Godfrey Harold Hardy

matematico britannico

Godfrey Harold Hardy (1877 – 1947), matematico inglese.

Godfrey Harold Hardy

Citazioni di Godfrey Harold Hardy

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  • Mi è stato chiesto spesso se Ramanujan avesse un segreto speciale, se suoi metodi differissero per qualità da quelli di altri matematici, se ci fosse qualcosa di veramente anormale nei suoi processi mentali. Non posso rispondere a queste domande con certezza o convinzione, però non ci credo. Io credo che, in fondo, tutti i matematici pensino allo stesso modo, e che Ramanujan non costituisse un'eccezione.[1]

Apologia di un matematico

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  • Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. Immortalità è forse una parola ingenua ma, qualunque cosa significhi, un matematico ha le migliori probabilità di conseguirla. (paragrafo 8)
  • Beh, io ho fatto qualcosa che voi non sareste mai stati capaci di fare: ho collaborato con Littlewood e Ramanujan, su un piano quasi di parità. (paragrafo 29)
  • I giovani dovrebbero dimostrare i teoremi, i vecchi dovrebbero scrivere i libri. Nessun matematico può permettersi di dimenticare che la matematica, più di qualsiasi altra arte o di qualsiasi altra scienza, è un'attività per giovani. (paragrafo 4)
  • Il matematico, come il pittore e il poeta, è un creatore di forme. Se le forme che crea sono più durature delle loro è perché le sue sono fatte di idee.
  • La matematica pura è nel complesso decisamente più utile di quella applicata. Questo perché ciò che è utile più di tutto è la tecnica, e la tecnica matematica viene insegnata principalmente attraverso la matematica pura.
  • La reductio ad absurdum, tanto amata da Euclide, è una delle più belle armi di un matematico. È un gambetto molto più raffinato di qualsiasi gambetto degli scacchi: un giocatore di scacchi può offrire in sacrificio un pedone o anche qualche altro pezzo, ma il matematico offre la partita. (paragrafo 12)
  • Le civiltà babilonese e assira sono perite [...] ma la matematica babilonese è tuttora interessante, e il sistema sessagesimale babilonese è ancora usato in astronomia.[2]
  • Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle; le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c'è un posto perenne per la matematica brutta.
  • Non conosco un solo esempio di un grande progresso matematico intrapreso da un uomo che abbia superato i cinquant'anni. (paragrafo 4)
  • Non sono gli "umili" a fare le opere più grandi.[3]
  • Sono interessato alla matematica solo in quanto arte creativa. (paragrafo 19)
  • 317 è un numero primo, non perché lo pensiamo noi, o perché la nostra mente è conformata in un modo piuttosto che in un altro, ma perché è così, perché la realtà matematica è fatta così. (paragrafo 24)

Citazioni su Godfrey Harold Hardy

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  • Aveva gli occhi color ghiaccio, un volto dai tratti delicati e, nel 1913, i capelli lisci e cortissimi. Era bello. Ovviamente lui non la pensava così e a stento riusciva a sopportare di guardare la propria immagine. Le sue stanze al college non avevano specchi, e nelle stanze d'albergo li copriva sempre con un asciugamano, radendosi a tatto. Ma era l'unico a sbagliarsi. Persino dopo aver compiuto i cinquant'anni, il suo aspetto era straordinario. (Robert Kanigel)
  • Ciascuno dei due matematici contribuiva con le proprie specifiche qualità alla collaborazione. Littlewood era il bullo che quando andava all'assalto di un problema lo faceva con i fucili spianati. Per lui il godimento era mettere in ginocchio un problema difficile. Hardy, al contrario, dava valore alla bellezza ed all'eleganza. Questa complementarità si trasferiva invariabilmente alla stesura dei loro saggi. Hardy prendeva le bozze buttate giù da Littlewood e vi aggiungeva quello che chiamava il «gas» per produrre la prosa elegante che non mancava mai di accompagnare le loro dimostrazioni. (Marcus du Sautoy)
  1. Da Collected Papers, p. 719; citato in Robert Kanigel, L'uomo che vide l'infinito, traduzione di Maddalena Mendolicchio, Edizione speciale per Corriere della Sera, licenza RCS Libri, Milano, 2014, cap. VII, p. 367.
  2. Citato in AA.VV., Il libro della matematica, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2020, p. 26. ISBN 9788858025857
  3. Citato in Robert Kanigel, L'uomo che vide l'infinito (The Man Who Knew Ininity. A Life of the Genius Ramanujan), traduzione di Maddalena Mendolicchio, Edizione speciale per Corriere della Sera, licenza RCS Libri, Milano, 2014, cap. V, p. 229.

Bibliografia

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  • G.H.Hardy, Apologia di un matematico, Garzanti 2002, traduzione di Luisa Saraval, ISBN 9788811685272

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