Werner Jaeger

filologo classico tedesco
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Werner Wilhelm Jaeger (1888 – 1961), filologo tedesco.

Werner Jaeger (litografia di Max Liebermann, 1915)

Paideia modifica

  • La sofistica ha una testa di Giano: l'una faccia è rivolta a Sofocle, l'altra ad Euripide. L'ideale dello sviluppo armonico dell'anima umana, i sofisti l'hanno in comune con Sofocle: esso è affine alla legge plastica fondamentale dell'arte sua. Ma nell'iridescente incertezza della motivazione etica fondamentale, l'educazione sofistica tradisce la propria derivazione dal mondo scisso, in contrasto con se stesso che ci si schiude nella poesia d'Euripide.[1]
  • La tragedia restituì alla poesia greca la grande unità di tutto quanto è umano: in ciò non è paragonabile che all'epos omerico. Non ostante la ricchissima fecondità dei secoli intermedi, essa, per copia di sostanza e di forze plasmatrici come per ampiezza d'opera creativa, non è pareggiata che dall'epos. Appare come una rinascita del genio poetico della nazione greca, ma dalla Ionia questo è passato ora ad Atene. Epos e tragedia stanno come due imponenti sistemi montagnosi, collegati dalla serie ininterrotta delle catene minori loro appartenenti.[2]
  • Per l'osservatore moderno rimane un prodigio inspiegabile come tutte le forze e le tendenze caratteristiche della grecità si presentino già chiaramente preformate in Omero.[3]
  • Quello che colpisce è che, quando Socrate in Platone pronuncia la parola «anima», vi pone sempre un fortissimo accento e sembra avvolgerla in un tono appassionato e urgente, quasi di evocazione. Mai labbro greco, prima di lui, aveva pronunziato così questa parola. Si ha il sentore di qualcosa che ci è noto per altra via: e il vero è che qui, per la prima volta nel mondo della civiltà occidentale, ci si presenta quello che noi ancora oggi chiamiamo con la stessa parola [...] La parola «anima», per noi, in grazia delle correnti spirituali per cui è passata nella storia, suona sempre con un accento etico e religioso; come altre parole – «servizio di Dio» e «cura d'anime» – essa suona cristiana. Ma questo alto significato essa lo ha preso per la prima volta nella predicazione morale di Socrate.[4]
  • Sullo sfondo ondeggiante delle sanguinose battaglie d'eroi spicca nell'Iliade un destino individuale di tragicità puramente umana, la vita eroica d'Achille. La storia d'Achille diviene per il poeta l'intimo nesso col quale comporre le successive scene di combattimento in unità poetica. Alla figura tragica d'Achille deve l'Iliade di non essere per noi soltanto un venerando incunabolo di preistorico spirito guerriero, ma anche monumento immortale d'esperienza eternamente umana e di dolorosa grandezza. La grande epopea non reca soltanto un immenso progresso nell'arte della composizione d'un insieme ampio e complesso, ma rappresenta ad un tempo un approfondimento dell'intimo contenuto, un indirizzarsi al problema che solleva la poesia eroica al di sopra della sua sfera originaria, dando al cantore una posizione spirituale affatto nuova, un valore educativo in senso superiore. Da banditore impersonale della fama del passato e delle sue gesta, egli diviene ora poeta in senso pieno, interprete creativo della tradizione.[5]

Bibliografia modifica

  • Werner Jaeger, Paideia: la formazione dell'uomo greco, traduzione di Luigi Emery, La nuova Italia, Firenze, 1937.

Note modifica

  1. 1937, vol. I, p. 490. Citato in Remo Cantoni, Libertà e destino nella tragedia, in Sofocle, Elettra, traduzione di Salvatore Quasimodo, introduzione di Remo Cantoni, Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1954, p. XII.
  2. 1959, vol. I, p. 425. Citato in Francesco Pedrina, Musa Greca, traduzione di A. Presta, Casa Editrice Luigi Trevisini, Milano5, p. 381
  3. 1937, p. 105; citato in La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce, 35, 1937.
  4. Nuova Italia, Firenze, 19673. Citato in Gianfranco Ravasi, Breve storia dell'anima, Mondadori, Milano, 2003, p. 137. ISBN 8022264737449
  5. Nuova Italia, Firenze, 1959, vol I, p. 102. Citato in Francesco Pedrina, Musa Greca, Casa Editrice Luigi Trevisini, Milano5, p. 13.

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