Alberto Ronchey: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni: seconda citazione su Brandt
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*[[Zbigniew Brzezinski]], il giovane e celebre professore di scienze politiche alla Columbia University, giunge a conclusioni analoghe {{NDR|a quelle di [[John Kenneth Galbraith]]}} allorché osserva che l'America è oggi in uno stato di transizione fra {{sic|l'èra}} dell'industria convenzionale e un'età che egli definisce ''tecnetronica'': «In una società industriale, il modo di produzione passa dall'agricoltura all'industria sostituendo l'azione dell'uomo presso la macchina all'uso della forza umana e animale. Nella società tecnetronica, l'azione dell'uomo alle macchine è sostituita dall'automazione e dalla cibernetica... Nella società industriale, la guida passa dall'''élite'' rurale-aristocratica a quella urbana ‹plutocratica›... Nella società tecnetronica post-industriale, la preminenza del potere finanziario o della plutocrazia, è insidiata a causa d'una ''leadership'' politica sempre più influenzata da uomini che posseggono perizia e talento intellettuale di tipo nuovo. La conoscenza diviene uno strumento di potere.»<ref>Z. Brzezinski, ''America in the technetronic age'', «Encounter», gennaio 1968. {{NDR|N.d.A., p. 209}}</ref> (XIII. Il grattacielo di Babele (L'America «post-industriale»), pp. 208-209)
 
*Quando Hitler ordinò lo sbarco in Norvegia, [[Willy Brandt|Brandt]] partecipò alla resistenza con le bande partigiane. Alcuni {{sic|Tedeschi}}, ligi al culto guglielmino dell'onor nazionale, anche se estranei al nazismo, non hanno mai voluto assolvere quei trascorsi del Cancelliere social-democratico: anzitutto l'aver combattuto «contro soldati tedeschi, le armi in pugno e l'uniforme norvegese», e l'aver atteso tre anni dopo la fine della guerra per chiedere la nuova cittadinanza germanica. (XV. L'Europa maggiore, p. 258)
 
*Giunto alla guida della SPD dopo trentatré anni di traversie, {{NDR|Willy Brandt}} non è un «socialista di cattedra», al vecchio modo tedesco, né di «apparato». Campione d'una nuova ''élite'' empirica, è sordo a ogni eco dell'ideologia marxista, legato piuttosto dalle sue personali esperienze a quel riformismo scandinavo che è saturo di cultura anglosassone. (XV. L'Europa maggiore, p. 259)