Erwin Panofsky: differenze tra le versioni
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==''La prospettiva come forma simbolica''==
*Nessuna meraviglia che un uomo come [[Giordano Bruno]] corredi questo mondo della spazialità infinita, sottratto in certo modo alla onnipotenza divina, e pure completamente misurabile, di una sublimità quasi religiosa e che gli attribuisca, «accanto all'estensione infinita del χενόν democriteo, l'infinita dinamica dell'anima del mondo neoplatonica».<ref>{{NDR|N.d.C.}} L. Olschki
*Oggi potrà forse sembrare strano che un genio come [[Leonardo da Vinci]] definisse la prospettiva «briglia e timone della pittura», e che un pittore ricco di fantasia come [[Paolo Uccello]] rispondesse alla moglie, quando questa lo invitava a dormire: «Oh, che dolce cosa questa prospettiva!»;<ref>{{NDR|N.d.C.}} Vasari, ''Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti'', ed. Milanesi, 1878-1885, p. 207.</ref> ma è necessario cercare di chiarire quale fu allora il significato di questa scoperta. Non significò soltanto un'elevazione dell'arte a «scienza» (per il [[Rinascimento]] si trattava veramente di un'elevazione): l'impressione visiva soggettiva era stata razionalizzata a tal punto che poteva costituire il fondamento per la costruzione di un mondo empirico saldamente fondato eppure, in senso pienamente moderno, «infinito» (e si potrebbe addirittura paragonare la funzione della prospettiva rinascimentale a quella del criticismo, il valore della prospettiva romano-ellenistica a quello dello scetticismo). Era stato così realizzato il passaggio dallo spazio psicofisiologico allo spazio matematico: in altre parole, un'obiettivazione della soggettività. (pp. 46-47)
*Non bisogna mai dimenticare che i resoconti contemporanei, o quasi, erano in grado di valutare il «naturalismo» di una raffigurazione artistica soltanto entro i limiti di ciò che già era stato scoperto e che quindi era dato immaginare (come nel caso di [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]], che considerava tanto «veri» da trarre in inganno i dipinti di [[Giotto]], i quali, agli osservatori successivi, appaiono invece estremamente «stilizzati»). (p. 77)
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