Imperatore romano
sovrano dell'Impero romano
Citazioni sull'imperatore romano.
- L'imperatore non era un monarca di tipo orientale, era il magistrato supremo dell'impero romano, sia dei cittadini romani sia dei provinciali. Egli non era eletto da alcun corpo costituzionale, ma il potere non si trasmetteva di padre in figlio per virtù di mere relazioni di sangue. L'imperatore adottava l'ottimo fra gli ottimi, scegliendolo cioè tra i membri della classe senatoria, tra i suoi pari, nel seminario degli imperatori. La classe senatoria era di per sé ben preparata a siffatto compito, in quanto i suoi membri dedicavano la propria vita al servizio dello Stato. Il potere imperiale inoltre venne considerato non come un privilegio ma come un onere, un servizio imposto da Dio e dal Senato al detentore del potere. L'imperatore personificava, per così dire, l'impero; quindi il suo potere e la sua persona erano sacri ed egli medesimo era oggetto di culto. In lui assumeva corpo la maestà dell'impero. Egli non era il padrone dello Stato, ma il suo primo servitore: servire lo Stato, ecco il suo dovere.
- Nessun documento formulò i termini in cui fu concluso il compromesso tra le classi colte e gli imperatori. La costituzione dell'impero romano rimase non scritta, com'era stata sin dagli inizi della storia romana. Ciò che avvenne fu un nuovo adattamento del potere imperiale alle condizioni reali, non una riduzione di esso. Il potere degli imperatori romani non fu sminuito, rimase anzi accresciuto: il governo d'un solo era stato ormai riconosciuto come fatto e come necessità da tutte le classi della popolazione, e senza una volontà singola l'impero romano era destinato ad andare in frantumi.
- Quando si trovava al campo, [l'imperatore] doveva sostenere tutti i disagi della vita militare al pari di un semplice soldato. Se si trovava alla capitale, doveva attendere ai suoi doveri di reggitore dello Stato, lavorando accanitamente giorno e notte per la sicurezza e la prosperità dell'impero. Doveva quindi condurre la vita di chi cammina al vertice dell'umanità, non già d'un comune mortale, e tuttavia esser quanto era possibile modesto e alieno da stravaganze. La sua fortuna privata era fusa nel patrimonio dello Stato: ciò ch'era dell'imperatore era dello Stato, e viceversa. Soltanto sotto questo aspetto si può intendere un detto d'Antonino Pio. Discutendo con la moglie dopo essere stato adottato da Adriano egli disse (Script Hist. Aug., Ant. Pius, c. 4): «Pazza, ora che siamo stati promossi all'impero, abbiamo perduto quel che avevamo prima!». Il motto può essere inventato, ma mette in evidenza quale fosse l'opinione dei contemporanei circa la posizione dell'imperatore.
- Tutti gli imperatori della dinastia augustea sentirono acuto bisogno di dare stabilità al loro potere, di conferirgli più che una base meramente legale. Naturalmente la sanzione legale era data al potere imperiale dall'atto del Senato che concedeva al nuovo princeps poteri ch'erano stati già posseduti da Augusto e che di questo avevano fatto il primo magistrato della città di Roma e dell'impero romano; ma gli imperatori avevano bisogno d'una più alta e più solida sanzione, che fosse indipendente dal Senato e s'applicasse non soltanto all'istituto dell'impero, ma anche alla persona dell'imperatore. A tal fine due dei successori di Augusto, Caligola e Nerone, fecero reiterati sforzi per porre le basi del culto imperiale e farne un'istituzione dello Stato. Da ciò nacquero anche i tentativi fatti da quegli stessi imperatori per collegare i sentimenti religiosi della popolazione dell'impero con la persona dell'imperatore, dando a questo nomi e attributi divini e identificandolo con qualcuna delle divinità del pantheon greco-romano, specialmente con Apollo e con Ercole, entrambi promotori di vita civile e protettori del genere umano contro le forze delle tenebre.
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