Francesca Fialdini
giornalista, conduttrice televisiva e conduttrice radiofonica italiana
Francesca Fialdini (1979 – vivente), conduttrice televisiva e conduttrice radiofonica italiana.
Citazioni di Francesca Fialdini
modificaCitazioni in ordine temporale.
- [Nel 2010, «non trovi che la Chiesa sia un po' troppo presente nella vita sociale e politica italiana?»] Partiamo da una premessa: molti giornalisti commettono l'errore di considerare la Chiesa come un'entità unitaria. A volte si fa molta confusione nell'accreditare prese di posizione a questo o a quell'organo cattolico. In realtà, da Paese a Paese, le istituzioni ecclesiali hanno a che fare con la complessità, anche della società in cui si trovano. Vale anche per l'Italia, dove risiede storicamente lo Stato Vaticano e la Santa Sede. Mi piace ricordare però che, nei giorni scorsi, papa Benedetto XVI si è rivolto al clero romano ricordando che il compito pastorale non deve cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica. La questione è come essere realisti e pratici senza arrogarsi una competenza politica che non spetta ai sacerdoti.[1]
- L'orario pomeridiano richiede empatia, la capacità di mettersi a nudo. Lì davvero si fanno i conti con alcuni lati del proprio carattere. [«E tu non ami la popolarità?»] La popolarità fine a se stessa davvero non la amo. Io tengo alla mia privacy, a quella delle persone che mi stanno vicino. Lavorare nella fascia pomeridiana significa intercettare emozioni, fare i conti con le lacrime. È la storia che vince. L'ospite viene prima di me, deve sentirsi accolto completamente. Non ho mai pensato di essere io protagonista. Ho sempre pensato che dovesse esserlo il mio lavoro.[2]
- [...] le lotte con il mio corpo risalgono all'adolescenza. In quarta ginnasio, sono passata da essere la più piccola della classe al crescere in altezza e all'avere tanto seno, che adesso rimpiango [ride, ndr]. Allora mi nascondevo sotto tute extralarge di acetato e vestiti di mio padre. Solo quando a 18 anni mi sono trasferita a Roma per l'università, ho iniziato a giocare con il look. Finalmente in una città in cui tutti si facevano i fatti loro e io non mi sentivo più al centro dell'attenzione, mi sono tagliata i capelli cortissimi e ho osato vestiti colorati e pantaloni inguardabili. Ad accettarmi poi è servito lavorare in tv: tramite la telecamera ti vedi "da fuori" e magari scopri che non sei così male come pensavi. Guardandomi sullo schermo ho cominciato a trovare simpatica quella Francesca, a lavorare sulla gestualità. E ad andarmi bene come sono.[3]
- [«Lei piace alle donne. Come riesce a stabilire l'empatia con le sue spettatrici senza suscitare critiche o invidia?»] Innanzitutto non ho una fisicità che spaventa, non sono bombastica, non vengo vista come una minaccia dalle altre donne. Inoltre, a me la competizione basata sull'aspetto fisico disturba: la vedo come una sconfitta per tutte. A me non interessa avere rapporti basati sul mio aspetto o sulla mia sensualità, ma sulla mia personalità, sulle mie idee. È sempre stato così. Anche al liceo, quando ero più bella di ora, mi vestivo "per sottrazione", non volevo essere al centro dell'attenzione. Verso le altre ho sempre cercato di sviluppare la solidarietà, di fare gruppo.[3]
- [...] certe tematiche che mi sono care sin da quando sono una bambina. [...] Mia madre, che in Italia credo sia stata la prima donna ad essere nominata segretario dei Ds, mi ha insegnato a sentirmi responsabile per gli altri. Sono cresciuta all'ombra di una donna molto impegnata. Ricordo i tomi sulla nostra libreria, i volumi sull'importanza dell'armonizzazione salariale, i dibattiti cui ho assistito quando le riunioni si sono tenute a casa nostra.[4]
- La mia fede calcistica è cresciuta all'ombra della mia famiglia, sono juventina da generazioni. Nella cameretta in cui dormivamo a turno, a casa della nonna, c'era un poster della Juve di Scirea, Platini, Cabrini, Tacconi... Non era possibile immaginare di tifare una squadra diversa anche perché era troppo divertente urlare tutti insieme per un gol durante una partita e festeggiare una vittoria o condividere un sentimento di sconfitta. Lo facevamo insieme allora ed e così ancora.[5]
- Quello che ogni volta mi colpisce sui social è il fermarsi alla superficie con il riferimento al corpo, se sono dimagrita o ingrassata, e purtroppo sono sempre più le donne a farlo. Gli uomini invece fanno apprezzamenti sessuali, di una banalità ancestrale. Ma del resto con i social noi abbiamo reso tutto banale, anche l'amore, che dura il tempo di uno scorrimento verticale col dito.[6]
- A noi ci viene affidato uno spazio, non è che lo compriamo o lo gestiamo. Quindi nel momento in cui ti viene dato o ti viene tolto [un programma televisivo], devi pensare a quello che ci hai messo dentro. Se sei tranquilla, se hai lavorato bene, se hai dato quello che potevi dare date le circostanze non si tratta proprio di avere paura, anzi, si tratta di dire "qualsiasi cosa accada, va bene". Perché so come ho lavorato, so come ha lavorato la mia squadra, cosa abbiamo voluto fare e cosa abbiamo ottenuto e cosa non abbiamo ottenuto. Dobbiamo ricordarci sempre che parliamo di servizio pubblico, dunque che i nostri primi azionisti sono i cittadini, coloro che pagano il canone, quindi bisogna guardare a loro. Poi i direttori hanno la prerogativa di riconfermarti o meno: è chiaro che non puoi piacere a tutti, non tutti magari scommettono su di te. Però va bene, io ho già avuto tante soddisfazioni, le ho avute grazie al fatto che ho potuto lavorare sodo.[7]
Intervista di Claudia Catalli, grazia.it, 16 ottobre 2018.
- Dobbiamo dire chiaro e tondo a chi ci ascolta che le donne in tv, e altrove, non fanno carriera prendendo scorciatoie [...]. Iniziamo a valorizzare e a valorizzarci, a sottolineare le competenze e le fatiche di ogni giorno, a lottare contro gli stereotipi e le categorizzazioni. Solo così possiamo sperare di cambiare le cose. [«Donne e tv: davvero sente ancora odore di luoghi comuni?»] Si parla di noi attraverso i cliché, purtroppo: la bruna, la bionda, la sexy, la dolce. Il tema è culturale, la nostra rappresentazione continua a passare attraverso stereotipi senza fondamento.
- [«Subisce mai pressioni su come deve apparire in tv?»] No, perché i modelli femminili sono numerosi: siamo tante e tutte diverse, belle anche se sovrappeso. Semmai la pressione deriva dal fatto che la nostra competenza viene sempre paragonata a quella maschile. Forse si fa ancora fatica ad accettare una donna che sappia il fatto suo. Io sono una che la sua opinione la dice forte e chiaro.
- [«Ha un modello?»] Penso a un mix tra la competenza di Daria Bignardi e la spontaneità di Geppi Cucciari e Victoria Cabello. Una donna che si informa, ma che non rinuncia all'ironia e sa prendersi un po' in giro.
- Alle elementari scrissi in un tema che avrei voluto girare il mondo realizzando reportage. Il pallino di raccontare le cose mi è rimasto, contro il parere dei miei genitori che avrebbero preferito rimanessi con loro in Toscana. Ancora li ringrazio per avermi lasciato andare. Uscii di casa e dopo la laurea inviai il mio curriculum ovunque. Tutti risposero "no, grazie", tranne Radio Vaticana, che mi offrì uno stage estivo. Ho mosso lì i primi passi poi, a 25 anni, con zero esperienza televisiva, ho fatto un provino per il programma Rai A sua immagine. Da lì è partito tutto.
- [«Una donna come lei come risolve il dilemma "carriera o famiglia"?»] Semplice, non rinuncio a niente. Sono convinta che la vita ti doni quello che riesci a portare avanti. Mi lascio sorprendere, me la godo ogni giorno, non inseguo progetti per forza, penso che non ce ne sia bisogno. Se arriverà una famiglia, sarò contentissima, ma vorrei riuscire a tenere insieme tutto. Serve avere accanto un compagno intelligente, brillante, curioso e soprattutto non legato a luoghi comuni culturali. Una cosa è certa: se un uomo mi dice "Scegli, o la famiglia o la carriera", di sicuro io non scelgo lui.
tvblog.it, 18 maggio 2020.
- Durante il mio percorso ho quasi sempre seguito una vocazione giornalistica, tranne quando mi hanno chiesto di condurre programmi più d'intrattenimento [...]. Quando mi posso occupare di approfondimento sono molto felice. Quando posso usare un linguaggio di sintesi per dare più spazio alla narrazione di un fenomeno [...], mi trovo nei miei panni e corrisponde all'immagine che ho io di questo mestiere. Quando mi chiamano per fare intrattenimento cerco di mettermi di più in gioco. La prendo quasi come una sfida con me stessa per tirare fuori delle corde che sono abituata a suonare di meno.
- Nel mio mestiere devi imparare a fare le cose che ti chiedono di fare. Per carattere tendo a essere timida e defilata, ma il mio lavoro mi porta a essere molto esposta. È un continuo allenamento per andare d'accordo con tutti gli aspetti della mia personalità.
- Con questo mestiere diventiamo facilmente preda di giudizi e di modelli. Io tento sempre di spogliarmi delle sovrastrutture per essere il più naturale e spontanea possibile.
- [«[...] che rapporto hai con le critiche?»] Se sono critiche pertinenti al mio programma, quindi pertinenti al lavoro, le accetto molto volentieri. Se sono giudizi sulla persona è diverso. Se giudichi le mie scarpe o la mia pettinatura non me ne frega niente. Arrivare a 40 anni servirà pur a qualcosa.
Intervista di Andrea Parrella, tv.fanpage.it, 26 ottobre 2020.
- [...] siamo figli di una cultura dell'immagine che tutto il novecento ci ha imposto e che oggi abbiamo digitalizzato a tal punto che la sola cosa che conta è la percezione che diamo di noi attraverso i social. I nostri figli sono figli di questa realtà, in cui la percezione che gli altri hanno di te conta più di quello che sei. Nello specifico il problema riguarda il corpo delle donne, che è un vero e proprio campo di battaglia. [«Su quel fronte siamo ancora lontani da un equilibrio?»] Lontanissimi, perché se da una parte si portano avanti battaglie per tutti, dall'altra il corpo della donna continua ad essere ossessivamente e ancestralmente una questione di desiderio. Se il tuo desiderio devi stimolarlo in qualche modo, la donna deve avere quei canoni, ma vuol dire ancora rispondere a un concetto di desiderio che va in una sola direzione. Perché dobbiamo ancora sentirci oggetto del desiderio di un pensiero maschilista? Questa è una cosa che non accetto delle strategie di marketing che ci sono dietro al corpo delle donne.
- [«Non avverti il pericolo di un femminismo troppo fondamentalista e del rischio che questa asimmetria finisca per riproporsi, un giorno, al contrario?»] Il rischio c'è, per non parlare di donne che hanno interiorizzato così tanto il modo di fare e pensare maschile, che pur collocate in ruoli di potere riproducono esattamente lo stesso schema.
- Noi abbiamo parlato di maschi e femmine per secoli ed è vero, i maschi e le femmine ci sono, ma non è che ci sia un territorio che definisca cosa è maschile e cosa è femminile a tutti i costi. Dobbiamo liberare il femminile e il maschile che abitano in ciascuno di noi, questi concetti devono mischiarsi, scoprirsi, rinnovarsi e trasformarsi insieme. Così nasce una società che ha l'impronta di entrambi i sessi e non si basa su un semplice schema simmetrico, su una semantica ideologica maschio/femmina che ci siamo creati nel nostro cervello.
Intervista di Ilaria Ravarino, ilmattino.it, 28 settembre 2022.
- [«Il partner da cui ha imparato di più?»] Carlo Conti per me è un maestro. Il numero uno, ma davanti a lui mi impallino e sbaglio tutto. Ha la capacità di spiazzarmi. Sono rimasta conquistata durante un Sanremo, quello con Maria De Filippi. Era la serata finale, il momento clou. Durante la pausa pubblicitaria lui che fa? Scende in platea, va dalla compagna e chiede: il bambino ha mangiato? Gigantesco.
- [«Un partner con cui non è andata d’accordo?»] Quando sono arrivata a Unomattina, sono entrata nel territorio di Franco Di Mare. Io volevo essere brava e imparare in fretta, per guadagnarmi il suo rispetto. Con lui ho imparato tanto ma ho faticato. Però i nostri siparietti piacevano: la gente mi ferma ancora per strada per chiedermi come sta Franco.
- [«Che "animale" è Fialdini in onda?»] Sono attenta al non detto. Guardo i movimenti del corpo per intuire come arriva la persona in studio, il mood, capisco così quali porte posso aprire. I nostri ospiti sanno che siamo aperti all'imprevisto e si mettono in gioco. La tv non fa sconti. È uno strumento anche molto drammatico: se sei triste, si vede.
- [«Il successo: quanto conta il talento?»] Conta la voglia di lavorare. Io non ho mai rifiutato un lavoro, a qualunque ora del giorno e della notte, pagato e non pagato. Ho preso tutto quello che poteva farmi fare esperienza. Per pagarmi l'affitto ho fatto anche tre lavori: un giorno sono svenuta in radio.
Note
modifica- ↑ Dall'intervista di Giuseppe Bosso, Francesca Fialdini, viva la semplicità, telegiornaliste.com, 18 gennaio 2010.
- ↑ Dall'intervista di Chiara Sillicani, Francesca Fialdini e l'orgoglio massese: «Una terra splendida, non sono fuggita», iltirreno.gelocal.it, 31 dicembre 2019.
- ↑ a b Dall'intervista di Elisa Venco, Francesca Fialdini, la giornalista tv che piace alle donne, donnamoderna.com, 11 marzo 2021.
- ↑ Dall'intervista di Claudia Casiraghi, Francesca Fialdini: «Fare televisione per cambiare il Paese», vanityfair.it, 18 settembre 2021.
- ↑ Dall'intervista di Angelica Cardoni, Francesca Fialdini tra sci, Juve e tv: "Mangio cioccolato prima di andare in onda", gazzetta.it, 18 settembre 2021.
- ↑ Dall'intervista di Marzia Apice, Francesca Fialdini, racconto il Paese e chi ha avuto coraggio, ansa.it, 18 settembre 2021.
- ↑ Dall'intervista di Giorgia Iovane, Francesca Fialdini a TvBlog: "Spero che il nuovo taglio di Da noi.. a ruota libera piaccia, anche ai più giovani", tvblog.it, 16 settembre 2023.
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