Eugenia Grandet (film 1947)
film del 1947 diretto da Mario Soldati
Eugenia Grandet
Alida Valli in una sequenza del film
Titolo originale |
Eugenia Grandet |
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Lingua originale | italiano |
Paese | Italia |
Anno | 1947 |
Genere | drammatico |
Regia | Mario Soldati |
Soggetto | Honoré de Balzac (Eugenia Grandet) |
Sceneggiatura | Aldo De Benedetti, Mario Soldati, Emilio Cecchi |
Interpreti e personaggi | |
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Eugenia Grandet, film italiano del 1947 con Alida Valli, regia di Mario Soldati.
Frasi
modificaCitazioni in ordine temporale.
- Piuttosto che dare mia figlia a quel giovanotto, preferirei buttarla nel fiume! (Felix)
- Ogni sera, ovunque io mi troverò, io guarderò in cielo e penserò che anche tu qui aspetti che si accenda la prima stella. Sarà come se ci parlassimo, come se fossimo ancora vicini. (Charles)
- Oh, in casa mia si prende dell'oro! Si dà via, senza dirmi a chi è stato dato! L'oro, l'oro, l'oro!! Si può capire che una ragazza, anche la più onesta, in un attimo di smarrimento dia... non so cosa. Ma dare dell'oro! (Felix)
Citazioni su Eugenia Grandet
modifica- Da sempre interessato alle trasposizioni cinematografiche di opere letterarie, Soldati questa volta ci prova con il romanzo omonimo di Honoré de Balzac, ma semplifica troppo i caratteri, riducendoli quasi a caricature, ed esagera in teatralità, sia nella messinscena che nella direzione degli attori. Tumiati sembra più simile all'Avaro di Molière che a Grandet, la Valli, la più misurata e convincente di tutti gli interpreti, non sempre appare a suo agio. Notevole, come sempre nei film del regista, la cura formale, soprattutto nel taglio elegante delle inquadrature. (Il Mereghetti)
- Mario Soldati, che predilige i soggetti letterari, si attacca stavolta a Balzac, la cui mole mi sembra tra le meno proporzionate alla sua statura. In Eugenia Grandet, la spettacolosa avarizia del vecchio tiranno provinciale si riduce alla penosa mania del collezionista di monete d'oro; la generosa dedizione di Eugenia diventa romanticheria rinunciataria, l'impudente egoismo del giovane Carlo si fa calcolo meschino. L'ambiente balzachiano, tipicamente francese, caratteristicamente ottocentesco, non vi si sente neanche per approssimazione. E – questo è il punto – nessun altro ambiente attendibile lo sostituisce. La storia si dipana con amorfo andamento teatrale in bugigattoli palesemente scenografici ed esterni meramente decorativi anche quando sono fotografati dal vero. L'abilità e il gusto di Mario Soldati si manifestano nei tagli delle inquadrature; ma anche codesta insistente studiosità formale concorre alla lentezza del racconto. Lo acuisce la recitazione ora sbrigativa, ora ampollosa, dalla cui monotonia si salvano alcune azzeccate espressioni di Alida Valli allorché, con composta fermezza, osa tener testa al padre imbestialito. (Carlo Alberto Felice)
- Nonostante l'apporto in sceneggiatura di E. Checchi e A. De Benedetti, è il meno riuscito tra i film letterari di Soldati. Decorativo, elegante, inerte. (il Morandini)
- Tratto dal romanzo di Balzac, questo film non concede nulla allo spettacolo. È scarno e pulito, si preoccupa solo di raccontare la verità. I protagonisti sono misurati e rigorosi. La straordinaria analisi di Balzac sull'avarizia di papà Grandet viene tradotta in pellicola con acume ed efficacia. È l'esemplare lavoro di un regista la cui bravura non è mai stata riconosciuta in giusta misura. (il Farinotti)
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