Cristoforo Bonavino

presbitero, scrittore e teologo italiano
(Reindirizzamento da II nostro Programma)

Cristoforo Bonavino, noto anche come Ausonio Franchi (1821 – 1895), presbitero, scrittore, teologo e filosofo italiano.

La tomba di Cristoforo Bonavino

Citazioni di Cristoforo Bonavino modifica

  • [...] darò qui un primo saggio della gran dottrina di quel gran teologo, gran filosofo, e gran politico, ch'era, per sentenza di Montalembert e di tutta la fazione clericale, il prete spagnuolo Giacomo Balmes. Nel capo XXXV della sua grand'opera, Il protestantesimo paragonato co'l catolicismo, egli prende a combattere i filosofi, che negano ai governi il diritto di violentare le coscienze in materia di religione; e comincia a stabilire con l'esempio di Stati antichi e moderni, che ogni governo che professa una religione, è più o meno intolerante con le altre. Lo sappiamo anche noi; ed è per ciò appunto, che la democrazia non vuole più nessuna religione di Stato.[1]

Da Il Nostro Programma

In La Ragione, Anno I, Tomo I, Torino, 21 ottobre 1854, pp. 1-7.

  • La Religione ha la sua radice immortale nel sentimento dell'Infinito, e riceve la sua esplicazione successiva col progresso dei tempi e con l'incivilimento delle nazioni. Questo sentimento tradutto in idee, genera la parte dogmatica e speculativa della religione; e tradutto in azioni, costituisce la sua parte pratica e civile. Sotto il primo aspetto la religione è un sistema di credenze; e sotto il secondo è un sistema d'instituzioni. (p. 2)
  • La Politica determina i rapporti della nazione col governo, e delle varie nazioni tra loro. Questi rapporti noi li deduciamo da una sola ed unica fonte: il Diritto naturale; e li formuliamo tutti in una parola: Democrazia. (p. 3)
  • Le questioni, che si riferiscono all'ordine sociale, sono oggidì le più importanti, e insieme le più difficili e complicate. I nemici del popolo, padroni del suolo e del denaro, che menano agiata e deliziosa la vita, levarono un grido d'orrore contro qualsiasi disegno di riforma a pro del ceto povero e lavorante; ed appellarono con ridicoli clamori ai diritti inviolabili della proprietà e della famiglia, per iscongiurare lo spettro minaccevole del socialismo. (p. 3)
  • Per noi la legge fondamentale, che presiede ai destini del genere umano in tutti i suoi gradi di sviluppo e di perfezionamento, è l' Associazione; la quale dapprima compone li individui nella Famiglia; poi aggrega le famiglie nel Commune; concentra i communi nella Nazione; ed affratella le nazioni nell'Umanità. (p. 4)
  • Di tre termini adunque consta il nostro programma: esso è Razionalismo, Democrazia, e Socialismo: termini, che noi racchiuderemmo volentieri in un solo, poco usato finora tra noi, ma già assai vulgare in Allemagna: Umanismo. È questo l'ideale, che noi vagheggiamo: ideale, antico nella sua sustanza come un instinto del cuore, e moderno nella sua formula come un trovato del pensiero: ideale, che esprime il risultato dinamico e il conseguente logico, fatale di tutta la civiltà europea; ed è per l'età nostra ciò, ch'era nel secolo XVIII la Filosofia, nel XVI la Riforma, nel medio evo il Catolicismo, e nel primo periodo dell'era cristiana l' Evangelio. (p. 4)
  • Il male è condizion nativa degli enti finiti, perché essenzialmente imperfetti; ma è pur la condizione della loro perfettibilità progressiva, che rende, non che possibile, obligatorio uno sviluppo via via maggiore di tutti li elementi della loro natura. Il dovere del perfezionamento implica per ciò un'eliminazione gradata dei mali, che impediscono o ritardano all'uomo il conseguimento del suo fine. (p. 4)
  • L'uomo non è gratuitamente malvagio; e la moralità publica non indugerà a far lieta e felice la terra, quando la società venga ordinata in guisa, che nessuno abbia da luttare fra la coscienza e la necessità, fra il dovere e la fame. ll dualismo dello spirito e del corpo era un mito delle vecchie tradizioni, cui la ragion moderna, ammaestrata dalle scienze psisiologiche, economiche, e morali, non presta più fede. L'uomo è uno, e non due: le regole dell'igiene ed i precetti dell'etica interessano egualmente la sua vita. (p. 4-5)
  • La via, che dal male conduce all'ottimo, è una serie progressiva di miglioramenti, che non ha limiti determinati. Percorriamone tutti quella porzione, che si confà meglio con le forze proprie di ciascuno; e avremo adempito degnamente alla nostra missione. (p. 5)
  • Ah! l'amor della patria, e di una patria che si chiama Italia, ferve ben ardentissimo nelle anime nostre; ma non sì, che ci renda mai egoisti ed ingiusti verso le altre nazioni. Come il Piemonte non è che una provincia d'Italia, cosi l'Italia non è che una provincia d'Europa ed un commune della Terra. (p. 5)
  • Due sono li attributi essenziali e li elementi primitivi, che costituiscono propriamente la natura umana: uno spontaneo ed instintivo, l'altro riflesso e libero. Il primo fornisce alla vita dell'Umanità la materia e il movimento; il secondo, la forma e la direzione. Quello è il Sentimento; questo, la Ragione. (p. 6)
  • Non ignoriamo, che la scienza in molte e gravi questioni non è ancor giunta a tradurre in una teorica razionale l'impulso e la voce immediata della coscienza; ma l'ignoranza di una causa non c'indurrà mai a disconoscere l'evidenza d'un fatto; e noi abbiamo tanta fede nella rettitudine e nella sapienza della natura, che non esiteremo punto a subordinare le rigide esigenze della dialettica alle nobili inspirazioni dell'anima. (p. 6)
  • Riserbiamo il nome di barbari e di stranieri alla sola razza d'animali, che ne sian degni: ai tiranni! (p. 6)

Note modifica

  1. Da La religione del secolo XIX, [s.n.], Losanna, 1853, pp. 237-238.

Altri progetti modifica