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* Mi ha fatto molto piacere leggere nell'autobiografia di [[Trockij]] che un uomo così ardentemente e pertinacemente occupato a rivoluzionare il mondo, aveva la nostalgia dei suoi libri: con gente con tali sentimenti non c'è mai da disperare… Mentre la peggiore diffidenza deve colpire coloro che si fanno una biblioteca per esigenza di parata, sono privi dell'intimo bisogno della meditazione, della lettura, della contemplazione di un libro. (p. 164)
* Comincio a capire l'odio profondo di [[Gustave Flaubert|Flaubert]] per il ''bourgeois'', nel senso più lato, se ascolto i discorsi sul marciapiede o in tram; se osservo gli sbandamenti perpetui, subisco la facondia di otto persone chiuse in uno scompartimento ferroviario. La dose di [[ignoranza]] è potente; l'irriflessione, la contraddizione, pullulano. Gente che assorbe i giornali con gli occhi e li restituisce con la bocca; che sta vent'anni in un paese senza conoscerlo per un giorno e sputa sentenze! (p. 208)
* Uno dei cattivi sintomi è la predilezione per la gente che non dà luogo a rilievi, a controversie. Si preferisce colui che, a parole e a fatti, accontenta e soddisfa tutti, al rigido – e per conseguenza avversato – difensore degli interessi che rappresenta. Senza riflettere che cichi riceve gli elogi generali, lo fa in quanto cede qualcosa, e magari spartisce; chi resiste, conserva e cura. Ma la stupidità e la vigliaccheria degli uomini è tale, da preferire di essere castrati, al mantenere la propria virilità. I pochi uomini superiori che ho conosciuto, si sono distinti col prendersi al fianco gente sgradita alla folla, e perciò utile e operosa. Allorché hanno ricercato collaboratori che non suscitassero storie, hanno confessato di appartenere alla razza degli eunuchi, che peraltro prospera. (p. 213)
*<small><span style="font-variant: small-caps;">[[Socrate]]</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;Apri bene gli occhi e guardati bene attorno che nessuno ci senta dei non-iniziati! Sono gente costoro i quali niente altro credono ci sia al mondo se non ciò che possono prendere e tenere stretto con le mani; e azioni e generazioni, e insomma tutto ciò ch'è invisibile, non lo ammettono, perché non fa parte, dicono, dell'essere.<br/><span style="font-variant: small-caps;">Teeteto</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;In verità son ben duri e cocciuti uomini, o Socrate, codesti di cui parli.<br/><span style="font-variant: small-caps;">Socrate</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;Proprio così sono, figliolo mio, grossolani parecchio…</small><br/><br/>Questo si legge nel ''[[Teeteto]]'', e mi vien voglia di metterlo in epigrafe, augurandomi che la razza dei «materialisti induriti» (come mi ha classificato [[:w:Luigi Salvatorelli|Salvatorelli]]) fruttifichi, giacché di loro c'è gran bisogno, nel mondo di idealisti buffoni che ci attornia. (p. 284)
* Il vecchio libro di [[Edgar Quinet|Quinet]] sulle ''Révolutions d'Italie'' attesta i limiti dell'ingegno di una scrittore che storico certo non può esser detto, e – come ha mostrato Neri – le origini di alcuni pregiudizi della nostra critica romantica. Quinet aveva in comune col suo amico [[Jules Michelet|Michelet]] la manìa della superiorità del [[protestantesimo]] sul [[cattolicesimo]], buffissima pretesa e gara tra due forme della stessa superstizione. […] L'odio di religione lo rende perspicace: pochi hanno sferzato come lui il vizio indigeno della retorica che copre, nasconde, ammanta il vuoto, l'ignavia, le colpe, l'atrocità. Nessun ossequio per la [[legge]], sempre apertamente violata o faziosamente applicata, nessun rispetto alla libertà o dignità individuale. La setta vittoriosa stermina e soffoca la soccombente; gli interessi della prima e i suoi uomini, regnano sovrani. Al di fuori, la pompa tende a creare una rappresentazione scenografica-letteraria, che nulla ha a che fare con la triste realtà. L'equilibrio dei poteri, il governo costituzionale, l'alternarsi dei partiti – osserva Quinet – sono stati in ogni età, in Italia, una chimera. (p. 285)