Antonio Canova

scultore e pittore italiano (1757-1822)

Antonio Canova (1757 – 1822), scultore e pittore italiano.

Canova, Autoritratto (1792)

Citazioni di Antonio Canova

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  • Ciò che mi rende più impaziente è vedere l'effetto che l'opera produrrà sulle anime del pubblico.[1]
  • La forma plastica non rappresenta la figura, ma la sublima, ne trasforma l'essenza, [...] la cala e la isola nello spazio reale e, isolandola, la idealizza [...]: forma-oggetto che risolve in sé ogni relazione spaziale, si racchiude in un involucro impenetrabile, si pone come presenza altamente problematica dell'ideale nel reale, dell'assoluto nel relativo. [...].[2]

Citazioni su Antonio Canova

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  • A ventiquattro anni ebbe la fortunata occasione di eseguire il monumento di Papa Ganganelli[3], nella cui opera si mostrò affatto innovatore. Al solito stile berniniano egli sostituì un fare più semplice, tanto nelle linee architettoniche, quanto negli atteggiamenti delle figure, e abbenché nell'aspetto generale quel monumento paresse cosa fredda, nulladimeno destò meraviglia, essendo come un ribellarsi al predominio dello stile barocco. (Guglielmo De Sanctis)
  • Antonio Canova è il nume dell'arte italiana nel primo ventennio del secolo XIX. Fu salutato «principe della scultura e riformatore dell'arte in Italia». E qualunque sia il giudizio che gli artisti odierni fanno di lui, resta e resterà sempre ch'ei si avvantaggiò assai sui predecessori nello stile e nell'esecuzione. I suoi monumenti a papa Rezzonico (Clemente XIII) e a papa Ganganelli (Clemente XIV) fecero un'impressione tale da segnare una nuova êra artistica. (Salomon Reinach)
  • Il Canova seguì ne' suoi concepimenti lo spirito del tempo, intieramente pagano, e fondò una scuola incapace d'infondere nelle opere quello spiritualismo, che è proprio dell'arte cristiana, alla quale poi tornarono il Thorwaldsen ed il Tenerani[4]. (Guglielmo De Sanctis)
  • Salito presto in alta fama, fu l'ultimo raggio di gloriosa luce che la cadente Repubblica [di Venezia], prima della morte[5], mandò. Per lui la scultura si rialzò dall'avvilimento, nel quale giaceva dopo i tempi del Buonarroti, rinfrancata soltanto da qualche tratto di genio, nei grandiosi monumenti del Bernini. Ricondottala all'ufficio d'imitare le bellezze della natura dove si trovavano, seppe in ogni maniera di soggetti esprimere i sentimenti più svariati e più nobili dell'animo umano, in stile or severo ora mesto; e nella grande composizione distinguersi per l'altezza dei pensieri. (Enrico Poggi)
  • Se non avessimo avuto il Canova, grandissimo dinanzi ad ogni scuola, male sapremmo dire chi avrebbe potuto sostenere la riputazione artistica dell'Italia nel primo ventennio del secolo presente[6]. (Marco Tabarrini)
  • [Sulla Tomba di Maria Cristina d'Austria] Un lamento toccante e allo stesso tempo stoico per la mortalità di tutta l'umanità. (Hugh Honour)
  • Aveva carrozza e cavalli, e vestiva elegantemente con calze di seta, brache di velluto, abito di velluto o seta, sparato della camicia con merletti di Burano, panciotto a ricami, orologio a ripetizione, scatola d'oro con la miniatura di Napoleone. Il suo viso era scarno, senza barba, ovale, con la bocca grande e grandi occhi, naso lungo pronunziato, sopracciglie folte nere, occhiaie profonde, fronte amplissima e calvo, e nascondeva la calvizie con un parrucchino molto ben fatto.
  • Il Canova artista cristiano, con le divinità del suo Olimpo, con le sue ninfe, con le sue eterne nudità sino al punto di effigiar nudo Napoleone, con le sue forme ispirate al modello dello scalpello greco, appare nei suoi lavori piuttosto uno scultore del tempo di Pericle, che un artista del tempo di Pio VI e VII, e piuttosto adoratore del Giove eleusino che del redentore Gesù. Infatti egli non effigiò neppure un solo santo; scolpì una Maddalena perché si prestava al bello e al nudo, e fece una Pietà per il suo Possagno[7] con l'unico scopo di eseguire un Cristo nudo; e della nudità era così appassionato cultore che invitato con lettera da monsignor maggiordomo Frosini a nome di Papa Pio VII a coprire i Geni del sepolcro degli Stuardi, vi si rifiutò seccamente.
  • L'invidia degli artisti sobillati dal Laboreur, dal Pacetti, dal Marchionni, dal Battoni, non lasciò in pace il Canova, che essi motteggiavano con modi scurrili e indecenti, e giuocando sul suo nome lo dicevano Sor-ca-nova, ovvero cacatanova, e quando si scoprì il mausoleo del Ganganelli[8], in cui sono le statue della Fortezza e della Temperanza, fu divulgata una satira affissa al caffè a Piazza di Pietra che diceva: «Chi avesse trovato la gamba della Temperanza, la porti nella sagrestia dei Ss. Apostoli che gli sarà data conveniente mancia».
  1. Citato in AA.VV., Il libro dell'arte, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 220. ISBN 9788858018330
  2. Da Conghiettura sopra l'aggruppamento de' Colossi di Monte Cavallo, 1802; citato in Piero Adorno, L'arte italiana, Le sue radici medio-orientali e greco-romane, Il suo sviluppo nella cultura europea, volume III, tomo I, Dall'Illuminismo alle correnti artistiche europee dell'Ottocento, Casa Editrice G. D'Anna, Messina-Firenze, 1998, p. 191.
  3. Papa Clemente XIV, al secolo Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli (1705–1774).
  4. Scultori neoclassici, coevi del Canova.
  5. Il 12 maggio 1797, il Maggior Consiglio abdicò e dichiarò decaduta la Repubblica.
  6. L'Ottocento.
  7. Comune natale del Canova, in provincia di Treviso.
  8. Monumento funebre di papa Clemente XIV, eseguito dal Canova e posto nella chiesa romana dei Santi XII Apostoli.

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