Luigi Settembrini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
→‎Citazioni: creazione sezione e inserimento di citazione
Riga 42:
*Il soldato, il prete, ed il maestro di scuola sono i soli uomini che fanno le rivoluzioni: il soldato ed il prete hanno sinora comandato il mondo, il maestro di scuola attende la sua volta, la quale verrà quando il mondo sarà guidato non dalla forza né dal sentimento, ma dalla intelligenza: e pare che si avvicini perché oggi, risorgendo il popolo, prevale il maestro che deve sollevarlo con la scuola. Gli uomini che fanno il mestiere di soldato, di prete, e di maestro di scuola sono pochi e male retribuiti dell'opera loro: chi può degnamente retribuire il soldato, il buon prete, il maestro che educa ed istruisce? E il mondo stima poco quello che paga poco, e però tiene questi uomini in poco pregio. E veramente chi vuol fare uno di questi mestieri per solo fine di guadagno lo fa male, ed è meritamente spregevole: perché senza una grande abnegazione, senza un grande animo, e senza poesia non si è bravo soldato, non si è buon prete, o si è maestro ed educatore degli uomini. (p. 65-66)
*Tre cose belle furono in quell'anno (1839): le ferrovie, l'illuminazione a gas e ''Te voglio bene assai''. (1879; p. 160)
 
==Citazioni su Luigi Settembrini==
*Molto il Settembrini della maturità deve all'[[Ferdinando Galiani|abate Galiani]]. Anche per le motivazioni (dimostrative) che lo portarono all'approntamento dell'edizione del ''Novellino'' di [[Masuccio Salernitano|Masuccio]]: se dagli scritti burleschi si passa al trattatello galianeo ''Del dialetto napoletano'' (1779), attuale all'antiquaria filologica dell'editore del novelliere aragonese. […] Galiani era per la “nazionalizzazione” del dialetto napoletano, che poteva vantare l'ufficialità di un uso illustre nel Quattrocento aragonese: “[...] ben lungi dall'innalzar lo stendardo della ribellione e della discordia tra 'l napoletano e l'italiano, noi crediamo non potersi far meglio quanto il cercare di raddolcire il nostro dialetto, d'italianizzarlo quanto più si può e di renderlo simile a quello che i nostri ultimi re, gli Aragonesi, non sdegnarono usare nelle loro lettere e diplomi e nella legislazione”. ([[Salvatore Silvano Nigro]])
 
==Note==