Søren Kierkegaard: differenze tra le versioni

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*Ciò di cui ho veramente bisogno è di chiarire nella mia mente ''ciò che devo fare'', non ciò che devo conoscere, pur considerando che il conoscere deve precedere ogni azione. La cosa importante è capire a che cosa sono destinato, scorgere ciò che la Divinità vuole che ''io'' faccia; il punto è trovare la [[verità]] che è vera ''per me'', trovare l'''[[idea]] per la quale sono pronto a vivere e a morire''.<ref name=Nicholl>Citato in [[Donald Nicholl]], ''Il pensiero contemporaneo'' (''Recent Thought In Focus''), traduzione di Bruna De Allegri, Società Editrice Vita e Pensiero, Milano, 1956.</ref>
*Cos'è che rende un uomo grande, ammirato dal creato, gradevole agli occhi di Dio? Cos'è che rende un uomo forte, più forte del mondo intero; cos'è che lo rende debole, più debole di un bambino? Cos'è che rende un uomo saldo, più saldo della roccia; cos'è che lo rende molle, più molle della cera? È l'[[amore]]! Cos'è che è più vecchio di tutto? È l'amore. Cos'è che sopravvive a tutto? È l'amore. Cos'è che non può essere tolto, ma toglie lui stesso tutto? È l'amore. Cos'è che non può essere dato, ma dà lui stesso tutto? È l'amore. Cos'è che sussiste, quando tutto frana? È l'amore. Cos'è che consola, quando ogni consolazione viene meno? È l'amore. Cos'è che dura, quando tutto subisce una trasformazione? È l'amore. Cos'è che rimane, quando viene abolito l'imperfetto? È l'amore. Cos'è che testimonia, quando tace la profezia? È l'amore. Cos'è che non scompare, quando cessa la visione? È l'amore. Cos'è che chiarisce, quando ha fine il discorso oscuro? È l'amore. Cos'è che dà benedizione all'abbondanza del dono? È l'amore. Cos'è che dà energia al discorso degli angeli? È l'amore. Cos'è che fa abbondante l'offerta della vedova? È l'amore. Cos'è che rende saggio il discorso del semplice? È l'amore. Cos'è che non muta mai, anche se tutto muta? È l'amore, e amore è solo quello che mai si muta in qualcos'altro.<ref>Da ''Discorsi edificanti'' (1843), traduzione e cura di Dario Borso, Edizioni Piemme, 1998, pp. 81-82. ISBN 88-384-3179-5</ref>
*Così, entrai nella vita favorito in tutti i modi, in quanto a doni di spirito e a circostanze esteriori; tutto veniva fatto e si veniva facendo perché lo spirito si sviluppasse in me con la maggiore possibile ricchezza; fidente, posso ben dirlo – sebbene con una simpatia e predilezione decisa per la sofferenza, e per ciò che fosse in qualche maniera oppresso e dolorante – entrai nella vita [...]: neppure per un attimo, nella vita, mi abbandonò la fiducia: si può ciò che si vuole, ma non si può una sola cosa; si può assolutamente tutto, ma una sola cosa no: alleviare la malinconia, che mi tiene in suo potere. [...] {{sic|già}} per tempo ebbi familiare il pensiero che vincere significa vincere in ciò che è infinito; la qual cosa, nell'àmbito di ciò che è finito, significa patire. E così anche questo veniva a ribattere dall'altro capo il più intimo pensiero della mia malinconia: che io in fondo non fossi buono a nulla nell'àmbito di ciò che è finito.<ref>Da ''Der Gesichtspunkt für meine Wirksamkheit als Schriftsteller'', «Samlede Vaerker», XIII, 605,
traduzione di Romana Guarnieri, in Romano Guardini, ''Ritratto della malinconia'', Brescia, [1954<sup>2</sup>], pp. 12-13; citato in [[Italo Lana]] e [[Armando Fellin]], ''Civiltà letteraria di Roma antica'', vol II, p. 476.</ref>
*Dal momento in cui per la prima volta il mio animo commosso s'inchinò in umile ammirazione davanti alla musica di [[Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]], è stata spesso per me una cara e consolante occupazione meditare come quella gioiosa visione ellenica della vita che chiama il mondo Kosmos, perché lo rappresenta come un tutto per ordinato, come uno squisito e trasparente ornamento di quello spirito che in esso agisce e vive..., come quella gioiosa visione si possa trasportare in un ordine superiore di cose, cioè nel mondo degli ideali; poiché anche qui si rileva una suprema mirabile saggezza, che si manifesta splendidamente nel riunire le cose che si appartengono: Omero e la guerra di Troia, Raffaello ed il cattolicesimo, Mozart e il "Don Giovanni"... Mozart immortale! A te devo tutto, è per te che ho perso il senno, che il mio spirito è stato colpito da meraviglia ed è stato scosso nelle sue profondità; devo a te se non ho trascorso la vita senza che nulla fosse capace di scuotermi.<ref>Da ''Don Giovanni, la musica di Mozart e l'eros''.</ref>
*[[Dio]] non pensa, Egli crea; Dio non esiste, Egli è eterno. L'[[uomo]] pensa ed esiste e l'[[esistenza]] separa pensiero ed essere, li distanzia l'uno dall'altro nella successione [...].<ref>Da ''Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia»''; citato in Andrea Dalledonne, ''Il rischio della libertà: S. Tommaso – Spinoza'', Marzorati Editore, 1990, p. 34.</ref>