Robert Service: differenze tra le versioni

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*Fra i popoli dell'Urss si sforzava di identificare se stesso con l'etnia russa. In privato parlava la sua lingua madre con quelli della sua cerchia che venivano dalla [[Georgia]]; e anche la sua defunta moglie Nadežda Allilueva aveva antenati georgiani. Organizzava le sue cene con un'ospitalità georgiana (anche se questa non prevedeva il lancio di pomodori sugli invitati come a volte accade). Ma pubblicamente le sue origini lo imbarazzavano dopo una guerra che aveva rafforzato la coscienza di sé e l'orgoglio dei russi. E la sua biografia faceva allusione solo una volta alla nazionalità di suo padre. (Parte terza, cap. XVI, p. 337)
 
*Tutti i gruppi nazionali soffrivano, ma alcuni soffrivano più degli altri. Le culture di Estonia, Lettonia e Lituania - che erano state solo recentemente riconquistate - vennero distrutte. Lo stesso accadde ai moldavi di lingua rumena; nel loro caso, persino la lingua venne fatta a pezzi: dapprima fu fornita di un alfabeto cirillico poi il suo vocabolario dovette prendere a prestito parole russe, in modo da distinguerlo fortemente da quello rumeno. La lingua ucraina veniva insegnata sempre meno ai bambini di lingua madre ucraina nella Rsfr. Ancora più sinistra fu l'esperienza di un filologo che fu imprigionato solo per aver constatato che alcune lingue ugro-finniche avevano più declinazioni del russo. La storiografia divenne anche più imperialista. [[Imam Shamil|Šamil]], il capo della ribellione del Caucaso settentrionale contro lo zarismo nel XIX secolo, venne dipinto inequivocabilmente come un reazionario. Chiunque, vivo o morto, da tempo immemorabile, si fosse opposto allo Stato russo era passabile di denuncia. (Parte terza, cap. XVI, p. 338)
 
*La sua versione dell'identità nazionale russa era una miscela talmente particolare di tradizioni da risultare virtualmente una sua invenzione. La quintessenza della Russia, per Stalin, era semplicemente un catalogo delle sue personali predilezioni: militarismo, xenofobia, industrialismo, urbanesimo e gigantomania. (Parte terza, cap. XVI, p. 340)