Alessandro Blasetti: differenze tra le versioni

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*Io faccio la professione del regista. Non sono l'alto ingegno che si produce soltanto quando può manifestarsi in una qualsiasi sua forma. No. Io sono un professionista come l'avvocato è avvocato, come il medico è medico. (da Francesco Savio, ''Cinecittà anni trenta'', Roma, Bulzoni, 1979; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
 
*Io sono liberale perché convinto che una sola strada possa condurre così alla giustizia sociale come al progresso in ogni campo: quella della libertà. [...] Senza libertà non c'è verità, non c'è coraggio, non c'è dignità umana. E la prima libertà è quella di espressione, per tutti. Le idee debbono scontrarsi - diciamo più civilmente: incontrarsi - con le idee non con la polizia. E vinca quella che è più forte perché avrà i più forti difensori. Solo chi non è convinto della propria idea può rifuggire dal confrontarla con quella altrui: anche se quegli col quale si parla vuol fare il sordo, hanno buone orecchie quelli che ascoltano e cioè quelli che dovranno giudicare. (da ''Cinema Nuovo'', maggio 1954; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
 
*La [[censura]] è un male necessario come lo stato. [...] La censura, nei secoli odiosa, sarà per i secoli necessaria specialmente per uno spettacolo a vastissima diffusione popolare come quello cinematografico. Censura per la difesa dello stato, male inevitabile e dunque accettato, censura per la difesa dei confini morali che un aggiornato senso dell'etica ritiene opportuno non valicare. (da ''Cinema'', 15 marzo 1952; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
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*La maschera di [[Charlie Chaplin|Charlot]] tocca il massimo assoluto della spontanea capacità inventiva e, nello stesso momento, il minimo assoluto dell'impegno pre-determinato, cioè della finalità politica. Per questo ha toccato il cuore del mondo sulla ingiusta sorte dei diseredati e degli emarginati, ha contribuito ad imporre alle classi politiche il dovere di una nuova giustizia sociale con efficacia incomparabilmente maggiore di quella che possono avere conseguito, tutti insieme, tutti i film socialmente «impegnati» di tutta la storia del cinema. [...] Tanto più autentica, credibile, efficace l'istanza sociale che scaturisce dall'omino: proprio perché non la pronuncia. (da ''Edav'', gennaio 1978; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
 
*Non mi sembra affatto accettabile la distinzione che fa la critica tra [[cinema]] come ''prodotto'' (o film di intrattenimento) e cinema come ''opera'' (o film di autore, cioè film d'arte). La generale, aperta diffidenza - che spesso nell'impeto dei più giovani confina addirittura con il disprezzo - di cui il saggismo gratifica sempre i film di grande successo popolare equivale, a mio avviso, ad un improprio, inopportuno, qualche volta soltanto snobistico concetto del criterio intellettuale con cui deve essere valutato il cinema come arte; perché si tratta di un'arte, come ho detto, destinata alla più grande collettività umana. [...] Sono pienamente d'accordo che il film meritevole di un giudizio critico non debba essere solamente un «prodotto». Ma affermo che deve essere sempre ''anche'' un prodotto. (da ''Avanti!'', 11 marzo 1966; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
 
*Tra i milioni di italiani che amano ascoltare il suono della propria voce ci sono anch'io. Anzi, meriterei di essere in prima fila. Io penso che l'Italia sarà un paese veramente libero solo quando gli italiani, me compreso, sapranno frenare quell'inflazione di parole che troppo spesso li sommerge.<ref name=Espresso/>