Alfred Loisy: differenze tra le versioni

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*Il principio ispiratore degli [[Zelota|Zeloti]], – su questo punto possiamo credere a Giuseppe Flavio –, era che gli Israeliti, popolo e figli di Dio, non avevano sulla terra altro sovrano legittimo che il signore del cielo. Quindi, la dominazione romana era sacrilega, il suo esercizio un'usurpazione empia, e bisognava rifiutare il tributo a Cesare. La rivolta contro l'impero idolatra era il più sacro dei doveri. (cap. 2, p. 55)
 
===[[Incipit]] di ''La religione d'Israele''===
===[[Incipit]]===
La fonte principale, per non dire l'unica, che si abbia per la storia della religione ebraica, anteriormente alla dominazione greca, si è quella collezione di libri che la tradizione cristiana ha definito col nome di Vecchio Testamento, e che si sono conservati, per la maggior parte, nella loro lingua d'origine, nella bibbia ebraica. Qui riesce sopra tutto importante apprezzare il contenuto di questi scritti, che sono stati e sono ancora considerati come sacri dai Giudei e dai Cristiani. Gli altri documenti numerosissimi, che riguardano la storia del giudaismo sotto la dominazione romana, fino alla completa distruzione della nazionalità giudaica, o non interessano se non la storia esteriore della religione, oppure non presentano la stessa difficoltà di analisi e di interpretazione che ci presentano i testi biblici, ed ognuno può sottoporli senza tema di errare alle regole comuni della critica. <!--(Cap. 1, Le Fonti, p. 23)-->
 
===Citazioni===
*Mosè non avrebbe potuto raccogliere le tribù sotto il patronato di [[Yahweh|Jahvè]], qualora questo dio fosse stato loro sconosciuto; e pare altresi certo che, prima di Mosè, Jahvè non fosse il dio comune delle tribù che, in seguito, l'adorarono. Non si è ancora riusciti a dimostrare se si tratti di un nome di origine cananea, oppure egiziana od assira. (pp. 127-128)
*La religione mosaica era ben lungi dall'essere un rigoroso monoteismo. Per trovare questo monoteismo negli antichi testi bisognerebbe farvelo entrare per forza. Ma coloro che si figuaravano Jahvè nello spirito della notte, in atto di battersi con Giacobbe e collo stesso Mosè, in atto di fermare l'asina di Balaam, ed anche in atto di viaggiare nell'arca, a meno che ciò avvenisse nel serpente di rame, avendo un nome, alla pari degli dei vicini, ed, alla pari di questi, un popolo da custodire, e proteggere, costoro, evidentemente, lo concepivano come un dio particolare, potentissimo nella sua sfera d'azione, ed in atto di operare meraviglie nell'interesse dei suoi fedeli, ma pur sempre un dio frammezzo ad una schiera di dei, quantunque, infallantemente, fosse il più forte, il più grande, e forse anche il migliore. (p. 131)
*Si è fatto osservare che il Sinai di Madian era una regione vulcanica, e che questa circostanza verrebbe a spiegare il perché Jahvè era un dio igneo, un dio della tempesta, del quale riusciva altresi facile il fare un dio della guerra. Dalla stessa causa potrebbe provenire il suo esclusivismo. Questo spirito formidabile, adorato da un certo numero di tribù incolte, non si era trasmutato in un capo di una famiglia divina, come era avvenuto per gli dei delle altre nazioni. Egli bastava a se stesso, e non tollerava la vicinanza di altri dei. Questa caratteristica si trova testificata in modo incontestabile. (p. 132)
*La santità di Jahvè consiste nella sua inviolabilità, nella sua inaccessibilità, nella potenza che di cui è fornito di far rispettare la sua volontà, e non nella perfezione morale della sua natura. Si è detto che il suo carattere possiede dei tratti morali, ma non è precisamente un carattere morale. La sua potenza, la sua scienza, la sua bontà, sopratutto, hanno dei limiti. Quel dio del quale si crede che uccida istantaneamente coloro che rimirano la sua arca, o che stendono la mano per impedirle di cadere, non è un giudice che renda il castigo proporzionato alla colpa, sibbene un essere terribile che viene irritato quando lo si avvicina più di quello che convenga. La più leggera infrazione commessa contro la sua volontà, il più leggero attentato alla maestà del suo nome, lo ricolmano qualche volta di furore, ed a piacer suo o punisce le offese, oppure non vi bada nemmeno. (pp. 134-135)
*Quanto più una catastrofe è spaventosa, tanto più nella stessa si riconosce il suo intervento. Si trova esser naturale che egli estermini in una sola notte tutti i promgeniti degli egiziani: è il passaggio di Jahvè. Opera sua sono la peste e le malattie, come le stesse sono opera degli spiriti. Acceca o fa impazzire coloro che vuol perdere. Provoca il delitto che poi punirà. Siccome ogni trasporto violento dell'anima veniva attribuito agli spiriti, buono o cattivo che potesse essere, ogni eminente attitudine come ogni disordine dell'intelligenza la si attribuisce a Jahvè, il quale, in tal modo, viene ad essere, al tempo stesso, il genio del bene ed il genio dal male dei suoi sudditi. (pp. 136-137)
*Il culto di Canaan era un politeismo volgare, che nascondeva in modo abbastanza superficiale uno strato d'animismo e di feticismo, eredità dei tempi antichi e, probabilmente, per lo meno per una parte, era proprio anche di quelle popolazioni vagabonde che se ne vivevano nel paese prima che se ne impadronissero i Cananei. Ogni località possiede il suo dio particolare; possiede il suo Baal, il culto del quale viene associato a quello di una pianta, di una fonte, di una pietra, di una caverna. [...] Tanto gli dei quanto le dee possono avere dei nomi particolari, ed è facile distinguerli, perché al loro nome va unito il nome del loro capoluogo: il baal di questa città non si può confondere con quello di quella, più di quello che si possano confondere le città stesse, che veneravano quei baal. Il paese si trovava frazionato in una serie di piccole signorie più o meno indipendenti, e questo frazionamento spiega questa molteplicità di dei. (pp. 148-149)
 
==Citazioni su Alfred Loisy==