Salvatore Di Giacomo: differenze tra le versioni

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→‎Napoli: figure e paesi e Luci e ombre napoletane: +1. "La Vicarìa, meglio conosciuta come il Vasto, è un quartiere di Napoli situato a ridosso del centro antico.": fonte: wikipedia. Cito per dissipare dubbi quando sarà creata la voce tematica Vicaria.
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*{{NDR|L'uccisione di [[Masaniello]] e lo scempio del suo corpo}} Triste storia, che, peculiarmente, dimostra come il popolo [[Napoli|napoletano]], la plebe per meglio dire, non abbia mai avuto una coscienza propria: abituata a servire, s'è macchiata, in servitù, fin del sangue suo stesso. Essa ha avuto sempre lo sciagurato destino degl'ignoranti e le sue lacrime postume non hanno cancellato mai più certe crudeltà e certi delitti i quali, tuttavia, la fanno più degna di pietà che d'odio. (da ''Masaniello'', p. 70)
*Sulle rovine della trattoria di Solla, o meglio, della sua ''pagliarella'' famosa, sugli umidi terreni delle ''Paludi'' è sorto un quartiere novello co' suoi trenta colossali palazzi. Ed è venuto su davanti ai meravigliati occhi della gente di quartier [[Vicaria]] come in un racconto delle ''Mille e una notte'' sorge dalla fantasia di Sheherazade una reggia, rimpetto al palazzo d'[[Hārūn al-Rashīd|Harun–al–Rascid]]. (da ''Antiche taverne'', p. 137)
*{{NDR|[[Via Toledo]]}} [...] la gran fiera d'ogni agitazione, il teatro d'ogni passione tumultuaria e fuggevole, la rapida scena perenne d'ogni forma della vivacità partenopea. (da ''Il Quarantotto'', p. 144)
*Copioso d'assonanze e di ritmi il nostro [[dialetto napoletano|idioma]] popolare non pur seguitava, in quel secolo<ref>Il XVIII° secolo.</ref>, ad accarezzare l'orecchio, ma, con gli armonici elementi che conteneva, quasi generava in Napoli la incantevole e insigne scuola musicale che vi prosperò fino a tardi. Saporosa composizione di sentimentale e di burlesco esso s'attagliava così agl'{{sic|istromenti}} della piazza come alla delicata concordanza di due violini e di una spinetta: l'opera buffa era un poco in ogni manifestazione poetica e la nostra poesia dialettale suscitava, in {{sic|que'}} tempi, un riso spontaneo, figlio non del ragionamento o del giudizio ma di una natura espressiva. (da ''Poesia dialettale napoletana'', p. 254)
*Il nostro dialetto, fino al trecento, era stato ''scritto''. Lo aveva posto negli atti suoi pubblici la Cancelleria della Corte Aragonese, lo avevano usato le medesime opere letterarie di quel tempo, i poemi, le cronache, i trattati: ed esso era sembrato – e fu davvero – una lingua di tutte le voci più popolari e più vivaci, sincera, spontanea, facile per ogni comune necessità e accessibile a ogni uso e a ogni persona.<br>Appresso, tutto il secolo decimoquinto s'era continuato a giovare di quel pittoresco ed efficace vocabolario: ma già esso era sceso più basso, l'accademia [[Alfonso V d'Aragona|alfonsina]] già stimolava, nel quattrocento, le più singolari intelligenze, e il [[Chariteo|Cariteo]], [[Iacopo Sannazzaro]], [[Pietro Summonte]], [[Gabriele Altilio]] avevano per le mani la cosa pubblica e le lettere a un tempo. (da ''Poesia dialettale napoletana'', p. 254)