Convenzione di settembre

accordo diplomatico tra il Regno d'Italia e il Secondo Impero di Napoleone III

Convenzione di settembre, accordo diplomatico stipulato il 15 settembre 1864 tra il Regno d'Italia e il Secondo Impero di Napoleone III.

L'ambasciatore Costantino Nigra firmatario, per la parte italiana, della Convenzione

Citazioni sulla convenzione di settembre modifica

  • Il Protocollo [della Convenzione] del 15 settembre tendeva a far credere, che noi, trasferendo la capitale nel centro della nazione, a Firenze, volessimo rinunziare a Roma.
    Ma il Governo italiano protestò contro siffatta interpretazione espressa da quello francese. Fra noi si era concepito lo sgombro di Roma da parte dei Francesi e l'impegno nostro a tutelare lo Stato pontificio da ogni violenza esterna nel senso, che quando i Romani riuscissero da sé stessi a scalzare il Governo del papa e facessero un plebiscito di annessione, la Convenzione non avrebbe più avuto luogo di esistere, il Governo italiano sarebbe stato libero di accettare il plebiscito fatto dai Romani indipendentemente da coazione od aiuti esterni: insomma l'Italia si obbligava a guarentire lo Stato pontificio dagli attacchi esterni, ma non anche a mantenerlo contro la volontà dei Romani, quando questi con plebiscito dichiarassero di non volere il Governo pontificio. (Francesco Scaduto)
  • La Convenzione, che fu detta "di Settembre" dal mese in cui venne concordata, si componeva di cinque articoli e stabiliva: che l'Italia rinunziava ad ogni atto di ostilità contro il territorio pontificio; che la Francia ne avrebbe ritirato le sue truppe via via che il governo del Papa le avesse rimpiazzate con volontari indigeni e stranieri, e comunque entro due anni; e che questo doppio impegno sarebbe entrato in vigore dal momento in cui il governo italiano avesse decretato il trasferimento della capitale da operarsi nello spazio di sei mesi. (Indro Montanelli)
  • La Convenzione di settembre diede luogo subito ad interpretazioni contrastanti da parte dei due contraenti, che diedero origine a scambi di note diplomatiche e a polemiche di stampa. Essa si prestava a queste contrastanti interpretazioni non solo per il carattere sommario ed impreciso del suo testo, ma anche e soprattutto perché intimamente contrastanti erano le intenzioni delle due parti. Da parte francese si cercò di presentare la Convenzione come un'implicita rinuncia dell'Italia al voto del 27 marzo 1861[1] e si insistette sull'impegno italiano a non attaccare lo Stato Pontificio. Da parte italiana si cercò di presentarla come un passo verso la soluzione della questione romana, poiché si insistette sul fatto che essa non conteneva una rinuncia a Roma e si affermò che il ritiro delle truppe francesi apriva la possibilità di accordi diretti col papa e non escludeva la possibilità che i romani facessero sentire la loro voce. (Giorgio Candeloro)
  • La convenzione di settembre [...] ebbe indirettamente due altre conseguenze, buona l'una, cattiva l'altra. La prima fu di far sparire, pel mutamento di capitale[2], le accuse di piemontesismo e le rivalità rispetto a Torino. L'Italia a Firenze cessò di apparire un Piemonte ingrandito e così l'opera unificatrice divenne più rapida e più completa. La seconda di far perdere in parte al nuovo Regno il concorso e l'appoggio di una regione forte, laboriosa, educata a libero reggimento quale era la piemontese, regione onde si traevano non solo valorosi soldati, ma funzionari attivi ed onesti, nei quali il sentimento del dovere e i grandi interessi dello Stato prevalevano a qualsiasi altra considerazione. (Alessandro Guiccioli)
  • Molti affettano di non vedere altro nella convenzione del settembre, che la necessità che ha l'Italia di conciliarsi col Papato: e non vedono, o fingono di non vedere l'isolamento in cui il Papato rimane in mezzo all'Italia libera ed una. (Anselmo Guerrieri Gonzaga)
  • Oggi ancora persisto a credere, che la Convenzione di settembre ebbe questo carattere di necessità assoluta, e che, senza di essa, e senza il trasferimento della capitale[2], non avremmo potuto né essere alleati della Germania nel 1866[3] per l'acquisto della Venezia, né tampoco venire a Roma nel 1870. (Marco Minghetti)

Note modifica

  1. La Camera dei deputati, riunita a Torino il 27 marzo 1861, dopo un discorso del presidente del Consiglio Cavour, aveva approvato «alla quasi unanimità»: «La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, confidando che, assicurata la dignità, il decoro e l'indipendenza del pontefice e la piena libertà della Chiesa, abbia luogo di concerto con la Francia l'applicazione del non intervento, e che Roma, capitale acclamata dall'opinione nazionale, sia congiunta all'Italia, passa all'ordine del giorno.» Cfr. Portale storico della Camera dei deputati.
  2. a b Nel 1865, qualche mese dopo la firma della Convenzione, la capitale del Regno fu trasferita da Torino a Firenze.
  3. Nella terza guerra d'indipendenza.

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