Aleksandr Vladimirovič Ruckoj

ufficiale e politico russo

Aleksandr Vladimirovič Ruckoj (1947 – vivente), politico ed ex generale russo.

Aleksandr Vladimirovič Ruckoj nel 2016

Citazioni di Aleksandr Ruckoj modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Un governo che non riesce a sfamare il suo popolo è reo di un comportamento criminale, e dovrebbe essere messo sotto processo.[1]
  • Smetterò di criticare la politica economica del governo soltanto quando i negozi saranno pieni di cibo, i prezzi scenderanno, e le condizioni di vita diventeranno almeno sopportabili per la maggioranza della popolazione.[1]
  • [Sulla cessione della Crimea] Il buon senso suggerisce che la Crimea deve far parte della Russia e firmare il trattato federativo. [...] Nel 1954 con tutta probabilità per i fumi dell'alcol o gli effetti dell'eccessiva calura fu firmato il documento di annessione della Crimea all'Ucraina, ma oggi io sono convinto della giustezza della posizione degli abitanti della penisola che intendono tenere un referendum per determinare dove e con chi stare.[2]
  • [Su Leonid Kravčuk e Stanislaŭ Šuškevič] Quei due hanno firmato la morte dell'Unione Sovietica davanti a troppi bicchieri di vodka.[3]

Da «Attenti ai 40 ladroni che consigliano Eltsin»

Intervista di V. Simonov, N. Dolgopolov e I. Cernjak, La Stampa, 25 aprile 1993, p. 9.

  • [Su Boris Nikolaevič El'cin] È più anziano di me e ha maggiore esperienza. Ma sono sempre stato contro quelli che gli stanno intorno, che lo spingevano, e che alla fine l'hanno trasformato in ostaggio delle loro idee folli.
  • Al presidente vengono date informazioni talmente deformate su quello che sta avvenendo nel Paese, che, quando le rende note, viene semplicemente fischiato.
  • Negli ultimi tempi stiamo osservando una rapidissima convergenza tra mafia e strutture statali. Gli affaristi dell'economia sommersa, dopo aver guadagnato somme colossali speculando sulla catastrofe del Paese, vogliono ora anche il potere politico.

Da "Eltsin deve andarsene e noi rifaremo l'Urss"

Intervista di Enrico Franceschini, la Repubblica, 5 settembre 1993.

  • Abbiamo preso l' abitudine di accusare di tutti i nostri problemi economici il circolo dei consiglieri del presidente. I consiglieri lo informano male, gli danno consigli sbagliati... Ma a dire il vero, cosa c'entrano i consiglieri? Tutto dipende dall'uomo che sta al vertice. Tutto dipende da incompetenza e irresponsabilità. A cosa servono le riforme, se conducono al degrado dell'industria? E se il livello di vita è in continuo declino? Oggi ogni persona con un minimo di senno si chiede: perché un grande paese è diventato in così breve tempo un mendicante internazionale? C'è chi pensa che sia successo per caso, o per una qualche ingiustizia storica. Ma non è così. La ragione è che qualcuno vuole assecondare gli interessi dei suoi consiglieri "d'oltre oceano" e svendere la madrepatria.
  • Cosa posso rispondere a coloro che si sono ubriacati senza speranza mentre il paese viene derubato di tutte le sue ricchezze? Rispondo che soltanto la morte mi impedirà di difendere l'onore e la dignità di questo paese. Dove è finito tutto il denaro dello Stato? In Mercedes e Volvo, in uffici di lusso e casinò, in conti di banche commerciali. Ecco dov'è. E c'è un'altra ruberia su grande scala: la privatizzazione dell'economia. Stanno strappando la proprietà al popolo che l'ha costruita per secoli e secoli.
  • [Sulla dissoluzione dell'Unione Sovietica] Quel sistema era concepito per una società monopartitica. Sì, deve essere migliorato e perfezionato. Ma gradualmente, fase per fase. Invece loro sono categorici: distruggere tutto il potere sovietico. Perché? Per che cosa? Per legalizzare quello su cui hanno già messo le mani. E per evadere ogni responsabilità. Perché quel che hanno fatto al nostro Stato è un crimine. È venuto il momento di nominare il principale responsabile, colpevole di aver distrutto l'Unione Sovietica, colpevole della morte di centinaia di migliaia di innocenti cittadini sovietici, colpevole della distruzione delle forze armate sovietiche, colpevole della distruzione dell'economia, del sistema sanitario, del patrimonio scientifico.
  • Durante il golpe dell'agosto '91 ero alla Casa Bianca, con Eltsin e i deputati. Il mio scopo era impedire che ci fossero delle vittime. E ho fatto tutto il possibile per evitare un attacco frontale. Ma già dal dicembre '91 ho cominciato a dire che i cosiddetti "democratici" si stavano screditando. Ero d'accordo anch'io che non si poteva continuare a vivere come vivevamo prima. Bisognava cambiare. Ma non nel modo in cui sta cambiando l'attuale leadership.
  • Noi resusciteremo l'Urss. Perché la gente comune non ha bisogno di questa "Comunità di Stati Indipendenti", questa Comunità dei Poveri e degli Affamati. Il nostro popolo ha sofferto molto per il crollo dell'Urss, e ora sa chi fu a volerlo: gli avventuristi politici, la pseudo-intellighenzija nazionalista, i cosiddetti democratici, e i loro istruttori in certi paesi occidentali e negli Stati Uniti.

Da "Il sangue non correrà"

Intervista sulla crisi costituzionale russa del 1993, la Repubblica, 24 settembre 1993.

  • Non [difendo] il parlamento. Difendo la legge, la costituzione. Esattamente come facevo, sempre chiuso qui alla Casa Bianca, due anni fa nei giorni del "golpe d'agosto" contro Gorbaciov. Allora furono i golpisti rossi a violare la legge, oggi sono i pseudodemocratici guidati da un cittadino di nome Boris Eltsin.
  • Finché sono qua io, non permetterò scontri o provocazioni. Dò la mia parola d'onore. [...] Quelli che hanno escogitato questo bel caos, non hanno mai visto il sangue. Io invece ne ho visto fin troppo, combattendo in Afghanistan. E non voglio vederlo più.
  • [«Quale è il suo programma per fermare la crisi?»] Si tratta di misure piuttosto drastiche. Primo: fermare le esportazioni illegali di materie prime e risorse strategiche. Secondo: istituire un nuovo cambio fisso del rublo rispetto al dollaro. Terzo: stabilire prezzi fissi per i principali prodotti alimentari.

Da «Rovescerò questi fascisti»

Intervista di Alla Borissova e Sergio Sergi sulla crisi costituzionale russa del 1993, l'Unità, 24 settembre 1993, p. 11.

  • Il comportamento del presidente ricorda piuttosto gli atti di una giunta fascista poiché si applicano metodi, nella rimozione degli organi di potere legalmente eletti, che neppure i fascisti si potevano permettere. Vengono sequestrate le macchine, i deputati non vengono lasciati entrare, è stato impartito l'ordine di non lasciarli salire sugli aerei, sui treni. Sono stati conquistati i mass media, a Mosca sono stati introdotti reparti delle truppe interne... Perciò non è neanche un tentativo, è già un golpe vero e proprio.
  • Il dialogo può essere condotto con quanti capiscono che cosa sia la legge, che cosa sia la Costituzione, con coloro che si rendono conto delle conseguenze della mancata osservanza delle leggi. Il presidente... l'ex presidente e ora cittadino Eltsin ha calpestato tutto, addirittura la Costituzione sulla quale ha giurato.
  • [Su Boris Nikolaevič El'cin] Quest'uomo non è capace di fare da garante perché nell'ubriacchezza inveterata ha rovinato non solo l'Unione Sovietica, ma anche la Russia. Egli non ha mai diretto lo Stato. A guidare lo Stato è sempre stata la teppaglia politica, il suo entourage.
  • La legge fornisce, forse, il diritto al presidente di proclamare le elezioni? Assolutamente no. Quindi la sua dichiarazione non è valida, è un'illusione. Che si elegga lui da solo a dicembre.

Citazioni su Aleksandr Ruckoj modifica

Boris Nikolaevič El'cin modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Era un ex pilota di guerra con il fisico di un attore, un eroe dell'Unione Sovietica con la parlantina sciolta, insomma un combattente! Le donne di mezza età sarebbero andate letteralmente in brodo di giuggiole alla vista di un vice presidente così! Senza contare poi i voti dei militari...!
  • Durante il golpe Rutskoj si comportò con fermezza, da ufficiale, guadagnandosi la mia fiducia. C'era solo un piccolo dettaglio che rovinava non poco questi primi mesi di «luna di miele» con il vice presidente: Aleksandr Vladimirovič Rutskoj cominciò ad interessarsi troppo al mio abbigliamento. [...] Trovavo sorprendente questo amore per il lusso in un ex ufficiale operativo «afgano» e devo ammettere che la sua insistenza mi disorientava un poco... Ma il difetto principale di Rutskoj, e più che di difetto bisognerebbe parlare di tratto caratteriale, era il suo testardo rifiuto a capire e accettare il proprio ruolo.
  • Aveva capito che il suo rapporto con me non funzionava e cercava una via di uscita assegnandosi un ruolo veramente paradossale, mai visto fino a quel momento in nessuna istituzione di potere: quello del moralista, del fustigatore di costumi, del Tartufo molieriano che con fare mite ed ispirato si lancia verso la poltrona presidenziale.
  • La nostra incompatibilità si mostrava in molti aspetti, anche minimi. Ad esempio non riuscivo ad accettare la sua abitudine a farcire la conversazione con volgari parolacce e soprattutto non amavo la sua aggressività, la sua continua ricerca di un «nemico interno». Mi resi conto in seguito che si trattava in realtà di una caratteristica propria del suo carattere, un odio profondamente celato e che perciò lasciava disorientati.

Note modifica

  1. a b Citato in Rutskoj attaca Eltsin, la Repubblica, 16 febbraio 1992.
  2. Citato in «Chi l'ha data all'Ucraina era ubriaco», La Stampa, 5 aprile 1992, p. 9.
  3. Citato in Aldo Cazzullo, Aleksandr l'accusatore, La Stampa, 22 settembre 1993, p. 2.

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