Caracalla
ventunesimo imperatore romano (r. 209-217)
Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, meglio noto con il soprannome di Caracalla (188 – 217), imperatore romano.
Citazioni su Caracalla
modifica- Nella sua politica Caracalla affermò chiaramente e francamente, più francamente del padre[1], d'esser deciso a fondare il suo potere non sulle classi elevate – la borghesia cittadina e l'aristocrazia italica – ma sulle classi inferiori e sui soldati che le rappresentavano. È noto ch'egli favorì appunto i soldati e volle apparire uno di essi, a non parlare degli aumenti di soldo e di pensioni e dei donativi straordinari loro profusi. Ciò potrebbe spiegarsi col desiderio di comperare la fedeltà e l'appoggio dei soldati dopo l'uccisione di Geta. Ma più di una volta Caracalla fece aperta mostra del più grande disprezzo e della più risoluta ostilità verso le classi possidenti e intellettuali: Dione è esplicito su questo punto, e le sue affermazioni s'accordano benissimo con la notoria tendenza di Caracalla ad uguagliarsi ai più umili soldati. (Michail Ivanovič Rostovcev)
- Caracalla si mostrò il nemico comune del genere umano. Lasciò la Capitale (né mai più vi fece ritorno) circa un anno dopo la morte di Geta. Passò il resto del suo regno nelle diverse province dell'Impero, particolarmente nelle orientali, ed ogni provincia divenne a vicenda il teatro della sua rapina e della sua crudeltà. I Senatori, forzati dal timore a secondare tutti i suoi capricci, erano obbligati di preparargli ogni giorno con immense spese nuovi divertimenti, che con disprezzo abbandonava alle sue guardie, e ad erigere in ogni città palazzi e teatri magnifici, ch'egli o sdegnava di visitare, o comandava che tosto fossero demoliti. Le più ricche famiglie furono rovinate con tasse e confiscazioni private, mentre il corpo intero dei sudditi era oppresso da ricercate e gravose imposizioni.
- In mezzo alla pace, e per una leggierissima offesa egli comandò uno scempio generale in Alessandria di Egitto. Da un posto sicuro nel tempio di Serapide, contemplava e regolava la strage di molte migliaia di cittadini e di stranieri, senza avere riguardo alcuno al numero, o alla colpa di quegl'infelici; giacché (com'egli freddamente ne scrisse al Senato) tutti gli Alessandrini, e quelli ch'erano periti, e quelli che si erano salvati, meritavano ugualmente la morte.
- Le savie istruzioni di Severo non fecero mai una impressione durevole sullo spirito del suo figlio, che sebbene non mancasse d'immaginazione e d'eloquenza, non avea né giudizio, né umanità. Caracalla ripeteva spesso una massima pericolosa degna di un tiranno, e da lui posta in pratica sempre: "assicurarsi l'affezione dei soldati, e poco valutare il resto dei sudditi".