Ugo Mioni
presbitero e scrittore italiano
Ugo Mioni (1870 – 1935), presbitero e scrittore italiano.
Budda e Cristo
modifica- Il maggior problema che forse agita la mente umana si è quello dell'origine del male, del dolore. Donde il dolore? In parecchi casi esso è certo la conseguenza di un abuso di libertà; è il castigo di una colpa personale. Molte volte però non lo si può dire, perché l'uomo nasce infermo, zoppo, gibboso, povero, sciocco. Il concetto che Dio possa punire i figli per i peccati dei genitori sembrava ai bramani indegno della divinità; essi non potevano assurgere al concetto del male quale occasione di fare il bene ed esercizio di virtù. Ed eccoli ideare la metempsicosi, colla persuasione di aver sciolto il grave problema. L'uomo soffre per le proprie azioni malvagie; per colpe tutte sue, commesse in un'esistenza precedente, dimenticata, ma ciò non ostante vera e reale. Egli non deve dunque lamentarsi dei propri dolori, né ribellarsi alle divinità; non ricorda le sue esistenze antecedenti, ma le ha realmente vissute, e perciò è ben giusto che ne paghi il fio. Cerchi con opere buone, con volontarie macerazioni e con abbondanti offerte ai bramani, di sodisfare per quelle colpe, onde rinascere a vita migliore, in una casta superiore e magari suprema. (cap. II, pp. 15-16)
- Gautama non si è mai sognato di fondare una nuova religione, né universale né per i soli indiani. Egli non fu teologo né lo volle essere. Fu filosofo. Cercò a lungo una soluzione del grande problema delle origini del dolore e della sua cessazione; godette quando ritenne di averla scoperta; fu felice di poter insegnare al mondo la via media per poter distruggere il dolore e portare all'uomo addolorato pace e tranquillità; fondò un ordine religioso per diffondere la sua dottrina; ma non volle combattere e meno che meno distruggere il bramanismo o sostituirlo con un'altra religione. (cap. VII, pp. 60-61)
- Gautama nega [...] recisamente l'esistenza di un'anima. Questo è il caposaldo della sua dottrina; il caposaldo che basta da solo per allontanarlo dalle file dei riformatori religiosi e dirlo semplice filosofo.
Gautama non si stanca di negare l'anima. La credenza in un'anima è sakkayaditthi, cioè l'eresia dell'esistenza individuale, uno dei tre grandi errori che vanno maggiormente fuggiti e condannati. La dottrina dell'anima è attavada, ossia uno degli anelli nella grande catena del male; essa è una delle quattro upadana, ossia cause di ogni male, e particolarmente della nascita, della decadenza, della morte, dei dolori, del gemito, delle sofferenze, delle noie e della disperazione. (cap. VII, pp. 62-63)
- Tra tutti i sovrani buddisti il più celebre è Asoca, nipote del celebre Candragupta [...].
Asoca si convertì nel suo decimo anno di governo alla religione di Budda, già allora divisa in numeroso sètte, e ne fu un seguace fanatico. Egli eresse dovunque conventi e pagode; donò ai mendicanti enormi latifondi; persuase i suoi sudditi a fare altrettanto; impose la religione a lui cara colle minacce, e la rese ufficiale nel suo vasto impero.
I buddisti gli sono, per una tal cosa, molto riconoscenti; Asoca venne quasi divinizzato; è uno dei pochissimi, dei quali sono certi che abbia raggiunto il Nirvana, e gli tributano un culto simile a quello che i greci scismatici tributano all'imperatore Costantino, col quale ha qualche rassomiglianza. (cap. X, p. 96)
- [...] sotto Asoca, le reliquie di Budda vennero divise in 84 mila parti, e riposte in altrettanti stupe[1], in modo che ogni città, per quanto piccola, ne avesse una. Non a torto scrive perciò Clemente Alessandrino, che gl'indiani pregano in prossimità di piramidi, nelle quali sono riposte le reliquie del loro dio. (cap. X, p. 101)
- Budda venne pure rappresentato graficamente, pingue, bonario, dall'epa sporgente, seduto, colle gambe incrociate, come uomo che medita. Gli idoli più celebri, Indra, Brama, Visnu, vennero aggruppati attorno a lui in posizione rispettosa; e giacché Budda aveva insegnato, che chi si trova nel Nirvana è giunto, colle proprie forze, ad una dignità superiore a quella degli stessa Deva[2] e i Deva venivano identificati cogli dèi, si fini per dichiarare Budda primo tra gli dèi; il dio grande, supremo, creatore, padre, redentore del mondo, sorgente di tutte le grazie. Si arrivò dunque alla divinizzazione di un semplice uomo, divenuto dio di propria virtù, cui sono soggetti gli dèi, gli uomini e financo i demoni. (cap. X, p. 101)
Il salotto era molto elegante. Nel caminetto ardevano le legna e crepitavano allegramente. Su di un piccolo tavolo era collocata una bottiglia sturata con due bicchieri riempiti di vino ed un servizio da fumo. Al tavolo sedevano due uomini, l'uno beatamente sprofondato in una gigantesca sedia a bracciuoli, che ne celava quasi tutta la persona, l'altro seduto a cavalcioni di una sedia di cuoio, colle braccia incrociate sul davanzale.
Note
modifica- ↑ Monumenti buddisti, originari del subcontinente indiano, per la conservazione di reliquie.
- ↑ Cfr. voce su Wikipedia.
Bibliografia
modifica- Ugo Mioni, Budda e Cristo. Studio critico apologetico, Federico Pustet, Roma, 1911.
- Ugo Mioni, I sogni dell'Anarchico, Libreria editrice Artigianelli.