Rainer Maria Rilke: differenze tra le versioni

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*Devi cambiare vita.
:''Du sollst dein Leben ändern''.<ref>Citato in [[George Steiner]], ''Una certa idea di Europa'', traduzione di Oliviero Ponte di Pino, Garzanti, Milano, 2006, pp. 17 sgg. ISBN 88-11-59777-3: "La caratteristica dei capolavori è che ''ci'' interrogano, ci impongono di reagire. L'antico busto di Apollo nel celebre poema di Rilke ce lo dice in termini chiari: «Du sollst dein Leben ändern». («Devi cambiare vita.»)"</ref>
*[...] ''il [[bellezza|bello]] | è solo l'inizio del tremendo, che noi sopportiamo, | ancora ammirati perché tranquillo disdegna | di sgretolarci.''<ref>Da ''Elegie duinesi'', Prima Elegia, traduzione di Leone Traverso. Citato in György Lukács, ''Breve storia della letteratura tedesca. {{small|Dal Settecento ad oggi}}'', traduzione di [[Cesare Cases]], Einaudi, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, edizione<sup>4</sup>, p. 149, nota 1.</ref>
*In questi giorni scrivendo alcune piccole note sulle nostre Bambole d'infanzia, quanto mi avrebbe giovato salire un attimo da voi<ref>La contessa P.d.V. che era solita ospitare Rilke nei suoi soggiorni a Venezia. {{cfr}}''Bambole, giocattoli e marionette'', a cura di Leone Traverso, nota a p. 8.</ref> per sapere ciò che voi ne rammentate. Sono giunto a concludere pressappoco che erano creature ben mediocri, queste infelici Bambole, che restavano inerti ed imperturbabili mentre noi ci sfinivamo in manifestazioni d'affetto. Non è sorprendente che noi ci troviamo condannati ad imparare l'esistenza del nostro calore in un commercio così sterile, che noi diamo le primizie dei nostri più teneri sforzi a dei semi-esseri, anzi delle semi-cose che ostentano l'indifferenza più crudele, la più ostinata – l'eterna indifferenza. Poiché mentre si è estasiati di interpretare i due ruoli, di essere l'amore in due, quello che parla e quello che risponde, ci devono essere stati momenti in cui noi ci interrompevamo in questo gioco sdoppiato, per restare un secondo come sorpresi di questa vita parsimoniosa che vi lascia fare tutto permettendo al nostro partner una tale abbondanza di non sentire niente.<br/> Io mi domando se alcuni non rechino, impresso nella loro materia fondamentale, lungo tutta la vita il sospetto di non poter essere amati, a causa delle esperienze d'insormontabile freddezza che le loro bambole avevano fatto subire ad essi un tempo?...<ref>Da una lettera di Rilke alla contessa P.d.V. dell'11 febbraio 1914 da Parigi; citata da [[Leone Traverso]] nella prefazione di Rainer Maria Rilke, [[Charles Baudelaire]] e [[Heinrich von Kleist]], ''Bambole, giocattoli e marionette'', a cura di Leone Traverso, Passigli Editore, 1998, nota a pp. 8-9. ISBN 8836805779</ref>
:''Ces jours-ci écrivant quelques petites notes sur nos Poupées d'enfance, combien de bien ça m'aurait fait, de monter un instant chez vous pour savoir ce que vous vous en souvenez. Je suis parvenu à peu prés à conclure que c'étaient des créatures bien médiocres, ces malheureuses Poupées, qui restaient inertes et imperturbables pendant que nous nous épuisions en marques d'affection. N'est-il pas étonnant que nous nous trouvons condannée à apprendre l'existence de notre chaleur dans un commerce aussi stérile, que nous donnons les primices de nos plus tendres efforts à des demi-êtres, voire à des demi-choses, qui affichent l'indifférence la plus cruelle, la plus obstinée − l'éternelle indifférence. Car tout en étant ravis de jouer les deux rôles, d'être l'amour en deux, celui qui parle et celui qui répond, il doit y avoir eu des moments où nous nous interrompîmes à ce-jeu doublé, pour rester une seconde comme étonnés de cette vie parsimonieuse qui vous laisse tout faire en permettant à notre partenaire une telle abondance de ne rien sentir. <br/> Je me demande si quelques personnes n'emportent pas, imprimé dans leur matière fondamentale, par toute la vie le soupçon de ne pas pouvoir être aimées, à cause des experiences d'insurmontable froideur que leurs poupées autrefois leur avaient fait soubir?...''
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*[...] Le cose dell'[[arte]] sono sempre risultato dell'essere stati in pericolo, dell'essere andati in fondo a un'esperienza, in un luogo oltre il quale nessuno può andare.<ref>Dalla ''Lettera a Clara Westhof'' del 24 giugno 1907. Citato in ''Poesie'', vol I , Einaudi-Gallimard, p. 944.</ref>
:[...] ''Kunstdinge sind ja immer Ergebnisse des In-Gefahr-gewesen-Seins, des in Einer Erfahrung Bins-ans-Ende-gegangen-Seins, bis wo kein mensch mehr weiter kann.''<ref>{{de}} Da ''Über Dichtung und Kunst. {{small|Edition und Nachwort von Hartmut Engelhardt.}}'', Suhrkamp, Francoforte sul Meno, 1974, [https://books.google.it/books?hl=it&id=Y2tcAAAAMAAJ&dq=Kunstdinge+sind+ja+immer+Ergebnisse+des+In-Gefahr-gewesen-Seins%2C+des+in+einer+Erfahrung+...+dieses+%C3%84u%C3%9Ferste+nicht+vor+dem+Eingang+in+das+Kunstwerk+auszusprechen%2C&focus=searchwithinvolume&q=+Ergebnisse+ p. 39].</ref>
*''Ma se in noi destano un simbolo, i [[morte|morti]] senza mai fine | ai penduli amenti del vuoto avellano | essi accennano, o forse alla pioggia | che nella terra buia precipita di primavera. || E noi, che pensiamo a una felicità ''saliente'', | il tremito commoverebbe, | che quasi ci abbatte, | se ''cade'' un evento felice.''<ref>Da ''Elegie duinesi'', X, in ''Elegie duinesi'', introduzione e traduzione di [[Leone Traverso]], p. 143.</ref>
*Mi figuro che perfino chi gli sia vicino, premuto, per così dire, contro lastre di vetro, avverte queste vedute e queste intenzioni come uno che ne sia escluso; infatti le esperienze di Trakl si svolgono come in visioni riflesse ed empiono tutto il suo spazio che è inaccessibile. (Chi sarà stato mai?). (da una lettera di Rilke a Ludwig von Ficker, mecenate di [[Georg Trakl|Trakl]], 1915<ref>Citato in Georg Trakl ''Poesie'', introduzione, traduzione e note di [[Ervino Pocar]], Rizzoli, Milano, 1974, p. 154.</ref>)
*[[Nascita|Nasciamo]], per così dire provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.<ref>Da ''Lettere milanesi'', 1956 (postume). Citato in [[Robert Musil]], ''L'uomo tedesco come sintomo'', traduzione di Antonello Scicchitano, Polimnia Digital Editions, Sacile (PN), [https://books.google.it/books?id=aQxNDwAAQBAJ&lpg=PA59&dq=&pg=PA59#v=onepage&q&f=false nota 13 p. 59]. ISBN 978-88-99193-04-1</ref>
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*Jardin des plantes. Il [[cedro del Libano]]. È come un sogno. Immagina un albero molto grande. In alto il tronco si divide in altri grandi tronchi che si protendono in torsioni stranamente vigorose verso tutti i punti cardinali e hanno all'estremità piatti fasci di rami che si tendono orizzontalmente come mani piatte. Cosí questi rami stanno gli uni sotto gli altri e in alto attorno all'albero e assomigliano a quelle nuvole serali piatte e allungate che a volte, quando il sole è tramontato, stanno profonde contro il cielo che si spegne. (5 novembre, p. 25)
*La sera ho letto la [[Bibbia]], Levitico. E George Rodenbach. Poi, sfogliando i libri su [[Rodin]], sono andato a dormire presto. Mi è venuto in mente: la brutalità contro il silenzio insita nella prima parola. L'immenso peso della prima parola. Quando la dirò? – I Greci avevano una bellezza leggera, ma la bellezza diventa sempre più pesante! (12 novembre, p. 32)
 
==''Elegie duinesi''==
*''Chi mai, s'io grido, m'udrà delle schiere celesti? || E d'improvviso un [[angelo]] contro il suo cuore m'afferri, – | io svanirei di quel soffio più forte. Ché il [[bellezza|bello]] | è solo l'inizio del tremendo, che noi sopportiamo, | ancora ammirati perché sicuro disdegna | di sgretolarci. Dono gli angeli tutti tremendi''.<ref>Da ''Prima elegia''', p. 39.</ref>
*''Scendesse ora l'arcangelo, il pericoloso, dagli astri | solo un passo a noi incontro: – battendo | alto abbatte noi il nostro cuore. Chi siete? || Primi perfetti, favoriti voi del creato, | gioghi di colli, crinali all'aurora purpurei | dell'universo novello – polline della fiorente | divinità, voi membra della luce, scale, ànditi, troni | spazi d'essere, scudi voi di delizia, tumulti | di tempestoso tripudio e d'improvviso | specchi voi, solitari, cui la scaturita bellezza | rifluendo perenne ripullula nel proprio viso.''<ref>Da ''Seconda elegia'', p. 51.</ref>
*''Ma se in noi destano un simbolo, i [[morte|morti]] senza mai fine | ai penduli amenti del vuoto avellano | essi accennano, o forse alla pioggia | che nella terra buia precipita di primavera. || E noi, che pensiamo a una felicità ''saliente'', | il tremito commoverebbe, | che quasi ci abbatte, | se ''cade'' un evento felice.''<ref>Da ''ElegieDecima duinesielegia'', X, in ''Elegie duinesi'', introduzione e traduzione di [[Leone Traverso]], p. 143.</ref>
 
==''I quaderni di Malte Laurids Brigge''==
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*Rainer Maria Rilke, ''Danze macabre'', traduzione di [[Mauro Ponzi]], Newton Compton, Roma 1994. ISBN 8879835726
*Rainer Maria Rilke, ''Diario di Parigi (1902)'', a cura di Andreina Lavagetto, Einaudi, Torino, 2003. ISBN 88-06-16107-5
*Rainer Maria Rilke, ''Elegie duinesi'', introduzione e traduzione di Leone Traverso, Vallecchi, Firenze 1959.
*Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', traduzione di Giorgio Zampa, De Donato editore, 1966.
*Rainer Maria Rilke, ''I quaderni di Malte Laurids Brigge'', traduzione di Furio Jesi, Garzanti, Milano, 1988. ISBN 88-11-58087-0