Fabrizio De André: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Fabrizio De André==
*A cantare solo con la chitarra proverei la stessa sensazione che a mettermi alla pecorina nella fontana di De Ferrari a mezzogiorno.<ref>Citato in ''Genova è mia moglie'', p. 23</ref>
*[[Benedetto Croce]] diceva che fino all'età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi, rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore.<ref group="fonte">Dal programma televisivo ''La storia siamo noi'', puntata ''Fabrizio De André – In direzione ostinata e contraria''. [http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/fabrizio-de-andre/560/default.aspx Video] disponibile su ''Rai.it'' (00:50).</ref>
*C'è chi è toccato dalla fede e chi si limita a toccare la virtù della speranza [...], il Dio in cui, nonostante tutto, continuo a sperare, è un'entità al di sopra delle parti, delle fazioni.<ref group="fonte">Citato in Ettore Cannas, ''La dimensione religiosa nelle canzoni di Fabrizio De André'', ed. Segno.</ref>
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*Dopo che ci si prende a [[schiaffo|schiaffi]] per dieci anni o si diventa [[amicizia|amici]] o ci si ammazza.<ref group="fonte" name="tempiduri">Dall'intervista di [[Gianni Minà]] in merito alla band [[Tempi Duri]], nel programma televisivo ''Blitz'', RaiDue, 1982.</ref>
*Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in [[Dio]]. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità... Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che [[bestemmia]]re oggi come minimo mi imbarazza.<ref group="fonte">Citato in ''L'amore sacro, l'amor profano – omaggio a Fabrizio De André'', a cura di Piero Ameli, BURsenzafiltro, Bergamo, 2006. Allegato al DVD ''Omaggio a Fabrizio De André'', concerto tributo registrato il 10 luglio 2005 all'Anfiteatro Romano di Cagliari. ISBN 88-17-01296-3</ref>
*Durante la guerra ero sfollato in Piemonte e per me Genova era un mito, qualcosa di straordinario. Quando a cinque anni la vidi per la prima volta me ne innamorai subito, tremendamente e alla prima partita della mia vita, [[Genoa Cricket and Football Club|Genoa]]-Sampierdarenese, sposai subito la squadra che portava il nome della mia città. Un amore che non ho mai tradito, il più solido della mia vita fatta di contraddizioni continue.<ref>Da un'intervista a Gigi Speroni, ''De André s'arrabbia con Gaber'', ''Domenica del Corriere'', 6 gennaio 1974, p. 33</ref>
*E poi a un tratto l'[[amore]] scoppiò dappertutto.<ref group="fonte">Citato in ''[http://www.huffingtonpost.it/2012/12/01/primarie-pd-dori-ghezzi-bersani-verso-inedito-de-andre_n_2223859.html Primarie Pd, Dori Ghezzi regala a Bersani un verso inedito di De André: "E poi a un tratto l'amore scoppiò dappertutto"]'', ''HuffingtonPost.it'', 1º dicembre 2012.</ref>
*{{NDR|[[Genova]]}} [...] è sempre stata così {{NDR|multirazziale}} fin dal Medioevo. Vorrei dire come Sarajevo. Già cinque secoli fa nessuno faceva caso se qualcuno portava il turbante. Genova è nata e cresciuta nel rispetto delle varie religioni. Non c'è mai stato un ghetto. La Chiesa ha avuto poco potere e anche l'Inquisizione. Non è mai esistita una sala della tortura a Palazzo Ducale. Non credo che fosse tanto una vocazione illuministica, quanto la necessità di aprirsi a tutti per interessi commerciali. I carugi son pieni di marocchini? Per Genova non è una novità.<ref name=multirazziale>Da un'intervista a Mario Luzzatto Fegiz, ''«Questa città multirazziale, come Sarajevo»'', ''Corriere della Sera'', 18 novembre 1997, p. 17</ref>
*Era la solita madre generosa nella spettacolarità dei paesaggi obliqui e cangianti, mamma affettuosa nell'elargizione di un clima da Shangri-la, genitrice estremamente severa nei confronti di chi si fosse lasciato cogliere addormentato al ritmo del suo respiro mediterraneo, sempre tiepido.<br>Quella era [[Genova]] da cui mi dividevo per incidente d'amore e finimmo per disparentarci.<ref>Da ''Sotto le ciglia chissà, {{small|I Diari}}'', Mondadori, [https://books.google.it/books?id=9-zcCwAAQBAJ&lpg=PT76&dq=&pg=PT76#v=onepage&q&f=false p. 76]</ref>
*[[Genova]] è anche gli amici vivi che da lontano ti vedono crescere e invecchiare, per esempio i ''pescuèi'' che, proprio come ne ''Il pescatore'', hanno la faccia solcata da rughe che sembrano sorrisi e qualsiasi cosa tu gli confidi, l'hanno già saputa dal mare.<ref>Citato in ''Genova è mia moglie'', p. 143</ref>
*Genova ha avuto un ruolo fondamentale. Perché Genova è una città ipercritica. Se non fai ridere o non fai piangere, è meglio che smetti di fare quei mestieri lì. È una città severissima e in questo senso trovo che somigli parecchio alla Sardegna.<ref>Da ''Sotto le ciglia chissà, {{small|I Diari}}'', [https://books.google.it/books?id=9-zcCwAAQBAJ&lpg=PT76&dq=&pg=PT41#v=onepage&q&f=false p. 41]</ref>
*[[Genova]] è bella, ti accorgi che è bella quando sei lontano.<ref>Citato in Roberto Paravagna, ''Note genovesi'', Il Piviere, 2013, p. 128</ref>
*[[Genova]] è una città a vocazione democratica e liberale. È tollerante perché da sempre fa affari con tutti senza badare alla lingua, ai costumi, all'abbigliamento o al colore della pelle.<ref name=multirazziale/>
*Genova per me è come una madre. È dove ho imparato a vivere. Mi ha partorito e allevato fino al compimento del trentacinquesimo anno di età: e non è poco, anzi, forse è quasi tutto. Oggi a me pare che Genova abbia la faccia di tutti i poveri diavoli che ho conosciuto nei suo carruggi, gli esclusi che avrei poi ritrovato in Sardegna, le "graziose" di via del Campo.<!--I fiori che sbocciano dal letame. I senzadio per i quali chissà che Dio non abbia un piccolo ghetto ben protetto, nel suo paradiso, sempre pronto a accoglierli. / CONCLUSIONE CHE NELLA FONTE NON E' RIPORTATA MA PARE ESISTERE, V. http://leceramichedimarta.blogspot.it/2012/05/genova-per-me.html --><ref group="fonte">Citato in Raffaele Niri, ''[http://genova.repubblica.it/dettaglio/dori:-video-e-fotografie-mandateci-il-vostro-faber/1571395 Dori: "Video e fotografie mandateci il vostro Faber"]'', ''Repubblica.it'', 7 gennaio 2009.</ref>
*[[Gesù|Gesù di Nazareth]] [...] secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.<ref group="fonte">Dal discorso sulla canzone ''Buona novella'' in un concerto del 1998. [http://www.youtube.com/watch?v=fpmO1JuNwW4 Video] disponibile su ''Youtube.com'' (01:25).</ref>
*I [[Genova|genovesi]], si può dire da secoli, hanno avuto un rapporto speciale con la cultura francese, sia nella musica, ed è il caso degli chansonnier, sia nell'ebanisteria, con il barocchetto genovese.<ref>Da un'intervista telefonica a Milano, 14 giugno 1992; citato in ''Non per un dio ma nemmeno per gioco'', p. 111</ref>
*Io ho tentato in tutti i modi di poter essere un uomo. Avrei potuto esprimermi per esempio attraverso la coltivazione dei fiori se fossi vissuto ad Albenga, oppure attraverso l'allevamento delle vacche se non mi avessero venduto di soppiatto una fattoria che avevano i miei nel '54. Mi è accaduto di fare il cantautore. Il fatto di diventare un [[artista]], in qualche maniera, ti impedisce di diventare uomo in maniera normale. Quindi credo che ad un certo punto della tua vita tu devi recuperare il tempo che hai perduto per fare l'artista per cercare di diventare un uomo.<ref group="fonte" name="tempiduri" />
*{{NDR|[[Paolo Villaggio]]}} L'ho incontrato per la prima volta a Pocol, sopra Cortina; io ero un ragazzino incazzato che parlava sporco; gli piacevo perché ero tormentato, inquieto ed egli lo era altrettanto, solo che era più controllato, forse perché era più grande di me e allora subito si investì della parte del fratello maggiore e mi diceva: "Guarda, tu le [[parolaccia|parolacce]] non le devi dire, tu dici le parolacce per essere al centro dell'attenzione, sei uno stronzo".<ref group="fonte">Citato in ''[http://www.ilpost.it/2017/07/03/paolo-villaggio-morto/ È morto Paolo Villaggio]'', ''il Post.it'', 3 luglio 2017.</ref>
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*Non posso scrivere del [[Genoa Cricket and Football Club|Genoa]] perché sono troppo coinvolto. L'inno non lo faccio perché non amo le marce e perché niente può superare i cori della Gradinata Nord. Semmai al Genoa avrei scritto una canzone d'amore, ma non lo faccio perché per fare canzoni bisogna conservare un certo distacco verso quello che scrivi, invece il Genoa mi coinvolge troppo.<ref group="fonte">Citato in Tonino Cagnucci, ''Il grifone fragile'', Lìmina, Storie e miti, 2013, p. 19. ISBN 88-6041-149-1. Citato in ''[http://ilgrifonefragile.blogspot.it/2013/03/non-posso-scrivere-del-genoa-perche.html Non posso scrivere del Genoa]'', 27 marzo 2013.</ref>
*Non sei cattivo {{NDR|[[Cristiano De André]]}}, sei proprio scemo!<ref group="fonte">Da ''Un talento perseguitato dalla fama del padre'', ''Corriere della Sera'', 10 luglio 2006.</ref>
*Per me [[Genova]] è come la madre, è dove ho imparato a vivere.<ref>Da un'intervista di Marinella Venegoni, ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,21/articleid,1013_01_1984_0053_0021_14380099/ De André: «Canto il Mediterraneo contro la moda anglo-americana»]'', ''La Stampa'', 3 marzo 1984, p. 21</ref>
*[[Riccardo Mannerini]] era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall'[[alcolismo|alcool]], ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all'[[Bevanda alcolica|alcool]] la fantasia viaggiava sbrigliatissima.<ref group="fonte">Da ''Come un'anomalia: tutte le canzoni'', a cura di Roberto Cotroneo e Vincenzo Mollica, Einaudi, 1999, pp. 59-60. ISBN 88-06-15306-4. Citato in ''[http://web.archive.org/web/20060222211214/http://riccardomannerini.it/indexw.php?pg=_deandre_1&l=i&b=home RiccardoMannerini.it]''.</ref>
*Quello che mi ha colpito del mondo dei carruggi è stata l'abitudine alla sofferenza e quindi la solidarietà. Erano solidali in qualsiasi occasione, perché si trattava di sottoproletariato, quindi neanche di una classe precisa, agguantabile da quelli che erano i partiti politici tradizionali, era un mondo che in qualche misura si difendeva dallo stato e quindi io ci ho sguazzato dentro. Avevo già delle idee politiche precise, ricavate da Brassens che ascoltavo dalla mattina alla sera, grazie ai dischi che mio padre mi portava dalla Francia, e lui descriveva questo mondo, questi personaggi emarginati che poi io ho ritrovato a [[Genova]].<ref>Da un'intervista a L'Agnata, Tempio Pausania, 17-18 agosto 1992; citato in ''Non per un dio ma nemmeno per gioco'', p. 64</ref>
*Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni.<ref group="fonte" name="Senzapatria">Da un'intervista a ''Senzapatria'', 14 agosto 1991.</ref>
*Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l'errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c'erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c'è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d'oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri.<ref group="fonte">Dal commento introduttivo a ''La città vecchia'', Teatro Brancaccio di Roma, 14 febbraio 1998.</ref>
*Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?<ref group="fonte" name="Senzapatria"/>
*[[Riccardo Mannerini]] era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall'[[alcolismo|alcool]], ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all'[[Bevanda alcolica|alcool]] la fantasia viaggiava sbrigliatissima.<ref group="fonte">Da ''Come un'anomalia: tutte le canzoni'', a cura di Roberto Cotroneo e Vincenzo Mollica, Einaudi, 1999, pp. 59-60. ISBN 88-06-15306-4. Citato in ''[http://web.archive.org/web/20060222211214/http://riccardomannerini.it/indexw.php?pg=_deandre_1&l=i&b=home RiccardoMannerini.it]''.</ref>
*[...] se io sono il liceo classico lui {{NDR|[[Francesco De Gregori]]}} è l'università.<ref group="fonte">De André presentò con queste parole il giovane cantautore a [[Nanni Ricordi]], produttore discografico. Citato in Enrico Deregibus, ''Francesco De Gregori. {{small|Quello che non so, lo so cantare}}'', Giunti, 2002, [https://books.google.it/books?id=e_CbaroItG8C&pg=PA45 p. 45]. ISBN 978-88-09-75626-7</ref>
*{{NDR|Sul [[Festival della Canzone Italiana di Sanremo|Festival di Sanremo]]}} Se si trattasse ancora di una gara di ugole, [...] si trattasse cioè di un fatto di corde vocali, la si potrebbe ancora considerare una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pure sempre dei muscoli. Nel caso mio, dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti, o la tecnica attraverso i quali io riesco ad esprimerli, e credo che questo non possa essere argomento di competizione.<ref group="fonte">Dall'intervista di [[Enzo Biagi]] nel programma televisivo ''Linea Diretta'', Rai, 1985; in ''Dentro Faber'', Vol. 8, ''Poesia In Forma Di Canzone'', RAI Trade per RCS, 2011.</ref>
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*Il [[canto]] ha infatti ancora oggi, in alcune etnie cosiddette primitive, il compito fondamentale di liberare dalla sofferenza, di alleviare il dolore, di esorcizzare il male.
*Era necessario adattare ai suoni che tali strumenti riproducevano, una lingua che ci scivolasse sopra, che evocasse attraverso fonemi cantati, indipendentemente quindi dalla loro immediata comprensibilità, le stesse atmosfere che gli strumenti evocavano. A noi la lingua più adatta è sembrata fosse il genovese, con i suoi dittonghi, i suoi iati, la sua ricchezza di sostantivi ed aggettivi tronchi che li puoi accorciare o allungare quasi come il grido di un gabbiano.
 
{{Int|Da ''Cantico per i diversi''|Intervista di Roberto Cappelli, ''Mucchio selvaggio'' n. 176, settembre 1992.}}
*La [[scuola genovese]], di cui tanto si parla, come movimento unitario non esisteva. Certo, ci si conosceva tutti, perché Genova è una città poi non tanto grande. Ci si incontrava, per esempio, al bar di Corso d'Italia. Non c'era coordinamento, ma c'era la voglia di emulare. Una delle prime canzoni che scrissi fu ''Il testamento''e ricordo che la feci sentire per primo a Gino Paoli, a casa sua. La ascoltò in silenzio e alla fine mi disse: 'è bellissima, ma dopo una canzone come questa, uno cosa può scrivere ancora?'. (p. 32)
*Anche secondo me ''Il testamento di Tito'', assieme all'''Amico fragile'', è la mia miglior canzone. Dà un'idea di come potrebbero cambiare le leggi se fossero scritte da chi il potere non ce l'ha. È un'altra della canzoni scritte con il cuore, senza paura di apparire retorico, e riesco a continuare a cantarla, ancora oggi, senza stanchezza. (p. 35)
*Mi sono nascosto dietro il [[Lingua ligure|dialetto genovese]] perché certe parole, che in italiano hanno un significato fortemente volgare, in genovese perdono questa connotazione. A Genova '[[Belìn|belin]]', che individua l'organo genitale maschile, è un lubrificante del linguaggio, del tutto privo di valenza negativa. La stessa cosa per '[[Mussa (linguistica)|mussa]]', che invece indica l'organo genitale femminile e, per traslato, vuol dire balla. Forse perché Genova è piccola, ha imparato ad usare tutti i propri vecchi vocaboli. (p. 40)
*Quello [[Lingua ligure|genovese]] per me non è un dialetto, ma una lingua; del resto i dialetti assurgono a dignità di lingua per motivi politici e militari. [...] Il genovese ha come minimo 2.500 vocaboli di importazione araba: ciò dimostra come i contatti con gli arabi siano stati molto intensi. Del resto Genova, dal punto di vista commerciale, a parte i rapporti con l'Europa (Inghilterra e Olanda) che erano piuttosto saltuari, ha dovuto focalizzare i propri commerci sull'Africa, perché dall'altra parte c'era Venezia, e ogni volta che le navi genovesi si provavano ad affacciarsi oltre Creta erano botte da orbi. Ma a quei tempi il genovese ed il veneziano erano i linguaggi internazionali, come oggi il francese e l'inglese. (p. 40)
 
{{Int|Da un'intervista di [[Vincenzo Mollica]], ''Speciale TG1''|[http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-7640fa16-6517-49e0-ab00-4a3ab2d40a08.html Video] disponibile su ''Rai.it''.}}
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*Aspetterò domani, dopodomani e magari cent'anni ancora finché la signora Libertà e la signorina [[Anarchia]] verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni [[repubblicanesimo|repubblicane]] erano considerate utopie. E ricordandomi con orgoglio e rammarico la felice e così breve esperienza libertaria di [[Rivolta di Kronštadt|Kronstadt]], un episodio di fratellanza e di egalitarismo repentinamente preso a cannonate dal signor [[Lev Trockij|Trotzkij]]. (p. 157)
*{{NDR|Sull'[[emarginazione]]}} Ti sottrae al potere e quindi al fango. Ti avvicina al punto di vista di Dio. (p. 159)
 
==''Sotto le ciglia chissà - I diari''==
*Per quel poco che so, una lingua decade a livello di dialetto (o un dialetto assurge a dignità di lingua), soltanto per motivi storico-politici e non per motivi intrinsechi all'idioma stesso. Questo italiano, questo dialetto fiorentino che è partito come volgare, è diventato lingua aulica, bacchettona, borghesona e bigotta, attraverso la quale non si possono esprimere neanche tutti i termini del vocabolario: se dici fica, già ti espellono dall'albergo. A Genova, chiunque dica ''mussa'' e dica ''belín'' non provoca alcun scandalo. Se lo dici in italiano casca il mondo. (p. 39)
*[[Genova]] ha avuto un ruolo fondamentale. Perché Genova è una città ipercritica. Se non fai ridere o non fai piangere, è meglio che smetti di fare quei mestieri lì. È una città severissima e in questo senso trovo che somigli parecchio alla Sardegna.<ref>Da ''Sotto le ciglia chissà, {{small|I Diari}}'', [https://books.google.it/books?id=9-zcCwAAQBAJ&lpg=PT76&dq=&pg=PT41#v=onepage&q&f=false (p. 41]</ref>43)
*Alle 13 imbocchiamo il canale di Idra: è un'altra di quelle giornate in cui gli alberi corrono dietro ai cani. Tornare indietro è un atteggiamento che per carattere mi dà una repulsione fisica: rivedere questi cazzi di paesini è come ritornare con una donna già scopata e di cui non ti è mai fregato un cazzo (la famosa ribollita). Tornare a [[Genova]] è diverso, a Genova ritornerò volentieri perché Genova è mia moglie. (pp. 43-44)
*''Che ne sai tu del mare | [[Genova|genovese]] di sto cazzo | sempre appeso alle tue tasche. | Invece il [[mare]] è femmina | e non la puoi tradire | con le sue curve azzurre | a sfruculiare le terre... | e non lo puoi capire.'' (p. 58)
*I [[Dialetto|dialetti]] sono idiomi non imposti dall'autorità, ma inventati dalle etnie che hanno avuto l'urgenza di comunicare: dico l'urgenza ma in effetti hanno avuto miracoli di tempo a disposizione per inventare, per impegnarsi nell'affinare linguaggi che sempre più rassomigliassero a loro e al loro circostante. Forse non è azzardato dire che le lingue locali assomigliano un po' ai posti dove vengono parlate: così certe asperità che riscontro nell'aostano e che sembrano rispondere, fare da eco, alla durezza delle rocce delle montagne che le circondano, si addolciscono nel piemontese della grande pianura, che suona dolce come dolce suona la lingua della vicina Francia.<br>Allo stesso modo la vischiosità del [[Lingua ligure|ligure]], del genovese in particolare, non è poi tanto lontano dal ''lepego'', dalla scivolosità dei ponti delle barche e dei moli. (p. 65)
*Quando un navigante abbandona la banchina del porto della città in cui vive, arriva il momento del distacco dalla sicurezza, dalla certezza, sotto specie magari di una moglie, custode appunto del talamo nuziale, agitante un fazzoletto chiaro e lacrimato dalla riva, il distacco dal pezzetto di giardino, dall'albero del limone e, se il navigante parte da [[Genova]], sicuramente dal vaso di basilico piantato lì sul balcone, a far venire appetito agli altri, a quelli che restano, ai disertori del mare. (p. 78)
*Parafrasando Flaubert, si può dire che mentre il Padreterno a [[Genova]] ha dato il sole ed il mare, ai [[Milano|milanesi]] ha lasciato la pioggia perché avessero un argomento di conversazione, poi ci ha ripensato e gli ha dato anche la nebbia, in modo che di argomenti di conversazione ancora oggi ne abbiano due.<br>Eppure, in mezzo a questo sole e a questo azzurrissimo (si fa per dire) mare, sono capitate terribili tragedie, fra cui il relativamente recente naufragio della London Valour. (p. 80)
*Era la solita madre generosa nella spettacolarità dei paesaggi obliqui e cangianti, mamma affettuosa nell'elargizione di un clima da Shangri-laLa, genitrice estremamente severa nei confronti di chi si fosse lasciato cogliere addormentato al ritmo del suo respiro mediterraneo, sempre tiepido.<br>Quella era la [[Genova]] da cui mi dividevo per incidente d'amore e finimmo per disparentarci.<ref>Da ''SottoDue lesoggetti cigliadiversi: chissà,lei {{small|Ia Diari}}''cullare i figli rimasti a casa, Mondadorii prediletti parrocchiani del lungomare domenicale o i ruvidi altercanti vestiti da principi camalli e da imprenditori porporati: io a coltivare fumose Lombardie di sconfinata femminilità. Un ex figlio stronzo e dimenticato io per lei, [httpse lei per me un grembiulone azzurro e profumato di cui ricordare ogni tanto l'odore di maggiorana://books insomma una città da rimpiangere.google.it/books?id=9-zcCwAAQBAJ&lpg=PT76&dq=&pg=PT76#v=onepage&q&f=false p(pp. 76]</ref>83-84)
*A [[Milano]] camminano tutti come topi, utilizzando in tempi brevissimi spazi ridottissimi; a [[Tempio Pausania|Tempio]] succede l'esatto contrario: abbiamo tutti un passo da grandi distanze e da scarse preoccupazioni; gli spazi sono ancora enormi ed i tempi di realizzazione di molti progetti possono considerarsi addirittura «tempi geologici». [[Genova]], da questo punto di vista, rappresenta un'invidiabile via di mezzo. (p. 131)
*[[Genova]] sta a [[Milano]] come grossomodo l'Italia sta alla Germania. Le popolazioni infreddolite hanno sempre fatto di tutto per venire a pisciare nei nostri mari le loro nebbie invernali. (p. 132)
*[[Genova]] è stata una palestra in cui mi sono esercitato a vivere e quindi, grazie anche alle culture limitrofe, a pensare, a scrivere e a suonare. (p. 135)
*''E sulla tua [[Genova]] sepolta | non una manciata di terra ma | una cascata di foglie secche | con la faccia di Marx. | Nella tua solitudine piena di facce | di bambini e soldati | ti sei mai chiesto | perché sfidare il mare?'' (p. 136)
*Indipendentemente dal gioco e dal risultato difficilmente direi che la partita ha tutte le caratteristiche della vecchia lotta di classe: un Genoa proletario contro un Milan plutocrate e pluridecorato. (p. 212)
*Il [[Lingua ligure|genovese]] sembra la lingua creata per le canzoni come l'[[Lingua ebraica|ebraico]] quella delle profezie. (p. 234)
 
==''Una goccia di splendore''==
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==Bibliografia==
*Fabrizio De André, ''Sotto le ciglia chissà. I diari'', Mondadori, Milano, 2016. ISBN 978-88-04-65821-4
*Fabrizio De André, ''Una goccia di splendore. {{small|Un'autobiografia per parole e immagini}}'', a cura di [[Guido Harari]], Rizzoli, 2007. ISBN 978-88-17-01166-2
*[[Roberto Cotroneo]] (a cura di), ''Come un'anomalia'', in ''Parole e canzoni'', Einaudi, Torino, 1999. ISBN 88-06-15306-4
*Cesare G. Romana (a cura di), ''Amico fragile. {{small|Fabrizio De André}}'', Sperling & Kupfer, 1999. ISBN 88-200-1214-6
*Patrizia Traverso e Stefano Tettamanti, ''Genova è mia moglie. La città di Fabrizio De André'', Rizzoli, Milano, 2017. ISBN 978-88-17-09802-1
*Luigi Viva, ''Non per un dio ma nemmeno per gioco. Vita di Fabrizio De André'', Feltrinelli, Milano, 2004. ISBN 88-07-81580-X
 
==Voci correlate==