Valerio Evangelisti

scrittore, saggista e fumettista italiano (1952-2022)
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Valerio Evangelisti (1952 – 2022), scrittore italiano.

Valerio Evangelisti nel 2008

Citazioni di Valerio Evangelisti

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  • Nessuno potrebbe scambiare Magdi Allam con uno di quegli scalzacani intenti a bombardarci con [...] le "bombe al panzanio". Allam è autore di libri e saggi di notevole valore scientifico. L'ultimo, appena uscito, si intitola Saddam, storia segreta di un dittatore (Mondadori, 2003). Non voglio anticipare troppo di questo libro, che si legge con sbalordimento crescente via via che si procede. Magari gli dedicherò una recensione apposita. Però un breve commento si impone, per capire la coerenza dell'Allam saggista con l'Allam reporter. Anzitutto il libro ha una peculiarità che lo differenzia da tanti altri: la bibliografia (contenuta nelle note). È forse la più breve che la saggistica abbia mai conosciuto: due sole facciate, roba da Guinness dei primati. In tre capitoli su sette, poi, si fonda su un semplice articolo di giornale. Memorabile la base documentaria del secondo capitolo, che non ha che un'unica fonte: un pezzo su Gente intitolato Sono stata per trent'anni l'amante di Saddam. Mai avevo visto Gente divenire fonte di uno studio storico e psico-sociologico [...] tesi di fondo dell'autore è che Saddam Hussein sia diventato cattivo a causa del nome (che vorrebbe dire "disgrazia"[1]) e per via della madre che lo maltrattava. Le dimensioni di questa cattiveria le scopriamo con orrore già a pagina 7: "Un suo ex compagno di scuola ha ricordato che Saddam rubava la merenda dei bambini. Se loro tentavano di riprendersela attaccandolo in più di uno, lui buttava il cibo per terra e lo calpestava con il piede". Terribile. Il resto è un crescendo drammatico: Saddam che sorride in pubblico ma sta serio quando è solo, Saddam che detesta portare gli occhiali e che si tinge i capelli, Saddam che è un donnaiolo impenitente ecc.[2]

La controinsurrezione

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  • Antonio ha una caratteristica – unica nel campo letteraria nazionale – di derivazione leopardiana, però facile da accostare alla visione parallela di scrittori del genere fantastico che la critica trascura. Di continuo, la narrazione nelle sue pagine si fa cosmica, totalizzante. [...] La prosa di Antonio Moresco è l'antitesi del minimalismo. (pp. 9-10)
  • [Antonio Moresco] Provenienti da esperienze molto affini nell'ambito della sinistra antagonista e antiistituzionale italiana, io e Antonio conserviamo di quell'esperienza uno sguardo molto critico sul "sistema". Non in una luce politica, o peggio ancora ideologica. Meno che mai partitica. Piuttosto, se occorre una definizione, direi "etica". Chi è per la guerra, comunque si collochi, sta su un versante diverso dal nostro e ci ripugna. Chi pratica la discriminazione razziale ci è nemico. Chi invoca l'egoismo economico suscita in noi disprezzo, senza problema di compagini elettorali. Chi auspica soluzioni autoritarie ai problemi del vivere civile non ha con noi alcun contatto. (p. 10)
  • Il Risorgimento è divenuto tanto "ufficiale" da non esistere nemmeno, se non in un'iconografia tanto onnipresente quanto neutra, fatta di statue e di cimeli. Cose di pietra e di metallo, insomma. Inesorabilmente fredde come soprammobili cui non si fa più caso, tanto sono abituali. (p. 11)
  • Chi guarda, oggi, effigi di uomini baffuti e barbuti che, in pose plastiche, puntano la baionetta o, se di rango, fissano da cavallo un destino lontano? Questi simulacri ci circondano quotidianamente, eppure non li vediamo nemmeno. Il Risorgimento ha subito la stessa sorte. È onnipresente, eppure non esiste. Non ci dà né stimoli né riflessioni. (p. 13)
  • Solo la narrativa può restituire, in parte, il sapore di ciò che accadde. Gli odori, i colori: una verità che lo storico, vincolato a criteri quantitativi e a valutazioni asettiche, non può permettersi. (p. 13)
  • Solo gli scrittori potrebbero rianimare il Risorgimento, e farlo uscire dal sacello, simile alla ghiacciaia di un frigorifero, in cui è rinchiuso. Conservato bene, però freddo freddo. (p. 15)

Tortuga

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Rogério de Campos pensò che la sua ora fosse venuta. Il ponte del Rey de Reyes somigliava al pavimento di un mattatoio. Il sangue scorreva a rivoli o si espandeva a macchie, tra gli alberi abbattuti, i fasci di vele e gli intrichi di sartiame reciso. Alcuni moribondi e mutilati si lamentavano ancora, oppure gridavano invocando Gesù o la Madonna. I pirati si aggiravano tra i corpi, tagliando con freddezza la gola ai superstiti, e gettando i cadaveri in mare, anche quandosi trattava di loro compagni senza speranze di guarigione. Spazzavano via i piedi di cervo, i chiodi a quattro punte lanciati al momento dell'assalto. L'odore di sangue era così penetrante da superare quello della salsedine, e stordiva.

Citazioni

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  • «Vi sto proponendo una speranza concreta, capitano De Graaf. Rendite, schiavi, entrate sicure. Non vi state battendo per questo?»
    «Niente affatto» rispose Lorencillo. «Mi batto per il contrario. Soldi da spendere subito, morte dietro l'angolo, gustare tutti i piaceri della vita. Non so come cadrò, però avrò di sicuro la sciabola in mano...» (p. 62)
  • «[...] Sul Conqueror avete assistito alla fase mediana dell'evoluzione di un pirata. Questi, a quel punto della sua carriera, ha colto la natura ferina che si cela sotto le parvenze umane e ha cominciato ad abbandonarvisi. [...] L'ultima fase è quella in cui la ferocia naturale è tradotta in filosofia. L'egoismo più sfrenato è spacciato come libertà, la spietatezza più estrema diventa norma di condotta morale. La belva che è in tutti noi non solo ferisce e uccide, ma cerca giustificazioni etiche alle sue malefatte. Le peggiori torture diventano "inevitabili", ogni uccisione è legittimata sulla base del "dobbiamo pur sopravvivere". A la guerre comme à la guerre. Non si ammette che l'uomo è in sé una fiera. (De Lussan a Rogério: pp. 103-104)
  • Tutti i Fratelli della Costa erano in fondo così, pensò Rogério. Capaci di spingersi oltre ogni limite morale e di commettere qualsiasi nefandezza. Totalmente insensibili alla pietà e al dolore proprio e altrui. La differenza tra De Lussan e gli altri filibustieri era che il medico teorizzava l'ineluttabilità di quei comportamenti, mentre gli altri si limitavano a seguire gli istinti. (p. 109)
  • «Sapete qual è la forza dei pirati? [...] Vogliamo denaro, fuori da ogni regola. Arraffiamo di tutto e vendiamo di tutto, uomini inclusi. Noi siamo il futuro, e nessuno ci fermerà.» (De Lussan a Rogério: p. 125)
  • «Crederò all'anima quando l'avrò sulla punta del mio bisturi. Siamo esseri senzienti, sì, ma solo perché fisiologicamente più complessi degli animali. In realtà ci comportiamo come loro, senza riconoscerlo.» (De Lussan a Exquemeling: p. 149)
  • «Ritengo giusto che un uomo ne possieda un altro, se è più forte di lui. Che lo torturi e lo squarci come un sacco vuoto, purché ciò rientri nella sua convenienza. Ma, per favore, non si invochi qualche norma morale nel fare ciò. Mi piacciono i Fratelli della Costa proprio perché rubano, uccidono, torturano e violentano senza giustificazioni etiche. Gli spagnoli mi sono odiosi perché fanno lo stesso, però ogni volta dicono che Dio benedice le loro azioni.» (De Lussan a Exquemeling: p. 149)
  • «Voi sapete leggere?»
    «Sì, anche se ormai lo faccio raramente.»
    «Se vi ricapitasse, scartate le storie piacevoli, le commedie, le poesie d'amore e licenziose, le narrazioni edificanti, i trattati filosofici. Robaccia. Solo le tragedie hanno valore: vi si narra di come un uomo muore, uccide, vede uccidere, lascia che qualcuno sia ucciso.»
    «Dunque, secondo voi, è il male l'essenza della vita.»
    «No, lo è la morte, che non è né bene né male: è inevitabile.» (p. 157)
  • «Che strana isola è la Tortuga. Sembra la patria stessa della libertà, eppure si fonda sullo schiavismo, esteso persino ai bianchi. Non riesco a cogliere ciò che collega queste contraddizioni».
    «Un elemento c'è, se vi riflettete bene. [...] La società di qui si fonda sul denaro e non ha altri valori. Si rischia la vita per l'oro, e si passa il resto del tempo a spendere. Si comperano donne, uomini, cose, animali, generi da consumare in fretta, prima di morire. Non esistono altre leggi. È questo che dà una sensazione di libertà, a volte inebriante. Si uccide per guadagnare, si guadagna per spendere. Poi si torna a uccidere, finché non si è ammazzati da qualcuno più forte. Si contano sulle dita i filibustieri che muoiono nel loro letto. Ancora meno sono quelli che muoiono ricchi. L'oro che hanno accumulato è circolato in altre mani. L'unica norma etica della Tortuga è "homo homini lupus".»
    [...] «Non sono molto d'accordo» obiettò. «Tra gli avventurieri, come anche tra i bucanieri, pare prevalere la fraternità.»
    «Così credono anche loro, e se ne compiacciono. La verità è che si tratta di una sorta di fratellanza tra lupi. Non sono affatto amichevoli verso chi non appartiene al loro branco. Il calcolo che li unisce è elementare: per predare, è indispensabile fare gruppo.»
    «Mi sono sembrati, tutto sommato, molto religiosi.»
    «Altra illusione. Fra le tante cose che comperano, finché hanno soldi, vi è la grazia di Dio. L'Olonnais e Michel Le Basque erigevano chiese, sì, però dopo avere violato per mesi tutti i comandamenti possibili... Ma è inutile che io prosegua. Ormai l'avrete capito. La Tortuga sembra il paradiso. Invece è l'inferno.» (pp. 176-177)
  • [La Tortuga] aveva una caratteristica sua propria. Malgrado l'intensa fede cristiana dei pirati, i traffici di merci materiali e umane non erano posti sotto l'egida divina. Si vendeva ogni cosa, si acquistava di tutto. Ogni spagnolo avrebbe, dopo uccisioni e crudeltà efferate, implorato l'ausilio della fede a giustificazione dei suoi atti, compiuti in vista di un bene supremo. Alla Tortuga nessuno si sarebbe sognato di invocare Dio a protezione delle sue gesta. C'era oro e bisognava attingervi, per legge naturale. Dio era lodato di tanto in tanto, più come complice che come padrone. (p. 181)
  • «La Filibusta è un modo di riconoscere i propri istinti. Essere squali e volere mangiare. Non esiste nient'altro. Agli squali la gloria, ai pescetti la morte.»
    «Eppure vi dite cattolico!»
    «Lo sono. La Chiesa, finora, non si è comportata in maniera differente. Mangia, uccide o fa uccidere, ingloba ricchezze e perdona. Salvo rare eccezioni, che non la cancellano dalla categoria degli squali.» (p. 194)
  • «Campeche potrebbe essere l'ultima tappa.»
    «La pirateria non finirà tanto presto.»
    «Potrebbe però finire la pirateria degli uomini liberi e coraggiosi. La nostra parvenza di controsocietà. Di repubblica dei rifiutati dagli Stati civili.»
    «Nulla scompare per sempre. Dopo un naufragio, rimangono frammenti a galleggiare.»
    «Non parlo di sparizione assoluta. Parlo di un fenomeno di ribellione che diventa norma di condotta e di governo. È così che si fiaccano le insorgenze.» (p. 229)
  • «Alla Tortuga [...] la guerra non ha pretesti. Si ruba, si uccide, si prende, si muore. [...] Il problema non è la guerra, sono le regole di chi la fa. La Tortuga è questo: è la guerra con regole. Furto, omicidio e rapina, però disciplinati.» (De Grammont: p. 286)
  • L'uomo che aveva di fronte, se apparteneva all'inferno, somigliava più a Lucifero che a Satana. Capace di operare il male, però terribilmente seducente, nella sua malinconia. Suggeriva sincerità e lealtà innate, sopravvissute alla fatalità che lo aveva condotto alla dannazione. Era chiamato in origine ad altri destini. Ora sterminava per mestiere, ma pur nel crimine manteneva una certa etica. Gli uomini ai suoi ordini, a partire da Lorencillo, non gli somigliavano neanche un poco. (Rogério su De Grammont: p. 288)

La Jolie Rouge [3] sventolò sull'albero maestro, nera e terrificante. Spinto dalla velatura gonfia di vento, incitato dalla cadenza rapida delle percussioni, il Neptune, inclinato e cigolante, corse ondeggiando verso un nemico ancora lontano.

Veracruz

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Il 17 marzo 1683 Hubert Macary scrutava il mare, in attesa dei vascelli in arrivo. Solo lui e l'amico Francise Levert sapevano che al largo di Roatán stava per apparire la flotta più imponente che i Fratelli della Costa avessero mai allestito. Ben diciassette velieri, inclusi vari brigantini da una trentina di cannoni ciascuno.
Appoggiato con il gomito a una torretta di guardia, la gamba sinistra su un cannone arrugginito, Hubert pregustava lo spettacolo. Per assaporarlo si metteva nei panni degli spagnoli di qualche città costiera, quando al largo apparivano i pirati.

Citazioni

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  • Il mare non è solo acqua. Ha un suo spirito, e detta regole. Chi le viola deve tenersi pronto a una punizione crudele. (Macary: cap. 9, p. 65)
  • Uccidere, rubare e combattere sono piaceri in sé. Non richiedono giustificazioni, salvo quelle inventate dai preti, dai re e dai filosofi, di volta in volta. Più quelle escogitate a posteriori dagli storici. (De Lussan: cap. 13, p. 89)
  • Vede, Estrada. La vostra ritorsione iniziale era infelice. "La stessa accusa potrebbe essere rivolta a voi" avete detto. Io sono notoriamente un reitto, un assassino, un bandito, un amorale. Il quesito vero è perché voi facciate le stesse cose che faccio io. Perché quella che chiamate "la nave di Cristo" galleggi in un mare di sangue, da che la Chiesa esiste. (De Grammont a padre Estrada: cap. 25, p. 169)

Michel de Grammont indicò i vascelli della Confraternita della Cosa. Al centro della baia, rosseggiante per il sole pomeridiano, si preparavano alla partenza. Legni complicati da guidare, foreste di vele e pennoni, scafi fragili e forti al tempo stesso.
«Si è condannati a morire, ma si muore con dignità. Scommetto che è stato così anche per Gabriela. Ora smettete di rimuginare. Tra meno di mezz'ora vi voglio in cima ai pennoni del Le Hardi, a sciogliere le vele. Il moderato e prudente De Cussy non ci avrà mai. Siamo nati per combattere e combatteremo, si vinca o si perda. L'importante è non crepare nel proprio letto.»

Incipit di alcune opere

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Cherudek

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È ormai da secoli, forse da millenni, che mi trovo imprigionato tra queste pareti di bronzo. Ormai non ne avverto neppure più il freddo. Credo che il mio corpo si sia disfatto, divenendo indistinguibile dai metri di terriccio, sassi e mattoni che ricoprono me e la mia prigione. In teoria non esisto più, e da un bel pezzo.

Eymerich risorge

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Marcus Frullifer fu frastornato dall'esplosione che abbatté la porta della stanza. Dilagò un fumo bianco che lo fece tossire. Dalla caligine emersero uomini armati in tuta grigioverde, col viso nascosto dalle maschere antigas. Uno di essi marciò verso Rosy che, stordita, impugnava ancora la fiamma ossidrica con cui stava per torturare lo scienziato. Le poggiò la canna di una pistola alla tempia e fece fuoco.

Il castello di Eymerich

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Per l'"obituario", il registro dei decessi del convento di San Domenico a Gerona, padre Dalmau Moner era morto il 24 settembre 1341. In realtà otto anni dopo era ancora in vita, anche se nessuno, fuori di quelle mura, doveva saperlo. Solo i frati più anziani ne erano al corrente, ma avevano tutti giurato di mantenere il segreto. Altrettanto avevano fatto il provinciale dei domenicani e persino l'inquisitore generale per la provincia catalana, Bernat de Puigcercós.

Il corpo e il sangue di Eymerich

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Il Falco Notturno si accostò alla porta dell'Antro Interno e tracciò un cerchio con l'unghia del pollice. Si aprì subito uno spioncino e apparve un occhio torvo.
— Chi sei? — chiese il Klexter con voce acuta.
Invece di rispondere, il Falco Notturno fece un breve sibilo con le labbra.
Parola d'ordine? — chiese il Klexter.
— Supremazia.
— Potete entrare.

Il fantasma di Eymerich

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L'aeroporto Buenaventura Durruti di Barcellona recava ancora le tracce dei bombardamenti subiti: i primi da parte dell'aviazione spagnola, al momento della terza e definitiva dichiarazione di indipendenza catalana, e successivamente per opera della flotta aerea della RACHE, mentre questa muoveva alla conquista della penisola iberica.

Il mistero dell'inquisitore Eymerich

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Sì udì uno scricchiolio. Nel muro si aprì un minuscolo sportello, e una suora nana, delle dimensioni di uno gnomo, ne balzò fuori ghignando silenziosamente. Sfrecciò di corsa lungo tutta la cella, poi si immerse nella parete antistante, dove si era aperto un uscio che prima non c'era. Reich, attonito, si alzò dalla branda e camminò in quella direzione. Il battente dell'uscio si richiuse con un colpo secco, e nello stesso tempo divenne traslucido. Reich vide nitidamente la sagoma di un guerriero giapponese che faceva harakiri, mentre una donna dalla lunga veste e con l'acconciatura tenuta ferma da spilloni portava angosciata le mani al petto.

La luce di Orione

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Parvero esplosioni. Invece erano solo i giganti che, scaturiti dalla notte, come ogni notte, cercavano di abbattere a pugni le quattro enormi colonne erette dagli americani.
Phil Rodriguez corse tra i corridoi in salita della piramide centrale, illuminati solo da quadranti e minuscoli punti luce. Si imbatté nel sergente Whitney Harris, curva su uno dei tanti schermi, e intenta a trascrivere dati. Le ordinò, secco: «Vieni con me».

Le catene di Eymerich

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Homer Loomis osservò oltre la vetrata il corpo massiccio del gesuita disteso sul lettino, trattenuto da cinghie strette al collo, ai polsi, alla vita e alle caviglie. Senza gli occhiali scuri e con la barbetta spettinata il prete sembrava avere perduto ogni energia. Fissava con sguardo spento la dottoressa che, seduta al suo fianco, parlava incessantemente.

Mater Terribilis

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Lo stormo di demoni che ora planava sul deserto mauritano, nero sullo sfondo rosso del cielo, era dotato di becco. Ognuna di quelle creature gigantesche di tanto in tanto lo spalancava ed emetteva un grido strozzato, così spaventoso che individui umani non addestrati sarebbero impazziti al solo udirlo. Ma negli eserciti che arrancavano tra le dune gli umani erano pochissimi: qualche brigata appena, per ognuna delle parti in lotta, e composte da corpi in cui il metallo ormai prevaleva sulla carne, fino a distorcerne la sensibilità. Le divisioni che contavano erano formate da Mosaici, dalla parte dell'Euroforce, e da Poliploidi, dalla parte della RACHE. Mostri, dunque, costruiti nel primo caso con pezzi di cadavere, e nel secondo con esseri viventi dagli organi interni fatti proliferare in numero abnorme. Solo soldati di quel tipo, già morti oppure totalmente dementi, erano davvero idonei a sopportare la vista delle creature allucinanti che si dilaniavano nel cielo.

Metallo urlante

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La prima orda di guerrieri uscí urlando dal tempio di pietra che chiudeva l'accesso alla caverna di Kitum. Il frastuono fu tale che Clarisse Lévy dovette coprirsi le orecchie, per quanto glielo permettevano le dita d'oro che avevano preso il posto di quelle rose dal virus. Il binocolo le cadde sul petto, ma non c'era alcun bisogno di ingrandire la visione per coglierne tutto l'orrore. I giganti neri e luccicanti scaturiti dalle grotte avevano ben poco di umano, e i rari tratti di pelle scura che conservavano si confondevano con l'acciaio brunito bioattivo da cui erano avvolti.

Nicolas Eymerich, inquisitore

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Il professor Tripler uscì dal Robert Lee More Building, sede del Dipartimento di Astrofisica dell'Università del Texas, con fare molto circospetto. Scrutò i vialetti del campus, soffermandosi sulle siepi e sui gruppetti di studenti, poi si incamminò con passo rapido, guardandosi attorno di continuo.

Picatrix, la scala per l'inferno

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Non era frequente che Eymerich fosse costretto a contemplare la nudità di una donna, ma di tanto in tanto capitava. Qualche volta aveva provato segni certi di eccitazione, che aveva represso allontanandosi quasi di corsa dalla sala dei supplizi e trascorrendo ore in preghiera sul pavimento gelido della propria cella. In quel caso, però, non c'erano motivi per invidiare l'autoevirazione di Origene e maledire il proprio pene. La giovane legata alle corde che pendevano dal soffitto era magra, con i seni appena accennati e le costole sporgenti. Il ciuffo del pube era un insignificante triangolo nero tra gambe quasi scheletriche, agitate da un tremito convulso. Doveva patire il freddo di quella cantina umida, rischiarata a malapena dalle torce.

Rex tremendae maiestatis

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Lilith era persuasa che la navetta, la Kraeplin III, si sarebbe schiantata sulla superficie della Luna. Non le importava di morire: la morte era la sua compagna di sempre. Gettò il bisturi con cui aveva ucciso il dottor Kurada e scostò con un calcio il cadavere di quel verme. C'era sangue dappertutto. Lei faticava a tenersi in piedi; il velivolo sbandava sempre più. Si lasciò cadere su uno sgabello di fronte al quadro di comando. Non aveva idea della funzione delle levette e dei piccoli schermi che aveva davanti. Chiuse gli occhi e attese l'impatto.

  1. Il reale significato è "chi urta duramente". Cfr. Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1964 e succ. ed., II pp. 738-739a.
  2. Da Il Pinocchio d'Egitto (Prima parte: i sosia), Carmillaonline.com, 7 aprile 2003.
  3. O anche Jolly Roger: la bandiera dei pirati, con il teschio e le tibie.

Bibliografia

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  • Valerio Evangelisti, Cherudek, Mondadori, 1997. ISBN 8804433388
  • Valerio Evangelisti, Eymerich risorge, in "Eymerich libro tre", Mondadori, 2019. ISBN 978804720072
  • Valerio Evangelisti, Il castello di Eymerich, Mondadori, 2004. ISBN 880452927X.
  • Valerio Evangelisti, Il corpo e il sangue di Eymerich, Mondadori, 1996. ISSN 11205288
  • Valerio Evangelisti, Il fantasma di Eymerich, in "Eymerich libro tre", Mondadori, 2019. ISBN 978804720072
  • Valerio Evangelisti, Il mistero dell'inquisitore Eymerich, Mondadori, 2001.
  • Valerio Evangelisti, La controinsurrezione in Controinsurrezioni, Mondadori, 2008. ISBN 9788804575238
  • Valerio Evangelisti, La luce di Orione, Mondadori, 2007. ISBN 9788804572992
  • Valerio Evangelisti, Le catene di Eymerich, Mondadori, 2006. ISBN 978880455158X
  • Valerio Evangelisti, Mater Terribilis, Mondadori, 2002. ISBN 880450465X
  • Valerio Evangelisti, Metallo urlante, Einaudi, 1998. ISBN 8806167138
  • Valerio Evangelisti, Nicholas Eymerich, inquisitore, Mondadori, 1994.
  • Valerio Evangelisti, Picatrix, la scala per l'inferno, Mondadori, 2006. ISBN 8804558741
  • Valerio Evangelisti, Tortuga, Strade Blu, Mondadori, 2008. ISBN 9788804583387
  • Valerio Evangelisti, Veracruz, Strade Blu, Mondadori, 2009. ISBN 978-88-04-59480-2
  • Valerio Evangelisti, Rex tremendae maiestatis, Piccola Biblioteca Oscar, Mondadori, 2011. ISBN 978-88-04-61208-7

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