Cesare Marchi: differenze tra le versioni

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*Sono i due corni d'un dilemma: o... o... L'uno esclude l'altro. Dare a una persona l'[[aut aut| ''aut aut'']] vuol dire obbligarla a una scelta fra due possibilità. «Il padre pose al figlio l'''aut aut'': o studi, o ti mando a lavorare.» Nei telegrammi si scrive ''aut'' in sostituzione di ''o'', per evitare che questa vocale, isolata, subisca errori di trasmissione. (p. 28)
*Quando la polizia trova il cadavere di un assassinato, il primo ragionamento che fa, anche senza aver studiato latino, è quello che fa [[Seneca]], nella tragedia ''Medèa'': ''[[Cui prodest?|Cui prodest]] scèlus is fècit'', il delitto l'ha commesso colui al quale reca vantaggio. Se per esempio la vittima ha lasciato una grossa polizza di assicurazione, si comincia a indagare fra gli eredi. Oltre che in materia penale, il cui ''cui prodest'' è una bussola preziosa per orientarci nella vita politica e chiarirne i misteri. Di certe leggi e provvedimenti varati in nome degli immortali princìpi, basta chiederci ''cui prodest?'' a chi giova? e scopriremo quali interessi di parte o di corporazione si celano sotto il manto delle supreme idealità. (pp. 52-53)
*La locuzione completa è ''de cuius hereditàte àgitur'', della cui eredità si tratta. Il ''de cuius'', in altre parole è il testatore. Estratta dalla cassaforte una busta, generalmente gialla, il notaio legge ai condolenti, reduci dalla mesta cerimonia, ancora odorosi di candele, le ultime volontà del morto. (p. 57)
*[[Festina lente|Affrèttati lentamente]]. Sembra, e formalmente è, una contraddizione in termini, non essendo pensabile che fretta e lentezza vadano d'accordo. Si tratta d'una figura retorica, detta [[ossimoro]], che unisce due termini antitetici per conferire provocante vivezza al pensiero (come ghiaccio bollente, convergenze parallele). Nella sostanza, il paradosso contiene una verità, e cioè che chi desidera arrivare alla meta prefissa deve evitare ogni precipitosa improvvisazione. (p. 86)
*Sui promontori rocciosi di Abila (Ceuta) e Calpe (Gibilterra), che formano lo stretto fra Europa e Africa, Ercole avrebbe scritto, secondo la leggenda, le parole ''[[Non plus ultra]]'' segnando, con quelle che furono poi chiamate le Colonne d'Ercole, i confini del mondo. Nessun navigatore doveva oltrepassarli. La locuzione si usa enfaticamente, specialmente dai rappresentanti di commercio, per indicare un prodotto che ha raggiunto il massimo della perfezione: oltre non si può andare. (p. 166)