Anatolij Aleksandrovič Sobčak

politico russo

Anatolij Aleksandrovič Sobčak (1937 – 2000), docente e politico russo.

Sobčak nel 1990

Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 1º dicembre 1992.

  • Ci sono i nazional patriottici e gli ex comunisti. Nel Soviet Supremo saranno qualche decina. In Congresso poco più di un centinaio. Fanno molto rumore ma sono pochi. Usano gli errori del governo a fini demagogici. Ma non sono loro il problema. Invece bisogna riflettere sul fatto che oggi si è formata un'altra opposizione: che è composta da riformatori che un anno fa erano con Eltsin e col governo e oggi non sono d'accordo con il modo in cui si fanno le riforme.
  • L'ho detto a Gaidar: lei mi ricorda un atleta che, dovendo correre la maratona, parte come un centometrista. Non può farcela con questo ritmo.
  • Io critico direttamente la politica estera seguita fin qui. Esattamente perché non difende gl'interessi nazionali. La guerra fredda è finita, la contrapposizione è cosa del passato, ma gl'interessi nazionali rimangono: quelli della Francia, dell'Italia, della Russia... Occorre una politica estera più matura.
  • Un tempo le grandi città erano approvvigionate in modo privilegiato. Adesso il salame resta dove lo producono, e costa meno sul Volga che a Mosca. Per questo l'appoggio alle riforme in periferia è più solido che nei grandi centri: perché sono più liberi e cominciano a stare meglio. Tra qualche tempo si vedrà che la nuova Russia sta nascendo in periferia.
  • La burocrazia comunista non è rimasta intatta da nessuna parte. Io ci parlo con questa gente. Ora possono arricchirsi, avere la dacia in proprietà, possono prendere decisioni. Nessuno vuole tornare indietro.
  • Bisogna mettere in circolo questa immensa ricchezza che oggi è immobilizzata. Bisogna venderla ai privati, anche agli stranieri. È il modo più semplice per avere investimenti esteri, ed è anche il più intelligente. Molto meglio che chiedere prestiti che poi dovremo restituire.

Citazioni su Anatolij Sobčak

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  • Anatoly Sobchak era sindaco e aveva la reputazione di essere un democratico e un liberale. Ma, ovviamente, è possibile essere un democratico e un liberale e un completo truffatore allo stesso tempo. Sobchak potrebbe non avere ordinato degli omicidi. Ma credo che il suo portaborse [Vladimir Putin] fosse probabilmente un po' più spietato. (Donald Rayfield)
  • Il 17 febbraio 2000 Putin chiese a Sobchak di fare un po' di campagna elettorale per lui a Kaliningrad [...]. Sobchak ci andò, accompagnato da due assistenti e guardie del corpo. Tre giorni dopo ebbe un infarto e morì. Era un uomo sano di sessantadue anni, con diversi libri al suo attivo e una reputazione internazionale come uno dei personaggi più interessanti della Nuova Russia. La cosa strana è che, a quanto pare, anche le sue guardie del corpo ebbero un infarto. Gli infarti cardiaci non sono infettivi. Che tre uomini abbiano avuto infarti cardiaci allo stesso tempo indica una sola possibile causa: avvelenamento. (John Sweeney)
  • Una delle prime mosse di Putin come primo ministro, nel settembre del 1999, fu quella di fare cadere nel dimenticatoio un'indagine per corruzione contro Sobchak, che ovviamente avrebbe avuto un riflesso negativo anche sul suo ex vice, permettendogli di tornare in Russia dall'esilio volontario a Parigi. Sobchak gli fu estremamente grato. Il vecchio narcisista voleva tornare in grande stile e abbandonò i suoi vecchi valori liberali per esaltare l'uomo del momento, paragonando Putin a Stalin. Ciò che serviva, disse, era «un nuovo Stalin, non altrettanto assetato di sangue, ma non meno brutale e severo, perché è l'unico modo per fare lavorare i russi». (John Sweeney)

  Citazioni in ordine temporale.

  • A differenza dell'atteggiamento contemplativo e generalmente dimesso degli informali, Sobčak ostentava una sofisticata eleganza nel vestire – i comunisti amavano criticarlo per i completi «borghesi», e le classiche giacche a scacchi vengono rievocate negli aneddoti politici ancora oggi dopo venti anni – ed era un oratore convincente. Sembrava che gli piacesse il suono della propria voce. Come ricorda un collega, Sobčak «poteva distrarre una riunione di lavoro improvvisando per quaranta minuti un discorso su un ponte immaginario» e affascinare gli ascoltatori senza dire in pratica nulla.
  • Anatolij Sobčak sapeva certamente che Putin era un funzionario del KGB. Ed è proprio per questo che lo ha cercato. Sobčak era questo genere di politico: parlava con un linguaggio colorito di termini democratici, ma gli piaceva avere una solida base conservatrice con la quale gestirlo.
  • Sobčak stava regalando appartamenti nel centro di San Pietroburgo. Andavano agli amici, ai parenti, agli stimati colleghi. In un paese dove il diritto alla proprietà non era mai esistito e dove l'élite comunista al potere per molto tempo aveva goduto di uno status da famiglia reale, Sobčak, che si beava della sua popolarità iniziale, non vedeva nulla di sbagliato in quello che stava facendo. [...] Perché mai avrebbe dovuto distinguere tra la sua abitudine di regalare le proprietà della città e le abitudini di Putin di intascare il ricavato delle vendite di risorse pubbliche? Perché mai avrebbe dovuto prestare ascolto ai democratici del consiglio della città? Non li poteva sopportare – e quello che lo irritava più di tutto era il militante idealismo, l'assurda insistenza nel voler fare le cose come dovevano essere fatte invece di come erano sempre state fatte. Questa adesione a un immaginario codice etico invariabilmente finiva per impedire di realizzare qualunque cosa.
  • Non sono sicura dei motivi per i quali Sobčak, che aveva inizialmente abbracciato con entusiasmo la nuova politica democratica, abbia in seguito coltivato un odio per la democrazia e le sue modalità; penso che, come megalomane, era profondamente urtato ogni volta che non riusciva a imporre la sua volontà – era urtato dalla competizione politica in sé, dalla minima possibilità di dissenso. Inoltre aveva sempre vicino Putin che ogni volta cercava di mettere in evidenza gli svantaggi del sistema democratico.
  • Anatolij Aleksandrovich Sobčak era una persona emotiva. Gli piaceva essere al centro dell'attenzione e gli piaceva che si parlasse di lui. Mi sembrava che per lui fosse indifferente se le persone lo maledicevano oppure lo osannavano.
  • Ero assolutamente certo che fosse una persona per bene, per bene al cento per cento, perché ero stato fianco a fianco con lui per molti anni. So come la pensa, a cosa dà valore e a cosa non lo dà, di cosa sia capace e ciò che invece è al di là della sua portata.
  • L'ho seguito con grande interesse, ho seguito quello che faceva e quello che diceva. In realtà non approvavo tutto ciò che vedevo, ma si era guadagnato il mio rispetto. In più mi piaceva che fosse stato professore nell'università in cui avevo studiato. A quell'epoca ero studente, e non avevo alcun rapporto diretto con lui. C'è qualcuno che ha scritto che ero praticamente il suo allievo prediletto. Non è vero. Fu soltanto uno dei nostri insegnanti per uno o due semestri.
  • Non vorrei adesso discutere dell’indole o dei modi di Sobčak anche se da molti sento dire che lui è a volte duro. A me, invece, dicono di essere troppo morbido con le persone. Ma riesco a capire quando qualcuno perde le staffe. Ci troviamo adesso a vivere con l’acqua alla gola e a volte manca la pazienza di approfondire una domanda.

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