André Vauchez: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Sistemo secondo standard
Riga 3:
 
==Citazioni di André Vauchez==
==''Il santo''==
*A partire dal secolo XIII, questa aspirazione al patrono si ampliò estentendosi alle comunità profane: la più piccola città, la più modesta confraternita vogliono ormai avere un [[santo patrono]] proprio. Questo stato d'animo si manifestò con particolare vigore in regioni come l'Italia comunale o la Germania del Sud, dove il particolarismo e il patriottismo cittadino erano specialmente sviluppati; ma la rivendicazione non fu meno appassionata nei paesi periferici della cristianità, meno provvisti degli altri in fatto di santi e reliquie.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987, p. 384. ISBN 88-420-2947-5</ref>
*Così l'eremita italiano [[Giovanni Bono (beato)|Giovanni Bono]] (morto nel 1249), che aveva passato la maggior parte della propria esistenza vicino a Cesena, in Romagna, quando avvertì l'approssimarsi della fine, tornò nella sua città natale, Mantova, a un tempo per un sentimento di fedeltà alla sua patria e per combattere, con l'influenza postuma delle sue reliquie, gli eretici che a Mantova tenevano allora delle salde posizioni.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (pp. 376-377.</ref>)
*Fin dai primi secoli del cristianesimo, in effetti, l'idea di un patronato speciale esercitato dai servi di Dio sul luogo dove si trovavano le loro reliquie aveva riscosso un grande successo. Ben presto ciascuna città episcopale, cominciando da Roma con [[San Pietro apostolo|Pietro]] e [[San Paolo|Paolo]], aveva avuto il suo [[santo patrono|''sanctus proprius'']], custode accreditato delle sue mura e dei suoi abitanti.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 384.</ref>)
*A partire dal secolo XIII, questa aspirazione al patrono si ampliò estentendosi alle comunità profane: la più piccola città, la più modesta confraternita vogliono ormai avere un [[santo patrono]] proprio. Questo stato d'animo si manifestò con particolare vigore in regioni come l'Italia comunale o la Germania del Sud, dove il particolarismo e il patriottismo cittadino erano specialmente sviluppati; ma la rivendicazione non fu meno appassionata nei paesi periferici della cristianità, meno provvisti degli altri in fatto di santi e reliquie.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987, (p. 384. ISBN 88-420-2947-5</ref>)
*L'esempio di [[Sebaldo da Norimberga|san Sebaldo]], patrono di [[Norimberga]], chiarisce bene le forme e la natura della religione civica: si tratta di un eremita di origine sconosciuta, che visse nella regione a metà del secolo XI, all'epoca della fondazione della città per opera dell'imperatore Enrico III.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, pp. 384-385.</ref>
*La ricerca sfrenata di un [[santo patrono|patronato]] da parte di individui e di gruppi portò allora allo sviluppo di due forme particolari di devozione: il culto civico e il culto dinastico. Il primo si trova soprattutto nelle regioni dove le città godevano di una reale autonomia politica; il secondo nei paesi di tradizione monarchica, dove la coesione nazionale era più forte.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 384.</ref>)
*La [[chiesa di San Sebaldo|chiesa]] che gli era consacrata fu ingrandita e statue e vetrate cominciarono a raffigurarlo, mentre prima d'allora era rimasto privo di iconografia. La sua ''Vita'' fu tradotta in tedesco; il nome Sebaldo diventò comunissimo a [[Norimberga]] e finalmente la sua effigie fu incisa sulle monete della città all'inizio del Quattrocento.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, pp. 385-386.</ref>
*L'esempio di [[Sebaldo da Norimberga|san Sebaldo]], patrono di [[Norimberga]], chiarisce bene le forme e la natura della religione civica: si tratta di un eremita di origine sconosciuta, che visse nella regione a metà del secolo XI, all'epoca della fondazione della città per opera dell'imperatore Enrico III.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (pp. 384-385.</ref>)
*La ricerca sfrenata di un [[santo patrono|patronato]] da parte di individui e di gruppi portò allora allo sviluppo di due forme particolari di devozione: il culto civico e il culto dinastico. Il primo si trova soprattutto nelle regioni dove le città godevano di una reale autonomia politica; il secondo nei paesi di tradizione monarchica, dove la coesione nazionale era più forte.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, p. 384.</ref>
*{{NDR|Sulla [[chiesa di San Sebaldo]]}} Le autorità comunali fecero costruire in suo onore una grande chiesa che fu consacrata nel 1273. La festa di [[Sebaldo da Norimberga|san Sebaldo]], il 19 agosto, sarà ormai celebrata solennemente ogni anno e beneficerà di una indulgenza a partire dal 1256. Ma non lasciamoci ingannare: non si trattava di devozione popolare, ma di una religiosità politica, legata al patriziato cittadino che vedeva in Sebaldo il difensore della grandezza e dell'indipendenza della [[Norimberga|città]].<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 385.</ref>)
*Testi posteriori fecero di [[Sebaldo da Norimberga|Sebaldo]] un nobile che aveva abbandonato parenti e castelli per vivere povero e nascosto, poi il figlio del re di Danimarca venuto lì a morirvi in incognito. Di fatto è solo dopo il 1350, quando gli artigiani ebbero accesso al governo della città, che san Sebaldo diventò popolare.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 385.</ref>)
*Quindi l'importante sviluppo che conobbe alla fine del Trecento il culto di [[Sebaldo da Norimberga|san Sebaldo]] servì a legittimare il disegno delle classi in ascesa di far accedere agli affari pubblici un maggior numero di cittadini.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (p. 385.</ref>)
*Testi posteriori fecero di [[Sebaldo da Norimberga|Sebaldo]] un nobile che aveva abbandonato parenti e castelli per vivere povero e nascosto, poi il figlio del re di Danimarca venuto lì a morirvi in incognito. Di fatto è solo dopo il 1350, quando gli artigiani ebbero accesso al governo della città, che san Sebaldo diventò popolare.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, p. 385.</ref>
*La [[chiesa di San Sebaldo|chiesa]] che gli era consacrata fu ingrandita e statue e vetrate cominciarono a raffigurarlo, mentre prima d'allora era rimasto privo di iconografia. La sua ''Vita'' fu tradotta in tedesco; il nome Sebaldo diventò comunissimo a [[Norimberga]] e finalmente la sua effigie fu incisa sulle monete della città all'inizio del Quattrocento.<ref>Da ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', 1987, (pp. 385-386.</ref>)
 
==NoteBibliografia==
*André Vauchez, ''Il santo'', in ''L'uomo medievale'', a cura di [[Jacques Le Goff]], Editori Laterza, Roma-Bari, 1987. ISBN 88-420-2947-5
<references />
 
==Altri progetti==