Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi

economista, storico e critico letterario svizzero

Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi, spesso citato come Simondo Sismondi, (1773 – 1842), economista, storico e critico letterario svizzero.

Jean Charles de Sismondi

Citazioni di Simonde de Sismondi modifica

  • L'economia politica è forse la sola scienza che abbia per oggetto immediato la beneficenza universale e la prosperità degli uomini; imperocché è d'essa che pretende insegnare al Governo, com'ei possa conservare ed accrescere le ricchezze delle nazioni; incoraggiare l'agricoltura, da cui nascerà l'abbondanza; render florido il commercio, che dividerà i beni della terra fra i di lei abitatori in ragione della loro industria; perfezionare le arti, le quali moltiplicheranno i godimenti degli uomini, con far tendere a loro avvantaggio i progressi di tutte le altre scienze. [...] Una scienza, che sia annunciata come avente per suo scopo la prosperità di tutti gli uomini, diventa quasi oggetto di derisione, qualora essa si racchiuda in vana teoria, di cui giammai s'intraprenda l'applicazione. Tale è forse oggodì la sorte dell'Economia Politica. [...] Certamente, nel carattere degli uomini di governo si rinverrebbe una delle grandi cause della loro trascuratezza per teorie, che avrebbero potuto accrescere i loro lumi; ma cmecché non possiamo aspettarci ch'eglino siano sensibii alla critica di uomini di lettere, oche si sottomettano con docilità alle lezioni che lor si pretendesse di dare, si tratta qui di cercare i torti degli scritto sull'Economia politica, e non i loro, se aumentar si voglia l'influenza delle teorie politiche sui Governi, e ravvicinarle al loro scopo.[1]
  • La concorrenza universale e lo sforzo di produrre sempre di più e a prezzo inferiore... è un sistema pericoloso.[2]
  • [Su Vittorio Alfieri] [...] questa fremente impazienza, che lo spinge in avanti verso uno scopo che non sapeva distinguere... questa agitazione dolorosa di un'anima in angustia in tutti i legami della società, in tutte le condizioni, in tutti i paesi; ... questo bisogno imperioso di qualcosa di più libero nello Stato, di più fiero nell'uomo, di più devoto nell'amore, di più completo nell'amicizia; ... questo ardore in cerca di un'altra esistenza, di un altro universo, che cercava invano, con la rapidità di un messaggero, da un'estremità all'altra dell'Europa, e che non poteva trovare nel mondo reale...
[...] cette impatience bouillante, qui le poussait en avant vers un but qu'il ne savait distinguer... cette agitation douloureuse d'une âme à l'étroit dans tous les liens de la société, dans toutes les conditions, dans tous les pays; ... ce besoin impérieux de quelque chose de plus libre dans l'État, de plus fier dans l'homme, de plus dévoué dans l'amour, de plus complet dans l'amitié; ... cette ardeur après une autre existence, après un autre univers, qu'il cherchait vainement, avec la rapidité d'un courrier, d'une extrémité à l'autre de l'Europe, e qu'il ne pouvait trouver dans le monde réel...[3]

Storia de' francesi modifica

  • Il più licenzioso fra tutti i poeti di questa scuola libertina, era un Sovrano, un Cavaliere gerosolimitano, ritornato dalla Crociata, Guglielmo IX, Conte di Poitiers e Duca d'Aquitania. Alla sua gran giovialità ed al suo spirito si era perdonato in generale lo scandalo de' suoi costumi, quantunque in lui la profanazione religiosa si mesceva sempre alla dissolutezza. Aveva fatto fabbricare a Niort una casa consacrata a radunarvi le sue Belle; la chiamava il suo Monastero, e alle Cortigiane quivi alloggiate avea, con adeguata proporzione all'impudenza del viver loro, conferiti i titoli di Badessa, di Priora e l'altre monastiche Dignità. (vol. V, cap. XII, p. 62)
  • Il giovine re [Carlo VI di Francia] non era stato assoggettato giammai a disciplina veruna né dirozzato dal menomo studio. Ei non sapeva altro fuor quello che poteva avere imparato col conversare nelle corti; mezzo bastante per acquistarsi un corredo leggerissimo d'idee e di nozioni comuni, per formare la leggiadrìa dei modi e per procacciare quella certa nobiltà ed affabilità di tratto che si notava in Carlo VI, e per la quale il monarca il cui regno fu il più diuturno flagello che mai affliggesse la Francia, ebbe il ridicolo sopranome di Prediletto. Ma niuna cognizione positiva, né di scienze, né di amministrazione, né di politica, né di religione era stata, per lo contrario, da lui acquistata. (vol. XII, cap. XXI, pp. 8-9)
  • Quest'infelice monarca [Carlo VI di Francia] godeva di far la guerra e di aggirarsi fra il tumulto dell'armi; e benché inabile a discernere amici da nemici, era sempre disposto a combattere contro chi gli venisse additato come infenso[4] e ribelle, ed anche ad incrudelire contro di esso. (vol. XII, cap. XXX, p. 430)

Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo modifica

Incipit modifica

In sul declinare del quinto secolo, Romolo Augustolo, imperatore d'Occidente, figliuolo d'un patrizio che di que' tempi era forse il solo generale nato romano, fu deposto da' suoi soldati, che gli sostituirono Odoacre, uno de' capitani delle guardie imperiali, d'origine Erulo o Scita[5]. Questo usurpatore soppresse per modestia il nome d'impero occidentale, e si accontentò del titolo di re d'Italia. Allora la sovranità di Roma fu per la prima volta trasferita alle nazioni settentrionali.

Citazioni modifica

  • Niccolò Piccinino, capo de' soldati formati prima da Braccio [da Montone], era tra gli altri generali d'Italia il più ligio al duca di Milano. Sarebbesi ancora giudicato il migliore e posto forse al di sopra di Francesco Sforza, se non avesse talvolta arrischiata per soverchio ardire la propria riputazione. (tomo IX, p. 116)
  • Il Piccinino in particolar modo era geloso dello Sforza; non poteva darsi pace che questo generale avesse preso posto tra i sovrani coll'acquisto della Marca, mentre egli medesimo, che l'Italia per talenti e per valore pareggiava allo Sforza, egli medesimo, che, quale erede ed allievo di Braccio, avrebbe potuto aspirare alla sovranità che questo generale si era formata, non aveva che una precaria esistenza dipendente dal principe che lo assoldava. (tomo IX, p. 149)
  • Il Piccinino, in età già avanzata, non sapeva darsi pace di non aver potuto con tante battaglie, con tante vittorie, acquistarsi una terra ove riposare il capo. Tutti i grandi capitani del suo secolo si erano successivamente innalzati al sovrano potere; egli pareva avervi più diritto d'ogni altro, poiché avrebbe dovuto ricevere a titolo ereditario il principato di Braccio come ricevette la sua armata; pure egli solo non era in sul finire della sua lunga gloriosa carriera né più ricco, né più potente di quello che lo fosse in principio. Aveva perduta Bologna quando credeva di farne la sua capitale; due rotte avute in brevissimo tempo avevano dissipate le sue ricchezze e dispersi i suoi soldati; uno de' suoi figliuoli era prigioniero, l'altro fuggiasco, ed egli non poteva collocare le sue speranze che nella generosità di un principe [Filippo Maria Visconti] accusato d'incostanza da tutta l'Italia, e spesso di perfidia. Questo principe attualmente, ingannandolo, aveva cagionato la sua ruina. (tomo IX, pp. 255-256)
  • Verun mostro giammai non spinse la ferocia tanto avanti quanto Dracula; niuno inventò più terribili supplici. Egli cadde all'ultimo vittima dell'orrore che aveva inspirato. (tomo X, p. 213)

Citazioni su Simonde de Sismondi modifica

  • A G. C. Sismodo de' Sismondi | solenne storico ed economista | per le opere sue benemerito | più che scriver si possa | dell'Italia della Francia | e del genere umano. (Giovanni Battista Niccolini)

Note modifica

  1. Citato da J.C.L. Sismondi, I due sistemi di Economia Politica - Discorso sopra una questione proposta dall'Accademia Imperiale di Wilna, Accademia Italiana di Scienze. Lettere ed Arti, Livorno, 1710, p. 53-54.
  2. Citato in AA.VV., Il libro dell'economia, traduzione di Olga Amagliani e Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 79. ISBN 9788858014158
  3. Citato in I classici italiani nella storia della critica, opera diretta da Walter Binni, vol. II, da Vico a D'Annunzio, La Nuova Italia, Firenze, 1973, p. 211.
  4. Ostile, avverso (dal latino infensus).
  5. Procop. De Bello Goth. l. 1. c. 1. – Byzant. t. II. p. 2. – Jornandes De reb. Get. c. 46. t. I. – Rer. Ital. p. 214.

Bibliografia modifica

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