Salvatore Di Giacomo: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Salvatore di Giacomo==
*Chi bada in [[Napoli]] al suo decoro? Certo, chi dovrebbe no. Lascia fare e lascia correre – ecco la frase sacramentale d'ogni indifferente partenopeo, sia egli in alto nella cosa pubblica o le passi accanto tranquillo. (da ''Il palazzo di Giustizia in Napoli'', in ''Saggi insoliti'', Stamperia del Valentino, Napoli<ref>Citato in Antonio Emanuele Piedimonte e Anna Scognamiglio, ''Napoli. {{small| Uomini, luoghi e storie della città smarrita}}'' Intra Moenia, Napoli, 2013, p. 13. ISBN 978-88-95178-77-6</ref>)
*{{NDR|Su [[Francesco Proto]]}} Due mesi prima, in un buon giorno di sole, il povero vecchio uscì da quella camera per rivedere ancora una volta il suo studiolo, ove, finalmente, era {{sic|riescito}} a porre in assetto i suoi libri e ad ordinare le sue carte. Ve lo ritrovai, quel giorno, sprofondato in una poltrona, presso all'aperta finestra. Un mormorìo confuso saliva, da lontano, alla pace de' balconi fioriti, alla gran pace silenziosa del Palazzo Cellammare: egli ascoltava – con la bocca schiusa, col corpo lievemente proteso, con le mani spiegate su' bracciuoli della poltrona – la voce della città, quella voce alla quale s'eran dianzi mescolati i suoi caratteristici urli di meraviglia, le sue schiette e {{sic|romorose}} risate, i suoi scoppî {{sic|approbativi}} che mettevano in curiosità e in subitaneo stupore i marciapiedi di Chiaia e di Toledo. <br />Ascoltava, ascoltava, estatico: s'abbeverava avidamente di quel soffio di vita e un tremor nervoso lo pervadeva tutto. ''Solo:'' or egli era ''solo'', là dentro, egli che era stato tanto con ogni cosa viva e con tutti. E, pian piano, il suo povero corpo s'abbandonò, le mani scivolarono su pe' bracciuoli, la testa reclinò, triste, sul petto. <br />– Duca?<br />– Oh... figlio. {{sic|..}} buon giorno...<br />– Come state?<br />Egli sorrise. E disse, piano, nel silenzio, mentre pur i {{sic|romori}} esterni parevano sopiti, disse, napoletanamente:<br />– ''Nun vide? Sto murenno''...<ref>Non vedi? Sto morendo...</ref> (dalla necrologia per Francesco Proto<ref>Citato in [[Benedetto Croce]], ''La letteratura della nuova Italia, Saggi critici'', vol. III, Giuseppe Laterza & Figli, Bari, 1922<sup>2</sup> riveduta, p. 81.</ref>)
*Ed è a proposito di Giuliano da Maiano che qui ci ricorre alla memoria quel napoletano [[Giovanni Francesco Mormando|Giovanni Donadio, detto il {{sic|Mormanno}}]], il quale ben potrebbe essere stato uno degli scolari più egregi di quell'elegante artefice fiorentino. Era il Donadio, come un suo pur conosciuto fratello, architetto e costruttore d'organi a un tempo, e forse aveva tutte e {{sic|due cose}} appreso a Firenze da tanto maestro: certamente il costui modo nobile e ricco si riscontra in tutte le opere alle quali i signori napoletani chiamarono il Mormanno e si manifesta specie nell'architettura e nella decorazione così del palazzo dei di Capua in ''Via S. Biagio de' Librai'', come nell'altro de' duchi di Vietri, che gli è vicino e che ora è posseduto dal duca di Corigliano Saluzzo.<ref>Da ''Napoli'', pp. 92-93.</ref>
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*''Nannì, si ce penzo | Mme vene na cosa, | Sta sciamma annascosa | Cchiù abbampa accussì... | È overo stu suonno?... | Meh, dimme ca sì!'' (da ''Nannì!!!'')
*{{NDR|Sulle ''Lettere dall'Italia 1765-1766'' di [[Samuel Sharp (chirurgo)|Samuel Sharp]]}} [...] il poco degno libro d'un insensibile, specialista delle malattie degli occhi, inventore d'un ''new method of opening the cornea in order to extract the crystalline humour ''<ref>Nuovo metodo di apertura della cornea per estrarre l'umore cristallino.</ref>'' '', e forse d'esso felice sperimentatore sopra se medesimo, poiché a nessun più di lui {{sic|riescì}} a mancare, assieme a quella dello spirito, la saporosa gastronomia dello sguardo.<ref>Dalla prefazione a Samuel Sharp, ''Lettere dall'Italia 1765-1766, {{small|A descrizione di quelli usi e costumi in quelli anni, Napoli}}'', traduzione di Constance e Gladys Hutton, prefazione e note di Salvatore Di Giacomo, Carabba, Lanciano, 1911, [https://archive.org/details/letteredallitali00shar/page/12 p. 12]</ref>
*Nel giornalismo io sono non uno scrittore, ma uno scrivano. La mia fissazione è questa, che [[Napoli]] è una città disgraziata, in mano di gente senza ingegno e senza cuore e senza iniziativa. (da ''L'Occhialetto'', XIX, 29, Napoli, 18 settembre 1886; citato in ''[http://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=330&Itemid=2#_ftn1 Nota bio-bibliografica di Salvatore Di Giacomo]'', ''bibliocamorra.altervista.org'')
*{{NDR|[[Ferdinando Petruccelli della Gattina]]}} Un de' più efficaci, originali, vibranti e sfolgoranti scrittori del tempo, un vero ingegno in una vorticosa anima ardente. (da ''Il Quarantotto'', Napoli 1903)