Ernesto Rossi
politico, giornalista e antifascista italiano (1897-1967)
Ernesto Rossi (1897 – 1967), politico, giornalista ed economista italiano.
Citazioni di Ernesto Rossi
modifica- Il fascismo non era un accidente da attribuire alla criminale iniziativa di Mussolini. Era il frutto di tutta la nostra storia.[1]
- Il nostro ideale non è una società fossilizzata nelle regolamentazioni burocratiche; è una società molto più dinamica dell'attuale articolata in innumerevoli organismi autonomi e continuamente mutevoli.[2]
- Io capisco che ci sia chi preferisce il "giustizialismo" peronista all'economia classica. Ma dovremmo ormai conoscere dove questa strada conduce. Facendo appello al generoso corazón dei seguaci, con l'applauso delirante delle folle oceaniche dei descamisados e l'appoggio dei vescovi e dei cardinali, il generale Perón – fatti fuori tutti gli oppositori alla sua politica e abolita la libertà di stampa – ha raggiunto il miracoloso risultato di esaurire in pochissimi anni le ingenti riserve auree accumulate, durante la guerra, con le forniture ai paesi belligeranti; ha svalutato il peso, gettando il sistema monetario e creditizio nel più fantastico disordine; ha provocato una crisi tanto grave nelle campagne da vedersi costretto a imporre – nel paese che prima era uno dei maggiori esportatori di grano e di carne – il razionamento della carne e del pane.[3]
- La storia è un dramma su cui non cala mai il sipario.[4]
- Non è possibile fare delle innovazioni radicali con la presenza di truppe di occupazione. Il governo inglese e quello americano considerano il nostro Paese come un trampolino di lancio contro la Russia e hanno tutto l'interesse ad appoggiare i reazionari, loro eventuali alleati contro i comunisti. È vero. Noi abbiamo perso la partita. Ma le carte che avevamo in mano non ci permettevano di vincerla. (da una lettera a Gaetano Salvemini, 16 aprile 1946[5])
- Non sa Calamandrei che già oggi le condizioni dei lavoratori nelle città sono tanto privilegiate, in confronto a quelle dei lavoratori dei campi, che per difenderle sono mantenute in vigore le infami leggi fasciste sulla "disciplina delle migrazioni interne" (9 aprile 1931, n. 358) e "contro l'urbanesimo" (6 luglio 1939, n. 1092)? Non sa che, se venissero abolite queste leggi, che hanno ristabilito la servitù della gleba e il domicilio coatto per gli abitanti delle zone depresse, avremmo una tale invasione di turbe miserabili nelle città che nessun "sindaco santo"[6] riuscirebbe ad alloggiarle e a mantenerle? [3]
- Se ci si potesse allontanare dal teatro prima della fine dello spettacolo, darei poi volentieri la mia contromarca al primo scugnizzo che trovassi per istrada e che desiderasse andare a veder la fine.[7]
- Siamo democratici perché siamo pessimisti nei riguardi dei governanti.[8]
Note
modifica- ↑ AA.VV., No al fascismo, a cura di Ernesto Rossi, Einaudi, Torino 1957, p. 183.
- ↑ AA.VV., No al fascismo, a cura di Ernesto Rossi, Einaudi, Torino 1957, p. 189.
- ↑ a b Da La voce del cuore, Il Mondo, anno VI, numero 8, 23 febbraio 1954; riportato in Bibliotecaginobianco.it.
- ↑ Da Elogio della galera, p. 222.
- ↑ Citato in Corrado Stajano, Gli impuniti del dopoguerra, Corriere.it, 28 aprile 2017.
- ↑ Soprannome che identificava Giorgio La Pira, sindaco di Firenze dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965.
- ↑ Da Elogio della galera, p. 306.
- ↑ Citato in Gaetano Pecora, Realismo politico alla Pareto, Il Sole 24 Ore, 5 febbraio 2017.
Bibliografia
modifica- Ernesto Rossi, Abolire la miseria, Laterza, Bari, 1977.
- Ernesto Rossi, Elogio della galera. Lettere 1930-1943, a cura di Gaetano Pecora, Il mondo 3 edizioni, Roma, 1997.
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