò la mossa incriminata il padre, questa volta sinceramente sorpreso, volle che mettesse a posto i pezzi. Il bambino, che quasi non arrivava al tavolo, non solo li sistemò uno per uno ma nel breve scontro che ne seguì ebbe la meglio sul padre. (Vasilij Nikolajevič Panov)
  • Capablanca è stato sottratto troppo presto al mondo scacchistico. Con la sua morte abbiamo perso un grandissimo genio, di cui non vedremo mai più l'eguale. (Aleksandr Aleksandrovič Alechin)
  • La facilità e l'eleganza del gioco del cubano avevano incantato tutti, ed è quindi comprensibile che nessuno si accorse delle seppur relative debolezze che si celavano dietro quella smagliante superficie. Bisognava possedere coraggio ed audacia, per arrivare in proposito ad un'opinione imparziale e sfidare le idee così radicate preconcettualmente in tutto il mondo scacchistico.
    Ebbene Alekhine giunse alla conclusione che la «macchina»[1] non era assolutamente immune da errori! Nelle sue partite c'erano talvolta tali imprecisioni, errori di calcolo o sviste che, per certi versi, Capablanca poteva essere tranquillamente considerato un «comune mortale», tutt'altro che un implacabile ed invincibile «meccanismo». (Aleksandr Aleksandrovič Kotov)
  • Nella storia degli scacchi solo il sommo Capablanca, al culmine della sua carriera, deve aver provato qualche cosa di simile [alla noia]: così perfetto era il suo gioco e tanta era la sua certezza di restare imbattibile, che egli – forse proprio per non correre il rischio di annoiarsi – avanzò la proposta di modificare la scacchiera e di ingrandirla, aggiungendovi dei pezzi per rendere il gioco più interessante. Ma anche lui, di lì a poco, avrebbe pagato clamorosamente il proprio peccato di presunzione. (Paolo Maurensig)
  • [Prima del match mondiale di Buenos Aires 1927] Non riesco a immaginare come io possa vincere sei partite contro Capablanca, ma ancor meno riesco ad immaginare come egli possa vincerle contro di me. (Aleksandr Aleksandrovič Alechin)
  • Possedeva bei tratti del volto come poche volte è dato di riscontrare, colorito olivastro tipico degli uomini del sud, grandi occhi neri luminosi, un fisico armonioso, andatura elegante, modi raffinati, un carattere aperto e amabile. Tutto ciò garantiva un sicuro successo con gli uomini e ancora di più con le donne. Chi scrive ricorda che a Mosca nel 1925 quando Capablanca aveva già 37 anni, era corteggiato dalle più belle donne della città, che gli mostravano la loro ammirazione con scatole di cioccolatini e fiori. (Vasilij Nikolajevič Panov)
  • Se per il suo gioco complesso e profondo Lasker mi ricorda la musica grandiosa di Bach, il gioco vivace e impetuoso di Capablanca mi evoca il Mozart eternamente giovane: Mozart creava con la stesa adorabile disinvoltura di Capablanca. (Sergej Sergeevič Prokof'ev)
  1. All'apice del suo successo, Capablanca veniva definito «macchina da scacchi».

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