Amir Taheri: differenze tra le versioni

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*Ma come si fa a sapere se si è o non si è [[Sayyid|sayyed]]? Beh, l'impresa si presenta, a dir poco, difficilissimo, dato che la civiltà islamica, in Iran come nel Medio Oriente in generale, non tiene in grande considerazione la scienza dell'archivistica. Sino al 1920 l'Iran non disponeva di un'anagrafe e, se si eccettuavano un migliaio di famiglie che potevano esibire una genealogia privata, nessuna memoria familiare andava oltre il bisnonno. Le numerose invasioni straniere e le infinite guerre civili succedutesi nell'arco di quattordici secoli hanno provocato la totale scomparsa di intere famiglie, a loro volta sostituite da nuovi ed egualmente effimeri clan dominanti. Quindi, lo status di sayyed era molto raramente basato sul possesso di documenti attendibili, e per un aspirante al titolo la maniera più semplice era quella di presentarsi direttamente, e con una buona dose di faccia tosta, come un sayyed a tutti gli effetti. (p. 18)
 
*Ruhollah vuol dire «lo spirito dell'anima di Allah», ed è un nome estremamente raro, usato occasionalmente da quegli ebrei iraniani che, anche fino ad una generazione fa, adottavano nomi musulmani per evitare persecuzioni e violenze. Dovendo quindi scegliere nomi islamici, essi preferivano adottare quelli che finivano con la parola Alla: Fath-Allah (la vittoria di Allah), e perfino Abdullah (schiavo di Allah). Ruhollah, che in realtà si scrive Ruh-Allah, ma che si pronuncia con una o al posto della'a, non è uno di quei nomi popolari che vengono subito in mente ad una famiglia iraniana che si domanda come chiamare il nuovo nato. (p. 25)
 
*Nella visione musulmana del mondo non c'è traccia di diritti fondamentali, almeno nell'accezione occidentale del termine, e soltanto una ristretta gerarchia di valori individuali e collettivi viene osservata. L'Islam respinge qualsiasi gerarchia di valori umani che sia basata su nozioni come razza, nazionalità o classe. Il nazionalsocialismo hitleriano, che si basava sull'asserita superiorità della razza ariana, sarebbe stato inconcepibile in Iran, e ugualmente inconcepibile sarebbe il sistema dell'[[apartheid]] come viene praticato in Sudafrica con l'appoggio della chiesa riformata olandese. Però ciò non toglie che l'Islam, respingendo così fermamente il concetto d'uguaglianza, non sia capace di sviluppare un suo proprio sistema segregazionista: infatti, sotto la legge coranica gli esseri umani vengono anzitutto divisi sulla base del sesso, e le donne non hanno gli stessi diritti dell'uomo. Gli studiosi islamici hanno scritto una quantità di volumi per dimostrare che la disparità tra uomini e donne non danneggia sostanzialmente gli interessi materiali e spirituali di queste ultime. Se ciò corrisponda o meno a verità, non è nostro compito discuterlo in questa sede; quello che ci preme invece sottolineare è il fatto che una Costituzione in cui venga stabilito che gli uomini e le donne sono uguali e che, di conseguenza, godono di uguali diritti ed opportunità, non può essere accettata dal mondo islamico. (pp. 33-34)
 
*Gli schiavi formano un'ulteriore sottospecie nel sistema sociologico islamico. Ovviamente gli schiavi di religione musulmana sono superiori a quelli di diversa ubbidienza, e in entrambi i casi le donne sono considerate «un po' meno uguali», almeno secondo la giurisprudenza coranica. La schiavitù è stata ufficialmente bandita dagli stati musulmani. L'ultima ad intraprendere questo passo coraggioso è stata la Mauritania (1980), ma a tutt'oggi si calcola che vi sia una popolazione di schiavi ammontante a 250.000 individui, vale a dire il 10% del totale. Per tutto il XIX secolo, l'abolizione della schiavitù venne fieramente contrastata dai teologi islamici che la vedevano come una diretta violazione delle leggi divine. (p. 34)
 
===''The Unknown Life of the Shah''===